Mi chiedo, a volte: dopo vent'anni, lo ama ancora? E' possibile? O si sacrifica per proteggere il figlio, per impedire che gli sottraggano il potere, il dominio dell'isola, l'eredità del padre?
Ecco quello che non si è mai studiato sui banchi di scuola e che nemmeno ci siamo mai domandati, tanto era intensa e convincente la poesia di Omero, col suo happy end millenni prima di Hollywood, Ulisse che torna e si sbarazza dei pretendenti prima del riconoscimento finale tra marito e moglie, prima dell'abbraccio, delle lacrime, della notte di amore turbata solo dal rimpianto per il tanto tempo sciupato.
Però mi sa che nei panni di Penelope non ci si sia mai messi. Pensare che già in quel passaggio del riconoscimento c'è qualcosa che non torna, su cui peraltro si sono magnificamente cimentate la fantasia e la penna di un grande scrittore italiano (Luigi Malerba in Itaca per sempre). Cosa è davvero successo? Siamo davvero convinti che accanto al finale che diamo per scontato non ce ne siano altri possibili o verosimili?
La morte di Penelope di Maria Grazia Ciani (Marisilio) è un piccolo, denso, affascinante libro che entra nei silenzi di Penelope per raccontare un'altra storia. Adopera un punto di vista diverso: quello di Penelope appunto. Riscrive il finale dell'Odissea ma senza inventarsi tutto di sana pianta, semmai inoltrandosi nelle zone scure di una storia che abbonda di "si dice", versioni alternative che già nell'antichità sono state fatte proprie da commentatori e mitografi.
Si dice, per esempio, che Penelope, la moglie fedele per antonomasia, fosse stata sedotta da uno dei Proci. Si dice che proprio per questo Ulisse la ripudiò o addirittura la uccise. Penelope, tra l'altro, cuigina di Elena di Troia, andata in sposa a Ulisse che però era stato uno dei primi pretendenti di Elena, per l'appunto...
Contro l'impenetrabile sposa di Ulisse - spiega nella postfazione l'autrice - i Greci hanno giocato a modo loro, fantasiosi, cinici, bugiardi e detrattori quali erano per indole.
E per sapere cosa sia successo, o forse cosa avrebbe potuto succedere, il consiglio è di arrivare alle ultime pagine di questo piccolo grande libro.
Ecco quello che non si è mai studiato sui banchi di scuola e che nemmeno ci siamo mai domandati, tanto era intensa e convincente la poesia di Omero, col suo happy end millenni prima di Hollywood, Ulisse che torna e si sbarazza dei pretendenti prima del riconoscimento finale tra marito e moglie, prima dell'abbraccio, delle lacrime, della notte di amore turbata solo dal rimpianto per il tanto tempo sciupato.
Però mi sa che nei panni di Penelope non ci si sia mai messi. Pensare che già in quel passaggio del riconoscimento c'è qualcosa che non torna, su cui peraltro si sono magnificamente cimentate la fantasia e la penna di un grande scrittore italiano (Luigi Malerba in Itaca per sempre). Cosa è davvero successo? Siamo davvero convinti che accanto al finale che diamo per scontato non ce ne siano altri possibili o verosimili?
La morte di Penelope di Maria Grazia Ciani (Marisilio) è un piccolo, denso, affascinante libro che entra nei silenzi di Penelope per raccontare un'altra storia. Adopera un punto di vista diverso: quello di Penelope appunto. Riscrive il finale dell'Odissea ma senza inventarsi tutto di sana pianta, semmai inoltrandosi nelle zone scure di una storia che abbonda di "si dice", versioni alternative che già nell'antichità sono state fatte proprie da commentatori e mitografi.
Si dice, per esempio, che Penelope, la moglie fedele per antonomasia, fosse stata sedotta da uno dei Proci. Si dice che proprio per questo Ulisse la ripudiò o addirittura la uccise. Penelope, tra l'altro, cuigina di Elena di Troia, andata in sposa a Ulisse che però era stato uno dei primi pretendenti di Elena, per l'appunto...
Contro l'impenetrabile sposa di Ulisse - spiega nella postfazione l'autrice - i Greci hanno giocato a modo loro, fantasiosi, cinici, bugiardi e detrattori quali erano per indole.
E per sapere cosa sia successo, o forse cosa avrebbe potuto succedere, il consiglio è di arrivare alle ultime pagine di questo piccolo grande libro.
Prendete Il testamento di Nobel di Liza Marklund, che non è nemmeno male e che non manca certo degli ingredienti giusti. Un incredibile delitto nel giorno del grande ricevimento per il Premio Nobel, cosa che ci permette di dare uno sguardo negli ambienti e nei riti che accompagnano uno dei più grandi riconoscimenti internazionali. Un killer spietato che si muove negli ambienti della ricerca scientifica. Il mondo del giornalismo svedese raccontato con attenzione e competenza. E anche altro....
Però che dire, alla fine di tante pagine mi sembra che rimanga poco. Non può bastare una protagonista come Annika, giornalista alle prese non solo con un delitto, ma anche con i problemi del lavoro e con diverse relazioni complicate (ma anche con la difficoltà di conciliare professione e figli, rompicapo quotidiano che in effetti ci aspetteremmo più in Italia che in Svezia). Non possono bastare nemmeno il racconto della vita di Alfred Nobel, il padre del premio, uomo di affari che avrebbe voluto di più dall'amore e dall'arte.
Stringi stringi alla fine non rimane molto. Se non con qualche rimpianto, per un libro che prometteva di più e per il tempo che ci hai investito. Peccato.