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venerdì 29 maggio 2015

Eppure lo sapevamo anche noi, l'odore delle stive

Quando la memoria va a raccogliere rami secchi, recita un proverbio africano, ritorna con il fascio di legna che preferisce. Forse si spiega anche così, con il passato che abbiamo scelto di lasciarci alle spalle, questa Italia che non sa più essere terra di accoglienza.

Eppure lo sapevamo anche noi, l'odore delle stive, l'amaro del partire: le prime parole di una delle più struggenti canzoni di Gianmaria Testa. E dunque, sarà anche perché siamo riusciti a rimuovere la nostra storia di grande e dolorosa emigrazione.

In Senza sponda (Utet) Marco Aime si interroga su questo e su molto altro: un piccolo libro - una volta si sarebbe detto un pamphlet - per interrogativi enormi che prima ancora che il destino dei migranti chiama in causa il nostro sguardo sui migranti: meglio ancora, il nostro sguardo che si distoglie, si sottrae.

Sahel, ho appreso, significa sponda. Ed è da quella sponda che si muovono vite attratte da uno spiraglio di speranza: è sempre successo. Ma al di là del mare ora non c'è un'altra sponda. C''è semmai un'indifferenza sempre più globalizzata, c'è la finzione che trasforma la nascita in nazione, c'è l'uso triste e miserabile di un "noi" contrapposto agli "altri". E ci sono naturalmente tante paure che è bene indagare e comprendere.

Tracciamo confini e ci chiudiamo dentro. A volte non capiamo più nemmeno da che parte sono davvero le sbarre. Allora fa bene leggere parole come quelle di Aime, ci si riconosca o meno in esse:

Chi viaggia in mare sa che non ci sono linee nell'acqua, che ogni onda porta con sé un confine da dissolvere, che nessun limite merita più rispetto di una vita umana.

giovedì 28 marzo 2013

Gianmaria Testa e il suo amico di Marsiglia

Così breve, così intensa, l'amicizia tra due grandi che con la loro arte ci hanno regalato molto: Jean-Claude Izzo, lo scrittore di Marsiglia, e Gianmaria Testa, il ferroviere musicista delle Langhe - che tra l'altro ho avuto modo di conoscere l'altro giorno al Teatro dei Dovizi di Bibbiena, in un bellissimo pomeriggio di chiacchiere e canzoni.

Non sapevo di questa amicizia, sbocciata nell'estremo lembo di vita dell'autore di Solea e di Chourmo. Però l'ho potuta ripercorrere grazie alle pagine - tra tutte le più emozionanti - che a essa dedica Isabella Maria Zoppi nel suo Il giorno che passa e consuma (Zona editore).

Il primo appuntamento in una brasserie di Parigi, che sta per chiudere, la timidezza di un bonsoir e poc'altro. Ma tempo più tardi una cena, in cui è facile riconoscersi davvero, anzi, capire che in qualche modo ci si è sempre conosciuti.

Avevamo in progetto di fare un lavoro sulle migrazioni nel Mediterraneo. Poi io ho fatto il disco, e lui non ha scritto il suo libro.

Izzo che inserisce una canzone di Testa nel suo libro. Testa che dedica il suo disco all'amico che non c'è più.

Il rimpianto di non aver fatto tante delle cose che si sarebbe potuto fare, se il tempo lo avesse concesso. Però anche la convinzione di averlo adoperato bene, il tempo.

Dice Gianmaria dell'amico:

Non so se fosse un grande scrittore, non mi interessa. Ma posso dire che tra Jean-Claude e i suoi libri non c'erano differenze.

E anche:

Sta nel paradiso della benevolenza della gente che lo ha amato. La gente ha realmente un bel ricordo di lui. Questo è una specie di paradiso.

Chissà che non ci sia anche una brasserie, dove incontrarsi di nuovo, prima o poi. 


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