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sabato 12 settembre 2015

Con Israel Singer, la rovina del libertino

Nei quarantaquattro anni dellla sua vita Sender Prager non si era mai sentito così insicuro e disarmato come durante le poche settimane del suo fidanzamento con Edye Barenboim, una ragazza che aveva la metà dei suoi anni.

Ecco, comincia così, questa storia crudele di Israel Singer, lo scrittore che a distanza di molti (troppi) anni alcuni stanno cominciando a considerare non meno talentuoso del fratello Isaac. Riconoscimento obbligato, dopo aver letto La famiglia Karnowski.  In attesa, si auspica, di molte altre pagine che attendono di essere scoperte.

Come per questo breve racconto - Sender Prager, appunto (Adelphi) - se si vuole parabola umana già altre volte raccontata: il libertino impenitente - perché mai dovrei prendere una moglie per gli altri, dal momento che potrei prendere le mogli degli altri per me? - che comincia a sentire il passare del tempo e con l'età non può più sottrarsi a certe inquietudini. La decisione di sposarsi e da qui tutta una serie di conseguenze che lo porteranno alla rovina.
Sì, altre volte abbiamo letto di fortune che si disfanno, di precipizi che si spalancano sotto i piedi, di giorni che chiedono di pagare con gli interessi tutti i debiti. Ma si sa, non è mai solo la storia: è come c'entri dentro, come la racconti. E qui c'è la magia della scrittura di Singer - Israel Singer - capace di restituirci un personaggio a tutto tondo ma anche la Praga ebraica che non c'è più.

venerdì 31 luglio 2015

Padri e figli nella saga della famiglia Karnowski

I Karnowski della Grande Polonia erano noti per il loro carattere testardo e provocatore, ma allo stesso stimati per la vasta erudizione e l'intelligenza penetrante. 

Ecco, comincia così, con il passo del grande classico, senza la presunzione di volerlo essere a tutti i costi. Comincia con un colpo d'occhio che guarda lontano e annuncia la saga famigliare. Comincia con la sicurezza del narratore che sa dominare lo spazio e il tempo e le vicende che nello spazio e nel tempo si distendono.

E parola su parola, pagina dietro pagina, ecco La famiglia Karnowski di Israel Joshua Singer, romanzo che mi lascia dietro una bella scia di interrogativi - come devono fare tutti i grandi romanzi - ma uno su tutti: come è possibile che questo libro, uscito nel 1943, sia rimasto in un cono d'ombra per così tanto tempo?

Il tempo, che non sempre è spietato, sta finalmente risarcendo chi ha avuto il solo torto di essere il fratello di uno straordinario scrittore, universalmente conosciuto. Buon per l'Adelphi, la casa editrice che ce lo ha riproposto, e buon per tutti noi.

E allora, se non l'avete ancora fatto, leggete la Famiglia Moskat di Isaac Singer e poi passate alla Famiglia Karnowski di Israel Joshua (o viceversa). Le stesse radici, più o meno anche lo stesso arco temporale, ma anche due pezzi diversi dello stesso mosaico. Nel primo caso il mondo ebraico dell'Europa Orientale cancellato dalla Shoah. Nel secondo, quel mondo che si mette in cammino verso l'occidente, che si fa altro, che almeno in parte trova scampo.

La saga dei Karnowski comincia con Daniel, che lascia il suo villaggio nell'Est e sceglie Berlino:  Si era sentito attratto - scrive Israel Joshua -  dal paese al di là della frontiera, da cui veniva tutto ciò ciò che era buono, illuminato, razionale. E figurarsi, chi avrebbe mai potuto pensare che proprio da quel paese sarebbero piombate un giorno la morte e la devastazione?

Ci sarà anche chi da Berlino riuscirà ad arrivare in America. E l'America sarà allo stesso madre e matrigna, terra di accoglienza e di straniamento. Ma con tutto questo la Famiglia Karnowski non è, non è solo, un romanzo sull'esilio e la persecuzione dei giovani con gli stivali (mai una volta ai nazisti si concede di essere chiamati tali).

Per esempio, è un anche un libro, anzi un capolavoro, sul tempo che passa e sulle generazioni che si succedono, con i propri diritti e i propri torti. Sulle scelte che separano. Sui figli che voltano la schiena ai padri e sui padri che non riconoscono più i figli. E sulle radici che, prima o poi, si lasciano ritrovare. Sugli affetti che non muoiono una volta per tutte.

Sulle persone che gli anni e le circostanze ci fanno riscoprire uguali dopo che testardamente ci eravamo pretesi diversi.

Bello, coinvolgente, commovente.





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