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mercoledì 12 aprile 2017

Creta e l'uomo in cammino, quando un'isola diventa luogo del cuore

Raccogli un sasso sulla spiaggia più a est, lo infili in tasca e inizi il tuo cammino. Nei trenta giorni che seguono non si contano le volte in cui lo tocchi, anzi, lo accarezzi, lasciando scivolare le tue dita lungo la superficie liscia: solo per sincerarti di non averlo perso. Solo per poter arrivare in fondo - al mare più a ovest, quello che guarda la Libia - e lasciarlo cadere dietro di te.

Un gesto così, ma sono gesti così che danno anima a un viaggio. Come un rito che segna l'inizio e la fine. Poi, in mezzo, ci sono le altre cose: e quante ce ne sono in Rapporto a Kazantzakis di Luca Gianotti (Edizioni dei Cammini), uomo che come pochi ha indagato le infine possibilità del cammino.

C'è tutta Creta, prima di tutto, attraversata da Est a Ovest lungo un sentiero che magari non sarà per tutti, ma di cui tutti, già in questre pagine, possono percepire la straripante bellezza, l'indicibile suggestione. Ci sono montagne che sembrano toccare il cielo e squarci di azzurro giù in basso. Ci sono chiese e monasteri di un altro cristianesimo, fatto di liturgie e vicende che non sono le nostre, ma con le nostre sono intimamente intrecciate. C'è l'Oriente e c'è l'Occidente, in mezzo al Mediterraneo. C'è  l'odore della salsedine che si  mescola ai molteplici odori della macchia mediterranea. Ci sono i  paesi e i villaggi dove la gente sa ancora trattare il viandante come un ospite e accoglierlo con generosità. Ci sono gli incontri, i tanti incontri, di un camminatore che come sa abitare con agio la sua solitudine così sa aprirsi, ricevere, restituire.

Quante cose, davvero, soprattutto se ti fai accompagnare dalle parole di uno scrittore che in Italia meriterebbe di essere conosciuto di più e comunque non solo per Zorba il greco: che peraltro è un grande romanzo prima di essere un film con la colonna sonora che ha lanciato il sirtaki.

Nikos Kazantzakis, insomma: e chissà che a tenercelo lontano non sia stato questo cognome così ostico. Scrittore complesso, inquieto, uomo in ricerca come in fondo lo sono i viandanti. Quando scrisse la sua autobiografia la intitolò Rapporto a El Greco, richiamando il pittore dallo sguardo cretese. A sua volta Luca, che ha scoperto Creta come luogo del cuore,ora  fa il suo rapporto a Nikos, lo scrittore.

Come un discepolo che segue le orme del maestro. Ancora incapace di convincersi di tanta meraviglia. 

venerdì 3 luglio 2015

Tuffarsi nella storia antica per capire cosa succede oggi

Nel mio cantuccio universitario per lungo tempo ho coltivato un orticello fatto di crociate, di pellegrinaggi, di leggende e di racconti passati dal cosiddetto Oriente al cosiddetto Occidente....

Poi si dice che studiare la storia di altri secoli non serve, che è roba buona solo per accademici fuori dal mondo, per chi ha ancora la fortuna di vivere tuffandosi tra i libri, senza curarsi troppo di ciò che succede.

Comincia con quelle due righe, tra la giustificazione e lo scatto di orgoglio, L'ipocrisia dell'Occidente di Franco Cardini (Laterza), storico che su ciò che ci sta succedendo sa offrire molte più chiavi di lettura di tanti noti analisti e opinionisti dei nostri media.

 La marea montante del fondamentalismo, le esecuzioni e le vittorie militari dell'Isis, il nuovo califfato che si sta spingendo verso il Mediterraneo.... ma che cosa sta davvero succedendo? Forse è il momento di cominciare a ragionare con la testa piuttosto con le viscere. Di porsi le domande giuste con il coraggio di risposte assai poco piacevoli. E tuffarsi nella storia - fosse anche quella degli antichi califfi Abbasidi o di Saladino - ci può aiutare, come no.

Poi si dovrà davvero capire cosa è davvero successo in Libia o cosa significa parlare oggi di califfato. Si dovrà capire chi è che finanzia e sostiene il nemico alle porte e perché la nostra civiltà ha partorito l'orrore di Guantanamo nascondendoselo agli occhi. Responsabilità, sottovalutazioni, ipocrisie.

 Serve la lezione della storia, come no.

giovedì 4 luglio 2013

La vita dura di Mark Twain prima di Mark Twain

E' bello tuffarsi in queste pagine, scritte da Mark Twain prima del successo e della fama, prima di Tom Sawyer e di Huckleberry Finn. Queste pagine di un Mark Twain giovane, niente affatto destinato a diventare Mark Twain, lui che finora ha lavorato come mozzo in un battello fluviale e tentato la fortuna come cercatore d'oro. Non a caso il libro ha un titolo che consente ben pochi equivoci: Vita dura.

E c'è il Far West, l'Occidente che si fa sempre più Occidente, in una lunga peregrinazione dove si incontra di tutto, i mormoni dell'Utah e i minatori del Nevada, ma poi perfino gli indigeni delle isole del Pacifico. E c'è gente che appartiene al nostro immaginario cinematografico e che oggi è svanita dalla vita di quei posti. E ci sono scenari naturali mozzafiato che spero resistano laggiù, nel selvaggio West.

Ma soprattutto c'è lui, Mark Twain, l'uomo che viaggia, l'uomo che guarda, l'uomo curioso. Soprattutto l'uomo che sa raccontare, senza enfasi, colorando tutto di ironia e simpatia.

Queste storie noi le leggiamo. Ma potrebbe raccontarcele un vecchio zio, che ne ha fatte di tutti i colori e sa convivere piuttosto bene con le sue eccentricità. Davanti a un camino, solo per il gusto di conversare.

giovedì 3 novembre 2011

La vita dura del grande Mark Twain

Le notizie sembrano uscire da me per natura, come vino dalla botte. Spesso mi è sembrato che avrei dato la mano destra, se avessi potuto trattenere i miei ricorsi; ma non è stato possibile

Sono convinto che Samuel Langhorne Clemens, che tutti noi conosciamo come Mark Twain, la mano se la sarebbe tagliata per la ragione opposta,  se cioé non fosse più riuscito a scrivere, a dare notizie come vino dalla botte.

Ma questa è una mia personale convinzione, quello che conta è tuffarsi in queste pagine, scritte da Mark Twain prima del successo e della fama, prima di Tom Sawyer e di Huckleberry Finn.

In Vita dura (Barbès editore) c'è il Mark Twain giovane, niente affatto destinato a diventare Mark Twain, lui che aveva lavorato come mozzo in un battello fluviale e cercato la fortuna come cercatore d'oro.

E soprattutto c'è il Far West, l'Occidente che si fa sempre più Occidente, in una lunga peregrinazione dove si incontra di tutto, i mormoni dell'Utah e i minatori del Nevada, ma poi perfino gli indigeni delle isole del Pacifico.

E c'è gente che appartiene al nostro immaginario cinematografico e che oggi è svanita dalla vita di quei posti. Ci sono scenari naturali mozzafiato che spero resistano laggiù, nel selvaggio West.

Ma soprattutto c'è lui, Mark Twain, l'uomo che viaggia, l'uomo che guarda, l'uomo curioso. Soprattutto l'uomo che sa raccontare, senza enfasi, colorando tutto di ironia e simpatia.

Queste storie noi le leggiamo. Ma potrebbe raccontarcele un vecchio zio, che ne ha fatte di tutti i colori e sa convivere piuttosto bene con le sue eccentricità. Davanti a un camino, solo per il gusto di conversare.

sabato 26 febbraio 2011

Se la scuola diventa inutile

Perché oggi tutti pensano che studiare sia inutile. E' questo il sottotitolo di uno degli articoli più belli che negli ultimi tempi ho letto di Piero Citati, pubblicato qualche giorno fa sul paginone centrale di Repubblica. Ed è scritto proprio così, senza nemmeno l'attenuante di un punto interrogativo.

Ed è così: oggi è sempre più diffusa l'idea che la scuola sia inutile. E che tra le materie più inutili di una scuola inutile ci siano magari la letteratura, o la storia, o la geografia.

Non si tratta del solito legittimo j'accuse contro la riforma Gelmini. Si tratta di qualcosa che sta succedendo anche altrove, e che da noi magari si fa in modo più ipocrita e cialtronesco. Ma che riguarda la Russia - dove forse non si studierà più nemmeno Tolstoi - come l'Inghilterra, dove il governo ha reso facoltativo lo studio delle lingue straniere, come se studiare il francese o il tedesco o l'arabo fosse solo questione di curriculum per un lavoro, e non un grande investimento in cultura, fantasia, intelligenza.

E dunque conclude Citati:


Non sappiamo più leggere, né scrivere, né conoscere le lingue straniere, né comporre un lavoro qualsiasi. Un tempo, l'Occidente era il luogo dell'esperienza e dell'avventura. Oggi siamo diventati quello del niente e del vuoto

Possibile? Anche nel cuore della cara vecchia Europa, con tutta la sua storia, la sua civiltà? Possibile? Attendo smentite. Ho bisogno di smentite.

martedì 2 novembre 2010

L'India del signore delle lacrime

Le strade che abbiamo percorso, anche non tante volte ma avendo la piena consapevolezza piena di quel che facevano, si impregnano di noi. Il nostro fantasma continua a batterle, anche se non siamo morti, anche si siamo vivi altrove

Da un grandissimo editor - un punto di riferimento per l'editoria italiana - un libro che non mi attendevo, che è molte cose insieme.
 
Proprio così: Signore delle lacrime di Antonio Franchini (Marsilio) è un libro di viaggio che non è solo di viaggio, è riflessione alta, dialogo con se stessi, tuffo nella spiritualità. Reportage narrativo dall'India che non dimentica la vita quotidiana a casa propria. Abitudini e vizi del turista, ma anche autobiografia. Pantheon induista e materialismo nostrano, con diverse sorprese però. Occidente e oriente e tanto altro ancora.

Un libro che è ricchezza e contaminazione e allergia a ogni schema precostituito. Un libro che non fa sconti e che per questo è ancora di più da leggere.

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...