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mercoledì 24 luglio 2013

Cosa si legge sotto l'ombrellone

E' davvero curioso che sotto il sole di luglio non si vedano circolare altro che megaseller. E gli altri?

Le eccezioni sono i tascabili abbandonati sulle sdraio o sugli asciugamano degli adolescenti: sono in tutta evidenza quei romanzi inseriti nelle liste che i prof al termine della scuola decidono di infliggere ai poveri allievi per le ferie.

Sempre gli stessi autori, del resto, da decenni: Calvino, Pavese, Primo Levi, Fenoglio, Il gattopardo, Sciascia, Morante... 

Tutti capolavori benemeriti, intendiamoci: il cosiddetto usato sicuro. Ma è lecito chiedersi: possibile che da quarant'anni a questa parte la letteratura italiana non abbia prodotto niente di nuovo degno di essere consigliato come lettura o passatempo (intelligente) agli studenti?

(da Paolo Di Stefano, Sbagliato far leggere solo l'"usato sicuro", Corriere della Sera del 16 luglio 2013)

lunedì 2 luglio 2012

Se la vita è sparita dalla letteratura

Ma a mancare  non è il talento. Non sono gli occhi che ci fanno difetto e non è nemmeno la bellezza ad averci abbandonati. Si è infranto lo specchio in cui contemplarla.

Afferma Antonio Scurati, nel suo La letteratura dell'inesperienza, che in genere ciò che si legge (e che si scrive) e ciò che si vive vanno a braccetto. E che anzi - questo lo diceva Italo Calvino - solo dopo averle lette e scritte le cose si sono vissute davvero: tanto che solo quando Beppe Fenoglio scrive Una questione privata - il libro che un'intera generazione, Calvino incluso, avrebbe voluto scrivere - ecco, solo allora, la stagione della Resistenza si può dire vissuta sul serio e davvero compiuta.

Afferma Antonio Scurati che non è più così, che non dipende dai talenti, e nemmeno dalla capacità di raccontare, ma oggi letture (e scritture) ed esperienze di vita hanno smesso di andare a braccetto.

Problema enorme, questo, che forse si percepisce anche in tanto bello scrivere assolutamente autoreferenziale, in questa epoca di effetti speciali senza costrutto, di ombelichi spacciati per il centro del mondo.

Ma che cos'è che si è davvero dissolto? Da dove è cominciata la diserzione? Dalla letteratura o dalla stessa vita?

Già, a proposito: cosa è davvero la vita come esperienza?

sabato 11 febbraio 2012

Se una nevicata così si era già letta

Ma come mai ogni ondata di maltempo è sempre la peggiore, inattesa e terribile come non si vedeva da un pezzo? Non sarà perché abbiamo perso il senso del tempo, della sua profondità, del suo valore?

Così ci suggerisce Antonio Scurati, su una pagina sulla Stampa - titolo, Una nevicata così si era già letta - che tocca senz'altro un tema di forte attualità visto gli sconquassi del Generale Inverno, e che pure mi piace pensare come un intervento a futura memoria.

Afferma Scurati:


Le forti nevicate, le grandinate, gli acquazzoni ci calano in un clima mentale da emergenza perpetua perché non riusciamo più a tessere mentalmente la trama che lega il passato al presente e, tramite questo, al futuro. Lo si sa: da qualche tempo qualcosa si è spezzato nel conto del tempo.

E certo nel conto del tempo va messo anche l'inefficienza (peraltro cronica e quindi non nuova) del nostro paese; come pure il bisogno di enfatizzare e spettacolarizzare l'emergenza. Ma detto questo, serve, come no, la cura che ci propone Scurati:

La letteratura in questo ci può aiutare. la letteratura vive, infatti, per sua natura, in un tempo più grande del presente.

E allora vengono in mente i gelidi inverni in montagna dei partigiani di Beppe Fenoglio oppure la Londra ghiacciata dei disperati di Dickens. E non si può che dare ragione a Scurati:

In letteratura un inverno non sarà mai solo questo inverno.

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