Visualizzazione post con etichetta Francesco Crispi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Francesco Crispi. Mostra tutti i post

domenica 6 marzo 2011

Miss Uragano e la rivoluzione che non tradisce

 Finite le imprese del Risorgimento, che rimase di quelle imprese? E qual era lo sguardo di chi aveva fatto l'Italia e ora si guardava indietro? Quanta delusione, quanta nostalgia? Ho provato a raccontarlo in questa pagina, facendo mio lo sguardo di Jessie White, "donna che fece l'Italia" (da Miss Uragano, Romano editore).


Conserva sempre gelosamente una copia del Times del 1859, sulla quale, con grande risalto, ci si beffava degli italiani e della loro propensione a reclamare l’aiuto altrui piuttosto che a darsi da fare in prima persona.

Questi valorosi modestamente ci chiedono di batterci per loro, ma non ci danno la minima ragione per supporre ch’essi intendono di battersi… Noi non abbiamo ragione di pensare ch’essi abbiano il coraggio di una lotta più seria.

Da allora ne sono passati, di anni. Si sono combattute guerre e firmati accordi. Ora c’è l’Italia, e molti fatti, molte persone hanno smentito la malignità del più autorevole quotidiano anglosassone. Ogni tanto lei se lo rammenta: e ci sorride ancora.

Che si tratti di un dono o di un castigo ha avuto in sorte una vita lunga, più lunga di molti altri con cui ha condiviso un pezzo di strada.

Ora ha scavalcato anche il vecchio secolo e si è affacciata nel nuovo. Quante cose sono cambiate e quant’altre cambieranno ancora. Alla fine è sopravvissuta pure a Crispi, Don Ciccio come lo chiamava con ironia, l’amico di quasi mezzo secolo al quale non ne ha mai risparmiata.

Questa volta non ha avuto nemmeno la forza di disperarsi. Parlando della sua morte ha usato un rassegnato pluralis majestatis che non ha ingannato nessuno.

L’Italia ci sembra un cimitero

Però dal fondo della sua disperazione, della sua solitudine, ha riscoperto le ragioni che, poco più che adolescente, l’avevano conquistata.

Le sarebbero piaciute le parole di uno scrittore sudamericano arrivato molto dopo di lei, Manuel Scorsa: no, le rivoluzioni non tradiscono. I rivoluzionari, forse;  le rivoluzioni mai.

martedì 1 febbraio 2011

Jessie, la garibaldina innamorata di Shakespeare


Ho scritto un libro intero su Jessie White, la ragazza inglese che attraversò tutte le vicende del Risorgimento italiano, la donna che divenne la più stretta collaboratrice di Mazzini e Garibaldi, la persona che assicurò la cura dei feriti in battaglia, la prima corrispondente di guerra, la più brava giornalista del nostro Ottocento.... eppure la storia che di lei più mi piace e mi commuove si nasconde negli ultimi anni della sua vita.... 

Jessie ormai vive da sola a Firenze, vedova, povera, guadagnando quel poco che si può guadagnare con qualche collaborazione giornalistica e con le lezioni di inglese. L'Italia fatta l'ha delusa. Spesso si volta indietro, e come sono lontane le speranze di un tempo. 

Molti compagni di una volta sono scomparsi, molti sono cambiati, ora magari siedono sulla poltrona di un ministero. Un giorno bussano alla porta due funzionari spediti da Francesco Crispi, amico di una volta, diventato presidente del consiglio. Le propongono un vitalizio. Lei quasi li prende a calci. Gli ideali non devono procurare la pensione.

Legge ancora molto. I libri li prende a prestito. Al Gabinetto Vieusseux. Non può permettersi di acquistarli. E tra tutte le pagine le più care sono quelle dei sonetti di Shakespare. E tra tutti i sonetti c'è questo. Il senso di una vita che in ogni caso non ha rimpianti.


Quando all’appello del silente pensiero
io cito il ricordo dei giorni passati,
sospiro l’assenza di molte cose bramate
e a vecchie pene lamento lo spreco della mia vita:
allora, pur non avvezzi, sento inondarsi gli occhi
per gli amici sepolti nella notte eterna della morte,
e piango di nuovo pene d’amor perdute,
e soffro lo stacco di tante immagini scomparse:
allora mi affliggo per sventure ormai trascorse,
e, di dolore in dolore, tristemente ripasso
l’infelice conto delle sofferenze già sofferte
che ancora pago come non avessi mai pagato.
Ma se in quel momento io penso a te, amico caro,
ogni perdita è compensata e ogni dolor ha fine.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...