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venerdì 13 novembre 2015

Quante storie nel microcosmo di una terra di confine

Ma cosa ci sarà mai da scrivere su questo fazzoletto di terra che a fatica ho sentito nominare solo a proposito di qualche vino e che non saprei nemmeno ritrovare su una carta geografica? Ecco, ho indugiato al lungo, con tutta la diffidenza del caso: ma perché dovrei leggere un libro intero sul Collio? Che me ne faccio?

Beh, se poi ho cominciato a leggere è solo per il nome dell'autore - Emilio Rigatti, che ho già inseguito con la mia bicicletta immaginaria in tanti viaggi - e per la casa editrice - Ediciclo - che raramente mi ha tradito. E sì, certamente anche per il sottotitolo - Altre storie di uomini e orizzonti di qua e di là del Collio. Di qua e di là, questo mi piace. Una prima buona ragione per saperne di più sul Collio, terra che non sarebbe nemmeno immaginabile senza il suo di qua e il suo di là, senza il suo essere terra di confine, terra di passaggio e di separazione.

E quale confine, poi. Non è qui che comincia il mondo slavo, l'immenso mondo slavo che si slancerà olte gli Urali per arrivare fino all'Oceano Pacifico?

Tutto un mondo davanti ma intanto questo microcosmo. Questo fazzoletto di terra, appunto, che Rigatti ama frequentare con la sua bicicletta, a caccia di storie, di chiesette dimenticate, di buone bottiglie di vino. Movimento lento, lentissimo, che solo consente di posare lo sguardo, di respirare l'aria del posto, di cogliere ciò che, in macchina, sarebbe alle spalle in un lampo.

Quante cose che ci sono da raccontare, in questa terra che prima non ero sicuro nemmeno che fosse una terra.  Mica solo saliscendi, vigneti, pale di altare, osterie. Soprattutto persone che è una fortuna raccontare, con le loro storie strampalate e coraggiose. Il collezionista di chilometri in autostop, il contadino che produce il vino in anfore come nella lontana Georgia, l'uomo che ha salvato il disegno dello scampato al lager.

Da leggere davvero Gli alchimisti delle colline di Emilio Rigatti. Stupendosi a ogni pagina di questo microcosmo che è come un negozio di rigattiere stipato all'inverosimile. E che è bello frequentare per dare sfogo alla curiosità. 
 

mercoledì 26 agosto 2015

L'Italia di Paolo Rumiz, sui treni dimenticati

Si stringe il cuore, a vedere come si sono ridotte le ferrovie italiane: mica quei missili sparati nelle gallerie dell'Alta Velocità, ma i treni che un tempo sugli orari erano detti locali, linee secondarie che generazione dopo generazione hanno accompagnato i cambiamenti del nostro paese, tirando su a bordo pendolari e famiglie dirette in villeggiatura. Si stringe il cuore, perché tra tagli, linee cancellate, stazioni abbandonate non è solo un pezzo dell'Italia del passato che se ne va, è anche un pezzo di futuro.

Però no, L'Italia in seconda classe di Paolo Rumiz (Feltrinelli) non è un atto di accusa contro lo stato comatoso, con poche lodevoli eccezioni, dei nostri treni. Magari è anche questo, ma è soprattutto un viaggio, un grande viaggio nato da un'"idea corsara": percorrere con quei treni 7.480 chilometri, la stessa lunghezza della mitica Transiberiana dagli Urali a Vladivostoc
k. Un viaggio in seconda classe, in un'altra Italia, senza fretta e in effetti anche senza una vera meta, se non quella di volta in volta consentita da (mai facili) coincidenze.

Incontri e pensieri lungo i binari. L'Italia che non è mai come vorremmo e l'Italia che riesce ancora a sorprendere per le sue riserve di bellezza e gentilezza, malgrado tutto. Il treno, dice Rumiz, è una grande macchina della verità. Entra nei luoghi sempre dal retrobottega, li svela impietosamente. Più di tanti saggi documentati, più delle inchieste dei giornali.

Che poi non si tratta solo di capire un paese, guardando da un finestrino. Mi viene in mente  Strade blu di Least Heat Moon, straordinario libro di viaggio attraverso un'America percorsa attraverso le strade minori. Allo stesso modo i trenini di Rumiz: un viaggio per capire qualcosa della stessa arte del viaggio e delle sue possibilità.


La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...