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lunedì 15 gennaio 2018

Fra i boschi e l'acqua, il tempo dell'incanto

Un libro e molti chilometri dopo, è ancora lui, Patrick Leigh Fermor, il ragazzo nemmeno ventenne che ha abbandonato l'Inghilterra e i suoi disastri scolastici per raggiungere a piedi quella che ancora chiama Costantinopoli. Lo avevo lasciato con le pagine di Tempo di regali, ecco ora Fra i boschi e l'acqua: seconda parte di una trilogia, proposta da Adelphi, che è uno dei vertici della letteratura di viaggio del Novecento. E anche questa volta Fermor non tradisce le aspettative, tutt'altro.

Casomai cambia il passo e con il passo il sentimento predominante.  Prima c'era l'urgenza del distacco, il tumulto della partenza, la fame di distanza, i chilometri da macinare, quanti più possibili. Ora tutto si rallenta, per incanto non per pigrizia. Più che la meta conta la deviazione. Più che la strada percorsa la pausa a cui affidarsi. Come un grande fiume che si è lasciato dietro i tumulti dei monti, che procede lento, maestoso, gonfio d'acqua. Come il Danubio, che senz'altro è uno dei protagonisti di questo viaggio.

Altri mille chilometri. Davanti si distende la pianura ungherese: l'immensa puszta che è premessa della steppa asiatica, i boschi della Transilvania, le Porte di Ferro dove Carpazi e Balcani sembrano darsi appuntamento.

Avanti, avanti ancora. Ma cedendo alle tentazioni, che volta volta sono la notte sotto le stelle, l'indolenza richiamata da un prato, una cena tra aristocratici in un maniero o un bevuta con gli zingari intorno a un fuoco.

Incredibile, è il 1934: e l'irrequietezza sembra appartenere ad altri anni, più vicini a noi. O forse è quella di sempre, quella dei giovani chierici vaganti che da sempre si mettono in movimento, per cercare se stessi prima che un altro mondo, o forse per scappare prima ancora che per cercare.

Incredibile, è il 1934: Hitler è da poco al potere - e certe avvisaglie Fermor le coglie, come no - presto questa Europa non ci sarà più. Quel remoto mondo rurale fu spazzato via nel decennio successivo - ricorderà - e adesso mi rendo conto della fortuna che ho avuto a poterne cogliere squarci prolungati, addirittura a esserne stato un poco partecipe. Discorso che ci offre profondità storica, non tutto è sparito solo dopo, ai tempi delle autostrade, del web 2.0, dei voli low cost.

Ma intanto con la sua andatura senza fretta, con la sua splendida  capacità di divagazione, c'è ancora tempo: fra i boschi e l'acqua.



giovedì 14 dicembre 2017

In Transilvania un mondo antico che è già elegia

Avevo trovato l'Europa orientale fantasticata da bambino leggendo le favole russe: quella dei capanni di legno ai margini di foreste popolate da lupi e orsi, con la neve, le slitte, le giacche di pecora, le bluse ricamate, le donne col fazzoletto in testa. Pensavo di essere nato troppo tardi per poter incontrare da qualche parte la vita contadina descritta da Tolstoi e Hardy, ma mi ero sbagliato. Ecco i resti di un mondo antico....

La citazione è lunga, ma racchiude tutto il fascino che sprigiona Lungo la via incantata di William Blacker (Adelphi), libro potente, libro che prende e cattura come pochi altri tra i tanti che ci accompagnano nell'esperienza del viaggio. Libro sorprendente, addirittura spiazzante, perché portandoci in un altrove da fiaba, in realtà ci racconta il tempo e ciò che il tempo fa dei luoghi.

Romania, ultimi giorni 1989: il regime socialista di Ceasescu crolla di schianto, la rivoluzione ha vinto e non c'è un momento da perdere. La frontiera è aperta, ma vai a sapere cosa succederà ora che non c'è più un muro a chiudere quel mondo e in qualche modo anche a preservarlo.

William Blacker appartiene a quel tipo di inglese che - come Bruce Chatwin e Patrick Leigh Fermor - si porta dentro l'istinto del nomade e la curiosità dell'intellettuale che il mondo intende constatarlo di persona. Finisce in Maramureș, la parte più remota e immutata della Transilvania. Si ferma, viene adottato da una famiglia contadina che davvero appartiene a un altro tempo, solo che questo tempo è ancora il presente in Maramureș. Comincia a sperimentare una vita che da secoli è la stessa: il lavoro nei campi, le feste e i funerali, le bevute e i canti.Ci resterà per anni.

E' entrato a far parte di un mondo che sembra inconcepibile abbia convissuto con il regime di Ceasescu e con ciò che esso ha rappresentato anche come trionfo della bruttezza e dello sradicamento.  Un mondo che ha saputo resistere, ma che proprio ora è segnato: ciò che non ha fatto la storia, ciò che non ha combinato la dittatura, potranno portare a compimento ora, con implacabile velocità, le strade asfaltate e le tentazioni del supermercato.

Il tempo appunto, il tempo in cui è rimasto sospeso l'ultimo lembo di un'Europa antica, di un'Europa qual era, presente che è già elegia, bellezza già intrisa di nostalgia. Questo il Maramureș, una foglia di autunno che sta per staccarsi. Dopo, una volta a terra, sarà facile calpestarla. 

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