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mercoledì 1 luglio 2020

Tra boschi e acqua, sulle tracce del grande Paddy

Dicembre 1933, Patrick Leigh Fermor è un ragazzo di 18 anni, che ha i suoi problemi con gli studi e con le scelte per il futuro, ma intanto una scelta sa farla, perché prende e parte. Lascia l'Inghilterra e si incammina attraverso l'Europa, direzione Istanbul. Come un vagabondo, un pellegrino, un chierico vagante. Un giorno racconterà tutto in tre libri, uno più bello dell'altro, consegnando al mito quello stesso viaggio.

Ottanta anni più tardi Nick Hunt insegue le sue tracce. Anche lui è uno scrittore, anzi, è uno scrittore che ha già avuto modo di mettersi in mostra: splendido il suo Dove soffiano i venti selvaggi, viaggio all'inseguemto dei venti europei più inquieti e imperiosi, come la bora e il mistral. 

Anche questo viaggio, a modo suo, segue un vento, perché è come il vento il passaggio di un uomo: impalbabile, inafferrabile. Per coglierne qualcosa forse c'è solo da aggiungere passo a passo e confidare nelle gambe.

Ecco, il viaggio pare lo stesso, per quanto riguarda almeno la geografia fisica. Duecentoventuno giorni, quattromila chilometri, due grandi fiumi come il Reno e il Danubio, tre catene montuose per raggiungere quella che una volta era Costantinopoli. 

Ma può essere lo stesso viaggio se l'Europa è cambiata. E in che modo è cambiata, in che misura? Già Fermor aveva camminato su un mondo sull'orlo del precipizio, con Hitler da poco al potere. Troppo è successo negli anni dopo, non solo la guerra, i popoli e i confini spazzati via, lo sdradicamento di culture millenarie. 

E ora? Camminando tra i boschi e l'acqua (Neri Pozza) dimostra che si può camminare nel tempo e che nello spazio che attraversiamo possono convivere diversi tempi. Più si muove verso est, e verso sud, più Nick Hunt ritrova nel presente le tracce del mondo che Fermor ha raccontato.

Quanto a Fermor, sì, è vento: ma in tutta Europa, dall'inizio alla fine del suo viaggio, l'uomo che ne insegue le orme trova gente disposta a ospitarlo. Sconosciuti pescati in Rete, uniti solo dall'idea di quel viaggio mito di un remoto 1933. Anche il vento, in fondo, ogni tanto si ferma e si lascia accogliere.







mercoledì 14 settembre 2011

Un ragazzo inglese in cammino per l'Europa

Cambiare panorama: abbandonare Londra e l'Inghilterra e andare in giro per l'Europa come un vagabondo... Ad un tratto, questa non era solo una cosa ovvia, era l'unica da fare

Non ha nemmeno vent'anni e deve fare già i conti con una vita di promesse mancate e di macerie, Patrick Leigh Fermor, quando prende la decisione che la vita gliela cambierà sul serio, portandolo sulla strada giusta, quella che porta lontano.

E' il 1933, dicembre - la peggiore stagione, in effetti, per partire. Munito solo di uno zaino da alpinista, di un cappotto dell'esercito, di un passaporto che lo certifica come studente (senza denunciarne i fallimenti) e di tante buone letture alle spalle, Fermor lascia l'Inghilterra e lascia le sue prime orme sui campi innevati dell'Olanda.

Un obiettivo: raggiungere a piedi Costantinopoli - allora si chiamava ancora così - seguendo il corso dei grandi fiumi della civiltà europea, il Reno e il Danubio. Un viaggio da chierico vagante, da nomade, da sognatore. A casa tornerà solo dopo diversi anni.

E che bello questo libro che racconta le storie, le persone, i paesi e i popoli della prima parte del viaggio, fino all'Ungheria. Intenso, raffinato, autentico.

Immergetevi in esso, con il bagaglio di pensieri più leggero che potete. Magari considerate solo la data: il 1933. L'Europa sospesa tra i due macelli della guerra mondiale. L'Europa che oggi non c'è più e quella che ancora resiste, forse.

I tedeschi sembrano ancora solo dei pacifici bevitori di birra, persi dietro i loro canti e le loro storie di gnomi e di principi, ma le camice brune di Hitler già proiettano le loro lugubri ombre. Non si contano i cimiteri militari, eppure Fermor può sorprendersi (e noi con lui), per la gentilezza e l'ospitalità che incontrerà per tutto il viaggio:

Sembrava che di ogni mondo mi toccasse in sorte la parte migliore

Quando l'ho finito non mi è nemmeno dispiaciuto, perché ho pensato ai passi che continuerò a fare con il seguito, sempre pubblicato da Adelphi. Per inciso, la stessa casa editrice di Bruce Chatwin. Ed è curioso che per tanto tempo ci si sia dimenticati di Fermor, per osannare Chatwin: che poi di Fermor si considerava, giustamente, quasi un discepolo.

lunedì 22 agosto 2011

Quello studente a piedi fino a Costantinopoli

Cambiare panorama: abbandonare Londra e l'Inghilterra e andare in giro per l'Europa come un vagabondo... Ad un tratto, questa non era solo una cosa ovvia, era l'unica da fare

Non ha nemmeno vent'anni e deve fare già i conti con una vita di promesse mancate e di macerie, Patrick Leigh Fermor, quando prende la decisione che la vita gliela cambierà sul serio, portandolo sulla strada giusta, quella che porta lontano.


E' il 1933, dicembre - la peggiore stagione, in effetti, per partire. Munito solo di uno zaino da alpinista, di un cappotto dell'esercito, di un passaporto che lo certifica come studente (senza denunciarne i fallimenti) e di tante buone letture alle spalle, Fermor lascia l'Inghilterra e lascia le sue prime orme sui campi innevati dell'Olanda.

Un obiettivo: raggiungere a piedi Costantinopoli - allora si chiamava ancora così - seguendo il corso dei grandi fiumi della civiltà europea, il Reno e il Danubio. Un viaggio da chierico vagante, da nomade, da sognatore. A casa tornerà solo dopo diversi anni.

E che bello questo libro che racconta le storie, le persone, i paesi e i popoli della prima parte del viaggio, fino all'Ungheria. Intenso, raffinato, autentico.

Immergetevi in esso, con il bagaglio di pensieri più leggero che potete. Magari considerate solo la data: il 1933. L'Europa sospesa tra i due macelli della guerra mondiale. L'Europa che oggi non c'è più e quella che ancora resiste, forse.

I tedeschi sembrano ancora solo dei pacifici bevitori di birra, persi dietro i loro canti e le loro storie di gnomi e di principi, ma le camice brune di Hitler già proiettano le loro lugubri ombre. Non si contano i cimiteri militari, eppure Fermor può sorprendersi (e noi con lui), per la gentilezza e l'ospitalità che incontrerà per tutto il viaggio:

Sembrava che di ogni mondo mi toccasse in sorte la parte migliore


Quando l'ho finito non mi è nemmeno dispiaciuto, perché ho pensato ai passi che continuerò a fare con il seguito, sempre pubblicato da Adelphi. Per inciso, la stessa casa editrice di Bruce Chatwin. Ed è curioso che per tanto tempo ci si sia dimenticati di Fermor, per osannare Chatwin: che poi di Fermor si considerava, giustamente, quasi un discepolo.

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