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martedì 17 luglio 2012

Sono quella nave ghermita da un nord più a nord


Ora siamo qui, seduti al ristorante dell'albergo, una bellissima terrazza coperta con vista sul mare. Il giorno sta scivolando via. Dalla veranda si scorgono i due fari del porto che hanno cominciato a lampeggiare, il primo con una lucina rossa, l’altro, più distante, con un verdolino che va e viene. Vai a sapere se questi colori e queste intermittenze significano qualcosa.
Mi sono sempre interrogato sul linguaggio dei fari, sul modo con cui comunicano quello che devono comunicare ai naviganti che li scorgono a distanza. Attenti, non lì che ci sono gli scogli. Nemmeno di là, con quel banco di sabbia che non aspetta altro che fregarvi. Passate di qua. Già, davvero, vai a sapere come fanno.
Insomma, ci sono i fari che compiono il loro lavoro, c’è il silenzio rotto dalle grida dei gabbiani, c’è una nave che proprio ora ha sciolto gli ormeggi e ha preso a dirigersi al nord di questo nord, lenta e inesorabile come una pellicola che scorre fotogramma per fotogramma. C’è anche una candela accesa al nostro tavolo perché da queste parti funziona così, trovatelo voi un ristorante in cui per prima cosa non vi accendono una candela, siate o non siate una coppia di sposini novelli, prima di chiedervi cosa volete da bere e quindi di porgervi la Speisekarten, cioè il menù.

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