Comincia che sembra di stare dentro a una scena di Novecento di Bertolucci: la storia di una famiglia contadina ai tempi in cui dire casa e terra era uno dei modi di dire tutto. L'Italia rurale prima della guerra, prima di Pasolini e la scomparsa delle lucciole, prima del boom economico, dell'abbandono delle campagne, di Mike Bongiorno e i varietà in tv.
Cascina della Sbercia, zona dell'Oltrepo, territorio di collina, che non è piana e non è montagna e per questo forse sta meno nel nostro immaginario, sempre che la collina non sia di per se stesso un marchio internazionale, come per il Chianti e le Langhe.
Anni Trenta, ecco la vita sempre uguale a se stessa della famiglia Mezzadra. Da qui parte la storia de L'erba che fa il grano di Paolo Repossi (Instar libri), bel libro di un autore che nell'Oltrepo vive e che dell'Oltrepo sta cogliere gli umori e i sapori.
Romanzo di collina, leggo in copertina: e mi piace. Come mi piace questa storia di una terra dove si piantano alberi per un matrimonio o una nascita e dove i figli sono braccia. Ogni pagina, almeno all'inizio, sa di erba tagliata.
Solo che il tempo non si ferma, neanche nello spazio di un romanzo. Il tempo va avanti, butta all'aria le carte, sovverte ciò che finora è sempre stato. Pochi anni e tutto cambia. La guerra, l'economia, la società.
Come chiudere gli occhi e riaprirlo sull'altro mondo: i figli che erano contadini oggi lavorano in un autosalone. C'è la musica dei Beatles ed è già ora di andare a vivere in città.
Romanzo di collina, ma soprattutto romanzo di come è cambiato il nostro paese, con il suo cuore un tempo contadino. Il tutto raccontato con leggerezza, direi addirittura con la parola che sa farsi poesia. Romanzo in agrodolce. Romanzo che è passato e presente, per il futuro si vedrà.
Cascina della Sbercia, zona dell'Oltrepo, territorio di collina, che non è piana e non è montagna e per questo forse sta meno nel nostro immaginario, sempre che la collina non sia di per se stesso un marchio internazionale, come per il Chianti e le Langhe.
Anni Trenta, ecco la vita sempre uguale a se stessa della famiglia Mezzadra. Da qui parte la storia de L'erba che fa il grano di Paolo Repossi (Instar libri), bel libro di un autore che nell'Oltrepo vive e che dell'Oltrepo sta cogliere gli umori e i sapori.
Romanzo di collina, leggo in copertina: e mi piace. Come mi piace questa storia di una terra dove si piantano alberi per un matrimonio o una nascita e dove i figli sono braccia. Ogni pagina, almeno all'inizio, sa di erba tagliata.
Solo che il tempo non si ferma, neanche nello spazio di un romanzo. Il tempo va avanti, butta all'aria le carte, sovverte ciò che finora è sempre stato. Pochi anni e tutto cambia. La guerra, l'economia, la società.
Come chiudere gli occhi e riaprirlo sull'altro mondo: i figli che erano contadini oggi lavorano in un autosalone. C'è la musica dei Beatles ed è già ora di andare a vivere in città.
Romanzo di collina, ma soprattutto romanzo di come è cambiato il nostro paese, con il suo cuore un tempo contadino. Il tutto raccontato con leggerezza, direi addirittura con la parola che sa farsi poesia. Romanzo in agrodolce. Romanzo che è passato e presente, per il futuro si vedrà.
E adesso che saprebbero rimediare, sanno di non avere più il tempo, né il desiderio. Si sono guastati la vita a vicenda, con ammirevole perfezione. E questa consapevolezza non basta certo a riavvicinarli, né a consolarli.
E' uno di quei libri che mi impongo sempre di leggere con qualche anno di ritardo, Rossovermiglio di Benedetta Cibrario (Feltrinelli). Per partito preso: dopo che non se ne parla più, dopo che altri libri hanno fatto seguito, dopo che l'effetto di un premio vinto e del successo editoriale non si avvertono più.
E quindi ho atteso e mi sono predisposto al meglio per sintonizzarmi con queste pagine. E se non ci sono riuscito al cento per cento non è colpa dell'autrice, ma solo mia: magari dipende solo da qualche dettaglio, sarà che sono un toscano che non ne può più di libri e film ambientati tra le colline e i vigneti del Chianti.
Però quante cose che ci sono in questo libro: Torino la sabauda e la Toscana che ancora non ha piazzato i suoi vini nei ristoranti a cinque stelle di New York; un bel pezzo di storia, tra l'Italia umbertina e l'Italia che esce dalla seconda guerra mondiale tra macerie e speranze; un matrimonio combinato e un sentimento che invecchia come una buona bottiglia in cantina, solo che il tempo migliorerà il vino, chissà se sarà lo stesso per la persona su cui si ripongono (o malripongono) tante speranze. E poi una donna intimamente sola, una donna forte, capace di ribellarsi alle convenzioni, capaci di fare scelte contro corrente.
Tante cose e tante belle pagine. Così ho risistemato questo libro sullo scaffale, come un vino in cantina. Chissà, forse per stapparlo di nuovo tra qualche anno, sperando che sia ben invecchiato, e migliore al gusto.