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martedì 7 gennaio 2014

Un pomeriggio insieme alla professoressa di Barbiana

Raccontare di Barbiana mi provoca sempre disagio. Mi sembra un'indiscrezione, la violazione dell'intimità di una persona che voleva essere persona pubblica solo attraverso scritti meditatissimi.

Mette le mani avanti, Adele Corradi, all'inizio del suo Non so se don Lorenzo, un titolo che dice già molto per uno dei libri che Gad Lerner, e non solo lui, ha giudicato tra i più belli su Don Milani. Non l'ennesima biografia o l'ultimo dei tanti saggi critici. Ma un caleidoscopio di ricordi di una vecchia professoressa che in gioventù ha insegnato a Barbiana e fino all'ultimo è stato a fianco del suo Priore.

Non un libro su Don Milani, bisognerebbe dire. Ma il libro di Adele, che si racconta nella sua esperienza di Barbiana. Un libro per questo più schietto, più autentico. Un libro che racconta l'incontro di due umanità e per questo capace di raccontare di più anche Don Milani.

A questo libro sono arrivato in ritardo e grazie al comune di Borgo San Lorenzo, che qualche giorno fa ha voluto coinvolgermi nella presentazione. C'era Adele, signora che viaggia ormai per i 90 anni portati meravigliosamente bene. C'erano un'infinità di suoi alunni - i legami che non si spezzano di una vita dedicata all'insegnamento.

E che bella figura, Adele. Attraverso di lei ho imparato qualcosa sul Don Milani e altro imparerò, perché me n'è venuta voglia. Bisogna volerne sapere di più, di un uomo che metteva in pace, come dice Adele. E sono fortunato ad averla conosciuta, anche solo per un pomeriggio: aver conosciuto la sua storia di professoressa che, quando è arrivata a Barbiana, non era poi troppo diversa dalla destinataria della Lettera a una professoressa e che ora, invece, continua a ripetere: La scuola non può essere come un ospedale che tiene i sani e rimanda a casa i malati.

Alla fine dell'incontro le ho chiesto, richiamando il titolo: E se Don Lorenzo fosse qui, che ne direbbe di questo titolo? Ci ha riso sopra. E quella risata diceva già tutto.
 

martedì 26 giugno 2012

Meglio Zelig di chi è troppo sicuro di sé

Ricordate Zelig, il personaggio di quel film capolavoro di Woody Allen?

Gad Lerner, nel suo Tu sei un bastardo. Contro l'abuso delle identità (Feltrinelli), parte proprio da lui, dalla sua irresistibile propensione alla metamorfosi, dalla sua smania di indossare i panni (e non solo i panni) degli altri per farsi accettare dagli altri.

Ci faceva sorridere Zelig, all'inizio degli anni Ottanta. Ma ora, a ripensarci, è quasi inevitabile un crampo di malinconia, dopo trent'anni di identità forti, di identità presuntuose, arroccate, indispettite, che nel mondo ne hanno combinate di tutti i colori. Pulizie etniche, fondamentalismi religiosi, muri per escludere l'altro: la nostra nuova guerra dei Trent'anni.

E dunque, sono contento di aver letto, anche se in ritardo, questo libro di Gad Lerner, un uomo che un po' Zelig nella vita lo è stato, a lungo reso apolide dalle correnti della Storia ma non immune, come tutti, alla tentazione di voler piantare le radici anche lui, magari in una bella campagna del Piemonte (tranne poi ricordare che gli uomini mica sono vegetali: se mettessero radici, morirebbero).

Non poteva che essere lui - uomo che riconosce come sapore di casa sia l'hummous mediorientale che il Gefiltefisch mitteleuropeo - a scrivere questo libro che è una bella boccata di ossigeno, quanto a tolleranza. Anzi, di più: quanto a capacità di mettere liberamente in gioco la propria identità, arricchendosi delle identità altrui.

Perché poi c'è una cosa comune a tutti coloro che in questi anni hanno praticato l'abuso di identità:

Di questi tempi le identità collettive, per maledizione storica generalizzata, si fondano tutte sulla ricerca di un qualsivoglia passato anziché sull'aspirazione a un futuro.

E di un futuro invece abbiamo proprio bisogno.  

lunedì 25 giugno 2012

Alexander, che si sentiva personalmente responsabile

Si sentiva personalmente responsabile per le sofferenze e i mali di cui veniva a conoscenza. Da quest'ansia scaturiva il suo irrefrenabile attivismo...

Me lo ero quasi dimenticato, Alexander Langer, profeta inascoltato e soprattutto disarmato. Per fortuna mi sono imbattuto nelle pagine in cui Gad Lerner parla di lui, in Tu sei un bastardo.

Alexander Langer, nome tedesco ma cittadino del mondo, impermeabile e insofferente alle divisioni della sua città, Bolzano. Deputato europeo - un pianeta di distanza da quasi tutti i deputati europei che abbiamo avuto modo di vedere almeno in tv - e traduttore naturale tra paesi e lingue diverse.

Uomo che aveva intravisto la marea dell'odio etnico, del fondamentalismo armato. Presto avrebbe travolto tutto, se non si fosse fatto niente.

Quella volta il mondo non fece niente. E ci fu la guerra in Jugoslavia, la spaventosa mattanza nel cortile dietro casa.

Pare che l'assedio di Sarajevo e il massacro dei ragazzi riuniti per un concerto a Tuzla, nella primavera 1995, siano stati il colpo finale. L'idrovora che gli ha prosciugato ogni energia vitale.

Alexander Langer si impiccò a un albero di albicocche, sulle colline di Firenze. Una settimana dopo ci fu la strage di Srebenica.

Alexander Langer ci ha lasciato in eredità, tra tante cose, il suo Tentativo di decalogo per la convivenza multietnica. Abbiamo bisogno ancora di persone come lui, capaci di sentirsi personalmente responsabili.

mercoledì 3 febbraio 2010

Le scintille delle anime vagabonde

More about Scintille
Bello, questo libro, bello fin dal titolo, Scintille, che non evoca soltanto frammenti di vita che si accendono e si spengono, tracce di luce che solcano la storia, perché sono storie nella storia, evocano ancora di più, si riallacciano addirittura alla Qabbalah ebraica, rimandano al frenetico incessante movimento di anime vagabonde, all'impossibilità di trovare pace per chi ha dovuto sopportare la violenta separazione dal corpo e prima ancora dalle proprie radici, dai propri luoghi.

Anime vagabonde in questo senso, non in quello della canzone italiana, sono anche tante figure della famiglia Lerner, una famiglia ebrea segnata, mutilata, plasmata dalle grandi tragedie del Novecento. Famiglia errabonda, famiglia in movimento, appunto, famiglia che negli anni, per scelta o per costrizione, ha costruito ponti tra l'Europa Orientale e il Mediterraneo levantino.

Poi quei ponti sono crollati, anzi, peggio, sono sparite le terre stesse che quei ponti dovevano unire. Inghiottito nel nulla il secolare mondo dell'Est europeo che pareva inconcepibile senza i suoi ebrei, nei villaggi e nelle grandi città come Leopoli che raccoglievano milioni e milioni di anime con i loro partiti, i loro mistici, i loro grandi scrittori: un popolo cancellato, una lingua svanita, una presenza che si è fatta ombra.

Ma sparito è anche il Levante come era prima del 1945 e dell'esplosione dei nazionalismi, passato che facciamo fatica a immaginare, ugualmente inconcepibile, quando lungo le coste bagnate dal Mediterraneo una strada senza frontiere poteva unire Beirut a Tel Aviv.

In questi mondi svaniti, inseguendo i nomi e i ricordi di famiglia, prova a inoltrarsi Gad Lerner, uomo nato in Libano, arrivato apolide in Italia (e chissà se oggi un altro apolide potrebbe costruirsi un'analoga carriera nel nostro paese... ma questa è solo una divagazione).

Bello, questo libro, che non si volge solo al passato, ma è viaggio anche nel presente, che esalta il senso del viaggio allungando lo sguardo, la capacità di vedere, con altre importanti letture, che non si chiude nella genealogia domestica, nell'album di famiglia, ma costruisce un mosaico di storie.

E' il primo libro che leggo sulla Beirut di questi anni, ma che mi racconta anche i "viaggi della memoria" in paesi dove solo il vuoto, il deserto, può dire qualcosa di quello che è stato. Meno convincenti, a mio parere, le pagine sul padre, dure senza essere necessarie. Anche se, va detto, Gad Lerner su questo è fin dall'inizio franco e diretto, senza possibilità di equivoci. E la sincerità merita sempre.

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...