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giovedì 3 gennaio 2013

Walter Raleigh, una vita dalla gloria al patibolo

Più che vera letteratura è uno scritto di propaganda, o se volete un tentativo riuscito di apologia. Però La vita e le imprese di Sir Walter Raleigh è un altro di quei libriccini che, pubblicati da Sellerio nella sua inconfondibile collana blu, riesce a regalarci due ore di piacere e riflessione.

Propaganda piuttosto che letteratura, però attenzione all'autore: Daniel Defoe, il padre letterario di Robinson Crusoe c'è tutto.

C'è in questa manciata di pagine che raccontano la vita straordinaria, dalla gloria al patibolo, di colui che è stato definito l'ultimo elisabettiano.

C'è nelle imprese di questo uomo che, prima di finire giustiziato a casa sua, riuscì ad abbracciare terre pressoché ignote e orizzonti che si schiudevano ai più intraprendenti degli europei: dall'America - e fu proprio Walter Raleigh a fondare la prima colonia inglese, la Virginia - all'Africa.

C'è nella fame di mondo che fu anche di Defoe: una fame da placare non con gli eserciti, ma con le scoperte, i commerci, gli affari (più o meno decenti, questo è vero).


E dunque non sarà un capolavoro, questo libriccino: ma qui dentro c'è tutta un'epoca, c'è tutto un sogno che, con questa intensità e anche con questa coerenza, non è più toccato in dono all'uomo.

lunedì 23 luglio 2012

Quei libri che si perdono nella pianura

 La domanda "cos'è un lettore?" è anche la domanda su come giungono i libri a chi legge, su come viene raccontato l'incontro coi testi.


Libri trovati, prestati, rubati, ereditati, saccheggiati dagli indios, salvati dal naufragio (come la copia della Bibbia e i libri in portoghese che Robinson Crusoe - di cui sappiamo che visse alcuni anni in Brasile - recupera tra i resti della nave affondata e che porta con sé sull'isola deserta), libri che si allontanano e si perdono nella pianura.

W.H. Hudson, uno dei migliori scrittori in lingua inglese del XX secolo, ricordava così la sua giovinezza nella campagna argentina: "Romanzi non ne avevamo Quando ne arrivava uno a casa veniva letto e prestato al nostro vicino più prossimo, a circa due leghe da casa, e lui, a sua volta, lo prestava ad un altro ad altre sette leghe di distanza, e così via, fino a quando non scompariva nello spazio". 

(Ricardo Piglia, L'ultimo lettore, Feltrinelli)

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...