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martedì 31 luglio 2018

L'impresa del professore e del pazzo

Ci vogliono libri così, che raccontano storie secondarie, apparentemente buone solo per una rivista molto specialistica o per una nota da archivio storico, solo che dentro di esse batte forte la vita. Certo poi ci vuole qualità di scrittura e con essa la capacità di non girare a vuoto, grazie alla spinta della curiosità, al desiderio di scoprire e di raccontare, ma ecco, contro ogni previsione può succedere: il libro su cui non avresti scommesso ti appassiona come un grande romanzo. 

Questo è quanto mi è capitato con Il professore e il pazzo di Simon Winchester (Adelphi), autore che peraltro mi aveva già accompagnato con grande piacere per i misteri della Cina o per le distese dell'Atlantico. Questa volta l'impresa sembrava meno agevole e più discutibile, benché in effetti porti dentro quella che un'impresa è stata davvero: la redazione del mitico Oxford English Dictionary, monumento inarrivabile della lingua inglese, di cui ambisce a racchiudere l'intero universo di parole. 

Impresa, certo, a cui raramente mi è stato dato di pensare. Quale lavoro enorme c'è dietro un dizionario o un'enciclopedia? Quanta frustrazione riserva l'accumulo di una conoscenza che non finisce mai? 

E tuttavia dentro questa impresa si nasconde anche una storia meravigliosa. Buona per un grande romanzo, appunto. La storia della relazione tra James Murray, curatore del dizionario, e il suo principale collaboratore. Detta così non suona particolarmente accattivante, fatto sta che questo collaboratore è solo una firma - W.C. Minor - con un passato ingombrante di cui Murray non ha il minimo sospetto: è un americano impazzito durante la Guerra di Secessione, a Londra ha ammazzato un passante, ora è rinchiuso in un manicomio criminale ed è da lì che invia migliaia e migliaia di voci alla redazione del dizionario. 

Solo dopo molto tempo, quando deciderà di incontrare il suo prezioso collaboratore, Murray scoprirà la verità: e invece di ritrarsi scandalizzato si aprirà a un'amicizia contro tutti i pronostici, nell'Inghilterra dei pregiudizi vittoriani. 

Murray, certo, anche lui un tipo particolare: scozzese di origine modeste, autodidatta, sin da bambino dominato da una fame di conoscenza come una malattia cronica. Però non fino al punto di smarrire se stesso.

Che storia, che è questa, di umanità che si riconosce. E di imprese che vanno avanti solo grazie a chi non ti aspetti, uomini ai margini dei luoghi comuni. 

mercoledì 22 ottobre 2014

Nel mondo, dopo aver navigato sul fiume al centro del mondo

Tutte le auto, i treni, le navi e gli aerei che avevo prenotato per i giorni successivi avrebbero continuato a portarmi nella stessa direzione conducendomi di nuovo a Shangai dove il mio viaggio avrebbe avuto termine.

Allora, assieme al fiume, mi sarei spinto oltre la Barriera di Woosung e la sua rossa boa, avrei passato il faro sfavillante e l'enorme boa di navigazione che stava proprio oltre il punto che un tempo era chiamato Capo Nelson. 

Presto, ancora una volta, sarei stato in pieno oceano, sulla via del ritorno per ricongiungermi con il resto del mondo.

Sarei tornato nel mondo, dopo aver navigato il fiume che sta proprio nel centro del mondo.

(Simon Winchester, Il fiume al centro del mondo, Neri Pozza)

lunedì 20 ottobre 2014

Il fiume al centro del mondo

Una Cina priva di un tale immenso corso d'acqua è quasi impossibile da immaginare.

E' il Fiume Azzurro, anche se di azzurro ha davvero poco. O piuttosto il Fiume Lungo, nome assai più comprensibile, visti gli oltre 6 mila chilometri dal Tibet a Shangai, attraverso lo sterminato continente asiatico. E anche, e più semplicemente, il Fiume: così, per antonomasia.

In cinese, è lo Yangtze: e per noi è poco più di una reminiscenza geografica dei tempi della scuola. Difficile, in ogni caso, essere pienamente consapevoli dell'importanza di questo fiume, cuore della storia e della civiltà della Cina (e quindi, tenendo a freno le nostre visioni eurocentriche, anche del mondo).

Forse non sarebbe stato così, senza quella spettacolare inversione di rotta di cui lo Yangtze è protagonista a sorpresa, con le sue acque che dopo una corsa di milleseicento chilometri incontrano la Montagna della Nuvola. Unico tra tutti i grandi fiumi che, nati dalle grandi montagne asiatiche, non si dirige al sud, ma punta a est, ancora più a est, senza sottrarre alla Cina una solo goccia d'acqua.

Viene da pensare che proprio quelle rocce su cui si infrange lo Yangtze siano l'ombelico del mondo, il luogo in cui si è decisa un bel po' della nostra storia. Ed è questa la sensazione che mi ha lasciato il bel libro di Simon Winchester, Il fiume al centro del mondo (Neri Pozza). Titolo davvero eloquente, per un viaggio straordinario, raro, imprevedibile.

Un viaggio a ritroso, dalla foce alle sorgenti. Verso le prime acque del Tibet, verso ciò che c'è stato prima di noi. Forse prima anche della stessa Storia, con i suoi disastri, le sue vergognose tragedie.


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