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venerdì 26 ottobre 2012

Manoscritti e abbagli delle case editrici

Si sa, l'italiano è in genere popolo più di autori che di lettori, meglio disposto a produrre libri che ad acquistarli. E' per questo che non si contano i manoscritti rifiutati o che rimangono senza risposta da parte delle case editrici, per lo meno senza una risposta che non sia magari solo un modulo prestampato.

E purtroppo è giusto che sia così, perché i tempi e i costi sono tiranni, perché l'editore deve poter scegliere, perché è sempre meglio in questo modo che tentare la scorciatoria dell'editoria (editoria?) a pagamento...

Però per tutti coloro che si sono visti rifiutare un manoscritto, magari in malo modo, può essere una parziale consolazione la lettura di Siamo spiacenti di Gian Carlo Ferretti (Bruno Mondadori).

Quante sorprese, quante delusioni. Pensate a Gli indifferenti di Moravia, rifiutato perché si trattava solo di una nebbia di parole. O di Conversazione in Sicilia di Vittorini che sembrava non potesse reggere come un romanzo a sè. Per non parlare di capolavori come Il Gattopardo o Lolita.... o di straordinari intellettuali come Italo Calvino, che in qualità di editor si lasciarono scappare libri che oggi si leggono anche a scuola. E che dire di Se questo è un uomo che Primo Levi riuscì a pubblicare solo per una piccola casa editrice, con tiratura limitata, dopo che Einaudi se lo era lasciato scappare una prima volta?

Quanti abbagli, nella storia della nostra editoria. Ed è giusto che sia così. Con qualche rimpianto per un'epoca in cui almeno prima si leggeva. E le decisioni le prendevano persone come Italo Calvino, mica gente esperta solo di marketing.


sabato 11 giugno 2011

Se il titolo del libro è tutto o quasi

"Sinceramente - mi disse un editor - non credo che molti americani vorrebbero farsi vedere in giro con un libro con su scritto PERDENTI"
Agli editori europei, invece, il titolo piace. E da questo siete liberi di dedurre ciò che volete sugli europei

E in effetti questa è una bella cartina tornasole delle differenze tra le due culture, americana ed europea. Però con queste righe Paul Collins - autore di Al paese dei libri - intende parlarci dei titoli. Che sembrano niente e possono essere tutto. Che decretano il successo di un'opera o la condannano all'anonimato. Che sono sempre e comunque uno dei compiti più improbi e delicati per chi è chiamato a pubblicare qualcosa.

Il giornalista lo sa bene, tanto che quasi sempre prima si spreme le meningi per il titolo e solo dopo, in genere, scrive il relativo articolo. Figurarsi un editore o un direttore di collana.

Scrive Paul Collins:

Ogni titolo è un compromesso. Non può essere troppo astruso, altrimenti in libreria nessuno capirà cos'è. Ma non può neanche essere troppo ovvio, perché se no ci sarà di sicuro un precedente, specialmente se si è gli ultimi arrivati nella storia della letteratura

Sostiene Collins che a forza di citazioni hanno spolpato perfino Shakespeare, lasciando solo congiunzioni e articoli. Sostiene Collins che il campione mondiale dei titoli è Tibor Fisher - autore tra l'altro di Non leggete questo libro se siete stupidi - e che lui se lo immagina come uno che sbraita alle conferenze urlando "E ringraziate che è il mio romanzo!". Sostiene Collins che si inizia con il titolo, ma bisogna preoccuparsi anche di quello che c'è dopo:

Certi libri vivono il loro momento di gloria nel frontespizio: dopo si va a scendere

E io concordo.

venerdì 27 maggio 2011

King, Carver, e quello che si farebbe per pubblicare

Il talento dello scrittore spesso gira su se stesso in modo innocente, ma gli scrittori le cui opere rilucono di introspezione e mistero nel loro privato spesso sono dei mostri ordinari

Fa effetto leggere su un giornale Stephen King che scrive di Raymond Carver, perchè Stephen King pare che su un giornale possa essere solo un argomento. Ma poi come si fa a non leggerlo? Come si fa a non inseguire la storia di Carver, questo mostro ordinario che sembrava vivere solo per perdere ogni occasione e bere fino alla morte?

Parlare di Raymond Carver oggi significa parlare anche del suo editor, Gordon Lish, che pare abbia imposto ai manoscritti cambiamenti tali da cambiare anche la sua pelle di scrittore, da proporre al mondo dell'editoria un altro scrittore (e non che l'altro, quello vero, non fosse bravo, ci mancherebbe). Fu un passaggio obbligato, accettare quei cambiamenti tramite i quali Carver divenne il grande minimalista della letteratura americana. Obbligato, perché Lish deteneva il potere di accedere alla pubblicazione.

Si chiede Stephen King:

Qualsiasi scrittore si sarà chiesto che cosa avrebbe fatto o farebbe in analoghe circostanze. Di certo, a me è capitato: nel 1973, prima che il mio romanzo fosse accettato per la pubblicazione, mi trovavo in difficoltà simili. Ero giovane, perennemente ubriaco, cercavo di mantenere moglie e due figli, scrivevo di notte, speravo in un'occasione.

Speravo in un'occasione. In fondo sta tutto in questa frase. E prima di tranciare giudizi: noi cosa faremmo, per aggrapparci a quell'occasione?


venerdì 17 dicembre 2010

L'uomo che per mestiere ascolta e non si mostra

Si deve ascoltare quello che si legge e sentire che la storia abbia una voce. La voce è il timbro, la cifra di un autore

Però, che bella l'intervista che su Repubblica Antonio Gnoli fa a Severino Cesari - un uomo che pochi sanno chi è e cosa faccia, perchè non è uno che semina in giro la sua firma, piuttosto è uno che per contratto lavora dietro le quinte. Un uomo che vive facendo l'editor, più precisamente l'editor della collana Stile Libero di Einaudi.

Faccio un mestiere invisibile, spiega Cesari, nell'intervista che mi piace già dal titolo: Il rabdomante di storie.

Quella di Gnoli non è intervista sulla collana, ma un'intervista all'editor, il professionista che non si vede, appunto, il professionista che deve mettere nel libro qualcosa che viene prima della tecnica e della scelta editoriale.

Difficile dire cosa sia. Probabilmente proprio questa capacità di ascolto. Questo sentire la storia, questo riconoscere la voce dell'autore.

Cos'è un editor? Per me è solo uno che legge e che ascolta ciò che legge. Non ci sono rfegole, discipline da seguire: c'è solo la tua mente che risuona di parole altrui

 Bello. Bello e invidiabile.

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...