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mercoledì 9 luglio 2014

Carlo Pisacane finalmente raccontato come si deve

Combatteranno con me tutti i dolori e tutte le miserie d'Italia.

Combatteranno e non riusciranno a imporre la loro verità, a manifestare la fame di giustizia di questo nostro paese. Combatteranno per andare incontro, quasi sempre, a disastri annunciati e a belle morti buone per il ricordo di chi verrà. Allo stesso modo dell'uomo che quelle parole le ha pronunciate, in una sorta di testamento che riguarda tutti noi.

Avevamo bisogno di una buona penna che ci ricordasse chi è stato Carlo Pisacane, che ci raccontasse di come è morto e prima ancora di come è vissuto questo ufficiale borbonico che le bizzarrie della storia ci hanno consegnato come il primo socialista italiano. L'abbiamo trovata, la buona penna intendo, in Emilia Sarogni, scrittrice che da tempo ci consegna personaggi che meritano attenzione e gratitudine.

L'amore. L'Italia. Il socialismo. Questo è  il sottotitolo della biografia pubblicata per le edizioni Spartaco. Tre parole che sembrano poter contenere una vita che invece, nei pochi anni a disposizione, tentò sempre di oltrepassare ogni confine dettato dalle convenienze e dal conformismo.

Emilia Sarogni questa vita la dipana con il rigore di studi scrupolosi, ma anche con la passione di chi sa che ha una grande storia da narrare, un personaggio che meriterebbe un romanzo definitivo. E no, non cede alla tentazione del romanzesco, agli effetti speciali. Semplicemente mostra, lascia che gli eventi parlino da soli.

E così ecco che in qualche modo ci siamo anche noi, a fianco di Carlo Pisacane. Magari mentre fugge da Napoli, non per una cospirazione fallita ma per amore della sua Enrichetta. Eccolo, mentre va incontro al suo destino, alla mattanza che più tardi entrerà nei versi della spigolatrice di Sapri - Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! 

E quasi non si vorrebbe proseguire per quelle pagine che raccontano di una sconfitta già scritta, di una morte fin troppo messa in conto, di una solitudine insopportabile, magari anche di quell'ultimo atto di generosità, l'ordine di non sparare sui massacratori.  

Quasi non si vorrebbe proseguire, tranne poi congedarsi con un pensiero che può essere anche un impegno: farà bene al nostro paese far conoscere Carlo Pisacane, raccontarlo ai ragazzi, nelle scuole, spiegare loro che non è solo un monumento, il nome di una strada.

venerdì 22 febbraio 2013

Miss Uragano, la donna che fece l'Italia

Fu cospiratrice al servizio di Mazzini, infermeria delle camice rosse in quasi tutte le campagne di Garibaldi, poi anche scrittrice e giornalista, corrispondente per alcune delle più grandi testate internazionali e, prima in Italia e tra le prime donne al mondo, anche inviata di guerra. Venerò Mazzini come maestro, si lasciò conquistare da Garibaldi come uomo e come eroe, ebbe come amici intimi personaggi del calibro di Agostino Bertani e Carlo Cattaneo, ma fu con un altro protagonista di quegli anni e di quelle battaglie, Alberto Mario, che intrecciò una lunga e travolgente storia di amore: forse la più bella del nostro Risorgimento, sbocciata in carcere e capace di durare fino alla morte.

Mi piace parlare di lei. Mi piace, non perchè devo parlare di un mio libro, ma perché questa figura di donna mi ha conquistato anni fa e ancora me la porto dietro. Come succede con le persone di cui racconto la storia finisco in qualche maniera per rivolgersi a esse con il tu, in un dialogo immaginario che non viene meno.

Il suo vero nome era Jessie White, ma tutti avevano imparato a chiamarla Miss Uragano, scherzando bonariamente sul suo carattere imprevedibile, sul suo barometro umorale in continua oscillazione, sulle sue uscite da pasionaria. Fra i tanti inglesi che nell’Ottocento offrirono un contributo alla causa italiana, lei fu quella che offrì di più: una vita intera, trascorsa soprattutto a Firenze, la città che scelse per vivere e per morire, ma anche a Pisa, Genova, Napoli, Palermo, Roma.

Nei suoi confronti l’Italia è stata senz’altro assai meno generosa. Oggi il ricordo di Jessie White è confinato solo a qualche studio specialistico. Pensare che la sua vita è come un romanzo, ricco di colpi di scena e passioni, dal tempo delle barricate e delle imprese dei Mille a quello delle proteste e del giornalismo impegnato, lei che è stata la prima donna in Italia a distinguersi per le grandi inchieste sul campo, per le testimonianze coraggiose sull’inferno delle carceri e dei manicomi, dei bassi napoletani e delle zolfatare.

La sua storia, tutta da raccontare, è anche la storia dell’entusiasmo che ha accompagnato l’Italia da fare e delle tante, troppe delusioni dell’Italia fatta. La storia del nostro paese, visto con lo sguardo di un’inglese particolarmente eccentrica.

E sempre più mi accorgo che guardare indietro è un buon modo per guardare ai nostri tempi e a volte anche per guardare avanti.

domenica 14 ottobre 2012

Sono granai di civiltà, le biblioteche

La politica italiana ci sta dicendo da anni che la cultura è un lusso che possiamo permetterci solo quando abbiamo risolto tutti gli altri irrisolvibili scompensi. 

Allora non appaia strano vedere oggi che le biblioteche cominciano a difendersi da sole e a chiamare a raccolta intorno a sé il pacifico popolo dei lettori. 

Non appaia strano nemmeno vederle tendere la mano ad altri operatori, anche se meno istituzionali come librai e associazioni, per difendere insieme il diritto alla lettura e la sua diffusione con qualunque mezzo. 

Per questo oggi a Napoli per il Bibliopride ci sarà anche la rete di Lìberos con tutti i bibliotecari sardi: ci collegheremo in diretta telefonica dall’altra parte del mare, consapevoli che dove non arriva la lungimiranza di una politica miope, sarà la nostra capacità di fare rete a salvare i granai dei libri e quello che rappresentano.
 

La gente del libro non è un mondo con il forcone in mano, ma essere miti non significa essere disposti a farsi cancellare come se si fosse privi di valore.

(da Michela Murgia, Salviamo le biblioteche. Sono i granai della civiltà, Repubblica 13 ottobre)

lunedì 12 marzo 2012

Erri De Luca e i libri da ragazzino

Esistono solitudini oceaniche, desertiche, montuose.


Per il mio caso evito la parola solitudine, per un sospetto di romanticismo, e preferisco dire isolamento. E' stata la mia pratica d'infanzia.


Intorno avevo la più fitta densità umana d'Europa, Napoli era sotto morso di tarantola e non serviva a niente chiudere finestre. L'insonnia di strilli, voci, suoni non aveva orario.


Ma nella stanzetta dei libri, sotto gli spalti e gli scaffali dove c'era il mio letto, si stava in un'ovatta di quiete. Ho saputo da bambino che i libri sono il miglior materiale isolante e li ho amati per questo.


Dietro le loro pagine non potevo essere raggiunto. Dovevano strapparmele di mano, perché non sentivo i richiami ch'era pronto a tavola. 

(Erri De Luca, L'isolamento coperto dai libri, La Repubblica del 18 febbraio)

mercoledì 1 settembre 2010

Erri de Luca e la felicità in agguato

E' così che fa uno scrittore? Non deve fare così. Lo scrittore dev'essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. Chi legge ha il gusto di quell'abbondanza che trabocca oltre lo scrittore

Sì, mi sa che è proprio così che fa uno scrittore, almeno uno scrittore capace di donarci libri così. Erri De Luca la domanda la pone, ma poi sa anche rispondere. Non solo in teoria, perché poi la vera risposta è questo libro nella sua interezza.

E' proprio così, Il giorno prima della felicità, l'ultimo libro di Erri De Luca che mi è capitato di leggere (non l'ultimo uscito): una storia che scappa da tutte le parti, appunto, una storia che è come un cucchiaino in una zuppiera di macedonia, che cala e raccoglie, ogni volta qualcosa di diverso.

E il gusto dell'abbondanza è il gusto di molte cose: frammenti di educazione sentimentale e storie di Napoli in guerra, odore di salsedine e giochi di carte, lame di coltello e partite in porta.

Eppure c'è qualcosa che indugia e lievita pagina dopo pagina: l'attesa del giorno prima, la felicità in agguato. Non si sa come, non si sa perchè. E' il popolo di Napoli che scende per strada e caccia i nazisti il giorno prima che arrivino gli Alleati. E' un ragazzo che aspetta la domenica e il suo sogno di bambino. E' l'amore che sfida la verità del sangue e non ha più paura di fiorire.

Di Erri De Luca non è nemmeno il libro più bello. Eppure lo cominci e la sua parola fa subito il suo lavoro. Evoca, risuona, colora. E non te ne stacchi più.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...