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mercoledì 5 agosto 2015

Giro d'Italia, nella provincia delle sorprese

Allora, la prima cosa che mi viene in mente, è che se attraversate una fase di (sacrosanta) depressione sulle sorti presenti e future del nostro paese, allora Viaggio al centro della provincia di Franco Marcoaldi è un buon antidoto: e non perché ci spacci sogni e illusioni quanto basta, no. Solo che è capace di farci guardare oltre le miserie della cronaca,oltre quello che comunque vediamo o ci fanno vedere di solito.

Ci sono diversi altri motivi per leggere Viaggio al centro della provincia.

In primo luogo, il suo autore non è un giornalista che intende raccontarci un'"altra" Italia, l'Italia che noi non vediamo, e nemmeno un viaggiatore di professione, per così dire. Franco Marcoaldi è semmai un poeta-reporter, con il suo sguardo curioso e incuriosito, che da subito diventa anche il nostro sguardo.

In secondo luogo, per raccontare un paese intero Marcoaldi si allontana dal centro e ci porta nella provincia, restituendole di per se stesso dignità. Provincia che va declinata al plurale, in tutte le sue differenze, nel bene e nel male. E che sia già possibile parlare al plurale è una buona notizia, no?

In terzo luogo, in questo giro di Italia da Belluno a Barletta, da Benevento a Carrara, da Enna a Vercelli, c'è tutta la bellezza del grande viaggio, del viaggio vero. E Marcoaldi lo spiega benissimo:

Se la parola viaggio è sinonimo di sorpresa e spaesamento, allora quello nelle province italiane è un viaggio a tutti gli effetti. Ben più di quanto spesso non accada con emte considerate, a pieno titolo, esotiche.

Dedicato a chi la parola viaggio procura allergie, se come minimo non si riferisce al Nepal.

In quarto luogo, senza cercare effetti speciali, Marcoaldi ha scavato e ha portato alla superficie un paese autentico, il cui cuore sfugge a governanti e ad addetti ai lavori:

Con umiltà e continuo senso di stupore, ho messo l'orecchio a terra nella speranza di raccogliere il ritmo di quel battito. 

C'è riuscito, e non è un caso che il nume tutelare di questa impresa sia stato il Piovene di Viaggio in Italia, 50 anni più tardi.

Richiudo questo libro e mi pare un faro che con la sua luce illumina una porzione di buio. Poi ciò che era in luce viene restituito all'oscurità. Però rimane la speranza che il giro si completi, che un'altra volta ancora si faccia luce.

giovedì 19 febbraio 2015

Szymborska, il miracolo e l'enigma in ogni cosa


La sua convinzione è che in ogni esperienza personale, anche la più apparentemente insignificante, siano nascosti un enigma e un miracolo.

Ovunque "sonnecchiano forze segrete" e la poesia "con l'aiuto di parole opportunatamente scelte riuscirà a risvegliarle". Facendo comunque attenzione ad abbordare di sbieco le questioni ultime dell'esistenza, come dimostra la celebre e meravigliosa poesia sulla morte del compagno di una vita, Konrad Filipowicz, vista attraverso gli occhi del suo gatto.

"Non so", così Szymborska esordisce nel discorso di investitura di Nobel. E proprio tale socratica ignoranza la spinge a fare domande senza trovare mai risposte.

Il suo maestro filosofico è Montaigne, il suo nume pittorico Vermeer, il suo fratello d'umorismo Woody Allen, che prova verso di lei un'ammirazione sconfinata.

(Franco Marcoaldi da Repubblica, Limpida, ironica Szymborska, i segreti di una poetessa popolare senza mai volerlo)


mercoledì 10 settembre 2014

L'Italia dell'altrove, ripresa dai margini

Ma sì, ci sarebbe un'idea quanto mai vaga di tornare a raccontare l'Italia meno italiana. Meno ovvia e meno vista. 

Un esperimento che già feci negli anni Ottanta, quando giravo con le corriere e andavo in posti minuscoli, sconosciuti, dove non va mai nessuno. 

Un'Italia dell'altrove, ripresa dai margini, dai confini. Raccontata in modo quanto più possibile semplice, elementare. Rasoterra.

 Ma ammesso e non concesso che io sia ancora in grado di accollarmi un compito del genere, capisco sempre meno per chi poi si scrivono quelle eventuali pagine. 

Gli editori, sa, si lamentano perché i miei libri non vendono abbastanza. Vorrebbero da me un romanzo ben strutturato, ordinato e pulito, mentre al contrario a me piace sparpagliare le parole, accettare il loro disordine creativo. 

Mi piace partire da una certa vaghezza, o da barbagli di luce, dal sentito dire, per poi concentrami e ascoltare le più diverse voci: interne ed esterne. E recuperare così l'idea della letteratura come pensiero anonimo e collettivo. 

Ma gli editori non vogliono queste cose, per loro sono all'antica. Loro vogliono l'ebook! Si, buonanotte!

(Gianni Celati, da un'intervista a Franco Marcoaldi su Repubblica)

giovedì 29 marzo 2012

Il poeta-reporter in viaggio nella provincia

Allora, la prima cosa che mi viene in mente, è che se attraversate una fase di (sacrosanta) depressione sulle sorti presenti e future del nostro paese, allora Viaggio al centro della provincia di Franco Marcoaldi è un buon antidoto: e non perché ci spacci sogni e illusioni quanto basta, no. Solo che è capace di farci guardare oltre le miserie della cronaca,oltre quello che comunque vediamo o ci fanno vedere di solito.

Ci sono diversi altri motivi per leggere Viaggio al centro della provincia.

In primo luogo, il suo autore non è un giornalista che intende raccontarci un'"altra" Italia, l'Italia che noi non vediamo, e nemmeno un viaggiatore di professione, per così dire. Franco Marcoaldi è semmai un poeta-reporter, con il suo sguardo curioso e incuriosito, che da subito diventa anche il nostro sguardo.

In secondo luogo, per raccontare un paese intero Marcoaldi si allontana dal centro e ci porta nella provincia, restituendole di per se stesso dignità. Provincia che va declinata al plurale, in tutte le sue differenze, nel bene e nel male. E che sia già possibile parlare al plurale è una buona notizia, no?

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