Visualizzazione post con etichetta Erich Maria Remarque. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Erich Maria Remarque. Mostra tutti i post

domenica 11 agosto 2013

Del loro mondo non sopravviveva più nulla

Mentre essi continuavano a scrivere e a parlare, noi vedevamo gli ospedali e i moribondi; mentre essi esaltavano la grandezza del servire lo Stato, noi sapevamo già che il terrore della morte è più forte.

Non per ciò diventammo ribelli, disertori, vigliacchi – espressioni tutte ch'essi maneggiavano con tanta facilità; - noi amavamo la patria quanto loro, e ad ogni attacco avanzavamo con coraggio; ma ormai sapevamo distinguere, avevamo ad un tratto imparato a guardare le cose in faccia. 

E vedevamo che del loro mondo non sopravviveva più nulla.

Improvvisamente, spaventevolmente, ci sentimmo soli, e da soli dovevamo sbrigarcela.

(da Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, Oscar Mondadori)

venerdì 26 luglio 2013

La meglio gioventù di Erich Maria Remarque

Questo libro non vuol essere né un atto d'accusa né una confessione. Esso non è che il tentativo di raffigurare una generazione la quale - anche se sfuggì alle granate - venne distrutta dalla guerra.

Ecco, comincia così, con questa premessa che è molto più di una premessa, uno dei libri più importanti, più conosciuti e più citati sulla Grande Guerra: Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque.

Sono contento di averlo riletto dopo tanti anni, se non sbaglio decisamente di più degli anni che separarono la prima dalla seconda guerra mondiale. Sono contento, e non solo perché scriveva splendidamente questo scrittore, che in realtà si chiamava Remark, tedesco che per firmare le sue opere volle francesizzare il suo cognome (come a unire ciò che la guerra aveva tragicamente diviso).

Contento, perché mi erano rimaste solo vaghe reminiscenze, di quella lettura da adolescente o poco più: gli episodi più terribili dell'orrendo massacro, i corpi scempiati, gli urli di dolore, la morte in differita dei feriti, le spaventose perdite tra le file di ragazzi passati senza soluzione di continuità dalla scuola alla trincea. Ciò che in fondo era più scontato e più evidente.

Non avevo colto l'altra tragedia, al centro di questo libro. Quella di un'intera generazione nutrita di ideali e illusioni che svanirono con il primo morto. E che anche se scampò alle granate, come Remarque segnala in quelle prime parole, perse comunque il suo futuro e prima ancora, forse, il suo cuore.

Sappiamo soltanto che ci siamo induriti, in una forma strana e misteriosa, confessa a un certo punto il protagonista. Ci sono ferite di guerra che non lasciano segni solo nel corpo e che nemmeno una lunga pace rimarginerà facilmente.

Un'immagine su tutte. I vecchi compagni di scuola che si affollano intorno al letto dell'amico morente pensando a impadronirsi dei suoi stivali. Forse era la meglio gioventù. E dopo?



sabato 20 luglio 2013

Non può essere del tutto scomparsa, quella tenerezza

Ma forse anche questo che penso non è che malinconia e smarrimento; forse svanirà quando sarò sotto i miei pioppi, e ascolterò il mormorio del loro fogliame.

Non può essere del tutto scomparsa, quella tenerezza che ci turbava il sangue, quell'incertezza, quell'inquietudine di ciò che doveva giungere, i mille volti dell'avvenire, la melodia dei sogni e dei libri, il fruscio lontano, il presentimento della donna.

Non può essere scomparso tutto questo sotto il fuoco tambureggiante, nella disperazione, nei bordelli di truppa.

(da Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, Oscar Mondadori)

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...