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martedì 12 novembre 2013

Mankell, non solo noir: un ponte per l'Africa

Anni fa ho scritto una piéce intitolata Lampedusa.

Non capisco perché ci vogliano centinaia di morti prima che qualcosa cambi davvero, prima che si rifletta seriamente sull'immigrazione.

Quella di Lampedusa non è una questione italiana, ma dell'Europa tutta. 

Dove sono gli intellettuali? Dove sono i giovani? Vogliono solo diventare idoli della tv? Perché fino a oggi c'è stato silenzio? 

La cosa migliore che potremmo fare in questo momento è costruire un ponte che si colleghi all'Africa.

(Henning Mankell, da un'intervista di Dario Pappalardo su Venerdì di Repubblica)


giovedì 27 giugno 2013

Che ne sarebbe stato della storia, a smettere di leggere?

L'altro giorno ero nella fase finale della lettura dell'ennesimo mastodontico giallo svedese - libri che da qualche tempo prediligo per la loro lussuosa lentezza. 

Dopo quelli di Henning Mankell, ora sto dedicandomi a quelli di Stieg Larsson. Dovevo lavorare (cioé scrivere, lavoro reso difficilissimo dalla quasi totale assenza di un capufficio), ma me la godevo troppo a continuare a leggere il giallo svedese, a lasciare scorrere il tempo senza fare nient'altro che quello, continuare a seguire la storia dei personaggi che erano in quel momento la mia famiglia e i miei amici. 

E improvvisamente mi è venuta per la prima volta l'idea che non era vero che non stavo facendo niente, e non era vero nemmeno che ero da solo mentre leggevo. 

Ho pensato anzi che leggere sia un benefico e generoso lavoro collettivo, o comunque fatto anche per gli altri, come i riti e le preghiere. 

Avevo l'idea che il mio leggere facesse andare avanti il mondo, che in qualche modo lo tenesse in piedi, e comunque tenesse in piedi il mondo del libro che stavo leggendo. Senza di me, cioé se avessi smesso di leggere, che ne sarebbe stato della storia e dei suoi personaggi?

(da Beppe Sebaste, Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne, Contromano Laterza)

martedì 18 dicembre 2012

Se il mio leggere fa andare avanti il mondo

L'altro giorno ero nella fase finale della lettura dell'ennesimo mastodontico giallo svedese - libri che da qualche tempo prediligo per la loro lussuosa lentezza. Dopo quelli di Henning Mankell, ora sto dedicandomi a quelli di Stieg Larsson. 

Dovevo lavorare (cioé scrivere, lavoro reso difficilissimo dalla quasi totale assenza di un capufficio), ma me la godevo troppo a continuare a leggere il giallo svedese, a lasciare scorrere il tempo senza fare nient'altro che quello, continuare a seguire la storia dei personaggi che erano in quel momento la mia famiglia e i miei amici. 

E improvvisamente mi è venuta per la prima volta l'idea che non era vero che non stavo facendo niente, e non era vero nemmeno che ero da solo mentre leggevo. 

Ho pensato anzi che leggere sia un benefico e generoso lavoro collettivo, o comunque fatto anche per gli altri, come i riti e le preghiere. 

Avevo l'idea che il mio leggere facesse andare avanti il mondo, che in qualche modo lo tenesse in piedi, e comunque tenesse in piedi il mondo del libro che stavo leggendo. 

Senza di me, cioé se avessi smesso di leggere, che ne sarebbe stato della storia e dei suoi personaggi?

(da Beppe Sebaste, Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne, Contromano di Laterza)

lunedì 25 luglio 2011

Norvegia, il buio oltre il sole di mezzanotte

Il cuore gonfio, certo, pensando a quell'isola della Norvegia trasformata in uno spaventoso mattatoio. Ma anche tante domande per la testa, soprattutto una, che so che è anche la vostra: possibile, nella civilissima Norvegia, dove anche i poliziotti girano disarmati? In questa Scandinavia dove magari non vorremmo abitare per il clima, ma invidiare invidiamo, come no, per quanto è ordinata, pacifica, tollerante?

Poi penso ai gialli della Scandinavia, a questo tormentone dell'editoria mondiale, perché sembra che oggi un giallo per vendere debba per forza arrivare dal grande Nord.  E penso.... penso che oltre la moda c'è davvero altro.

Penso a Henning Mankell e al suo Delitto di mezza estate, a quei giovani assassinati la notte del solstizio in una macchia isolata di un bosco. Penso che la Norvegia è presumibilmente l'unico paese del mondo ad avere un (ex) ministro della giustizia, Anne Holt, autore di noir di grandissimo successo. Penso a Stieg Larsson che prima di affermarsi con la sua Trilogia aveva lavorato per anni a inchieste sul neonazismo in Scandinavia....

Afferma Gabriele Romagnoli in un bellissima pagina pubblicata domenica 24 su Repubblica (Il lato noir del sole di mezzanotte. Nei libri il presagio dell'altra Norvegia)

Eppure. Eppure bastava abbassare gli occhi sulle pagine di uno dei libri ambientati proprio lì per trovarsi in un mondo completamente diverso

I gialli scandinavi, si sa, sono più atmosfera che trama. E l'atmosfera non vive solo della luce nordica, delle distese della Lapponia, dei laghi della Carelia... Vive anche del contrasto tra una superficie bianca, e quello che si muove sotto, torbidamente nero.

Scrive ancora Romagnoli:


La funzione della letteratura noir è spesso questa: sporcare le illusioni. Se possibile, ammazzarle

Sempre meglio di un risveglio così. Di un risveglio di sangue.

giovedì 9 dicembre 2010

Quando leggere tiene in piedi il mondo



A volte ci sentiamo persino in colpa, quando sottraiamo tempo al nostro tempo (ma che significato ha il nostro tempo?) per consegnarlo alla lettura. Può far bene, allora, leggere queste parole di Beppe Sebaste, scovate in un libriccino bello e singolare (Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne) di cui nei prossimi giorni intendo parlare. Ma intanto questo passo.

L'altro giorno ero nella fase finale della lettura dell'ennesimo mastodontico giallo svedese - libri che da qualche tempo prediligo per la loro lussuosa lentezza. Dopo quelli di Henning Mankell, ora sto dedicandomi a quelli di Stieg Larsson. Dovevo lavorare (cioé scrivere, lavoro reso difficilissimo dalla quasi totale assenza di un capufficio), ma me la godevo troppo a continuare a leggere il giallo svedese, a lasciare scorrere il tempo senza fare nient'altro che quello, continuare a seguire la storia dei personaggi che erano in quel momento la mia famiglia e i miei amici. E improvvisamente mi è venuta per la prima volta l'idea che non era vero che non stavo facendo niente, e non era vero nemmeno che ero da solo mentre leggevo. Ho pensato anzi che leggere sia un benefico e generoso lavoro collettivo, o comunque fatto anche per gli altri, come i riti e le preghiere. Avevo l'idea che il mio leggere facesse andare avanti il mondo, che in qualche modo lo tenesse in piedi, e comunque tenesse in piedi il mondo del libro che stavo leggendo. Senza di me, cioé se avessi smesso di leggere, che ne sarebbe stato della storia e dei suoi personaggi?

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