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mercoledì 27 gennaio 2016

Nel Giorno della Memoria, ricordando Margherita Hack e la professoressa Enrica

L'ho vista cacciare dalla scuola da un giorno all'altro a causa delle leggi razziali. Questo mi ha aperto gli occhi su cosa può fare una dittatura.

Ecco, Margherita Hack, la grande astrofisica, ricorda così la sua professoressa al liceo, donna innamorata di scienza che ha tanti ha trasmesso l'amore della scienza.  La professoressa Enrica Calabresi. Una donna minuta e taciturna, segnata profondamente dal dolore. Una scienziata cacciata dalla ricerca e dall'insegnamento perché ebrea.

Della sua professoressa - la cui storia racconto in Un nome (Giuntina) - Margherita Hack ha parlato diverse volte, con una fedeltà che trovo commovente. Lei, la scienziata affermata. Vi segnalo in particolare una conversazione con Daniela Gross pubblicata su Pagine ebraiche, con un titolo che forse è la cosa più bella: Ho scelto la libertà nel nome di Enrica.

Margherita Hack incontrò per l'ultima volta la sua professoressa in una via del centro di Firenze, quando ormai si era scatenata la grande caccia all'ebreo. Mi parve un animale braccato. Di lì a poco l'arrestarono e si suicidò nel carcere di Santa Verdiana, alla vigilia di quel treno che la avrebbe dovuto consegnare ai forni di Auschwitz.

Di Enrica Calabresi fino a qualche anno fa era rimasto solo il nome, che non era facile collegare nemmeno all'orrore delle persecuzioni razziali. Sono contento di aver scritto un libro su di lei. Sono contento che Margherita Hack ci abbai dimostrato che scrutare le stelle non è un buon motivo per ignorare le storie degli uomini.

I professori che valgono hanno sempre buoni allievi. E viceversa.

venerdì 27 giugno 2014

Quando l'astronomia diventa un viaggio per tutti

Questo non è un libro di astronomia. O per lo meno non è un libro di astronomia come gli altri. Certo, di astronomia si parla e tanto, ma si parla anche di altro. Di una cosa, in particolare, la mia vita.

Mette le mani avanti, Emiliano Ricci, all'inizio di I viaggi dell'Orsa Maggiore. Alla scoperta delle stelle e dell'astronomia (edizioni Scienza Express). E forse è proprio per due righe così che mi sono avventurato in questo libro, senza temere di esserne respinto, da lettore allergico per partito preso alle cose di scienza.

Ho fatto bene, perchè Emiliano Ricci, da giornalista e divulgatore scientifico di ottima penna, riesce perfino a trasmettere qualche concetto scientifico a uno zuccone quale il sottoscritto. Però fa di più, Emiliano Ricci. Molto di più: trasmette una passione.

Lo fa parlando della sua vita. Raccontando una vita di passione che ha saputo trasformare in studio, lavoro, ricerca, e anche in affetti, in vita sociale, cosa questa assai meno scontata.

Quasi un'autobiografia, certo. Ma non di un Nobel, di uan star della scienza, piuttosto di una persona che in questa passione ha letto fin dall'inizio una sorta di destino. Era scritto nello stesso nome del padre, Sirio.

E allora ecco il babbo che lo porta a vedere le partite della Fiorentina e all'uscita dallo stadio gli parla delle stelle. Ecco il libro di Margherita Hack che gli cambia le vita e la solenne dichiarazione di intenti in salotto, mentre in tv c'è Canzonissima: babbo, mamma, da grande farò l'astronomo. Ecco le notti trascorse insieme con altri ragazzi conquistati dalle stelle, tra una birra e una partita a calcino, sempre con la giusta colonna sonora - e sempre, a degna conclusione, Watcher of the sky dei mitici Genesis, per sentirsi davvero, tutti insieme, "guardiani del cielo".

Ecco i viaggi - perché questo, a suo modo, è anche un libro di viaggi: l'Arizona che non è solo la terra dei Navajos di Tex Willer e di Vil Coyote (nostri comuni miti, adolescienziali e non) ma anche delle più entusiasmanti osservazioni astronomiche; le Hawaii dove non c'è scienziato che in laboratorio non custodisca una tavola da surf; e un lago dell'Austria dove arrivare in tempo per contemplare la meraviglia di un'eclissi, emozione che sta appena sotto all'emozione per la nascita di un figlio....

Eppure il viaggio più bello deve essere stato nella testa della gente, nel tentativo di incuriosirla e appassionarla ai fatti del cielo, perché l'astronomia non può, non deve essere cosa solo di scienziati un po' svitati. E allora questa è anche la storia dell'astronomia in strada, dei telescopi puntati da piazza della Signoria e da altri luoghi sacri della storia fiorentina. E' la storia di migliaia di persone i cui sguardi per la prima volta si sono davvero avvicinati alle stelle...

E fosse solo per questo, per questa passione viva per cui anche alla scuola dei figli ora chiamano Emiliano il "babbo delle stelle", per questa passione che non si è rinchiusa in un laboratorio ma ha acceso qualcosa perfino dentro il sottoscritto, ecco, anche solo per questo, merita leggere I viaggi dell'Orsa Maggiore: a costo di fare i conti perfino con una goccia di invidia.



domenica 27 gennaio 2013

Giornata della Memoria 2013: ricordando Enrica

Ricordando Enrica Calabresi, con un articolo di qualche tempo fa di Beatrice Manetti, su Repubblica

Un nome, nient' altro che un nome. 

Nel 1933, quando fu allontanata dall'università di Firenze, dove lavorava da diciannove anni, Enrica Calabresi non era che un nome su un foglio di carta. Non era che un nome nel 1938, quando le leggi razziali le tolsero l' incarico all' università di Pisa e il posto di insegnante al liceo Galilei. Era solo un nome, uno fra i tanti, nella lista degli ebrei fiorentini che i tedeschi pretesero dopo l' armistizio del ' 43. 

E solo come un nome, sbagliato per di più, comparve per l' ultima volta il 1 febbraio 1944, nell' elenco dei morti pubblicato dalla rubrica di stato civile della «Nazione». Anche per Alessandra Sforzi, la giovane ricercatrice della Specola che mezzo secolo dopo ha ritrovato le sue tracce nelle collezioni entomologiche del museo, Enrica Calabresi non era che un nome. 

Eppure è da lì che tutto è cominciato. Un nome di donna in un mondo di uomini, una scienziata nell' Italia degli anni Venti, una docente universitaria in un' epoca in cui per le donne era un miracolo anche solo frequentarla, l' università. E' così che la curiosità è diventata passione, la passione ricerca e la ricerca un dovere. 

Di quel dovere si è fatto carico infine Paolo Ciampi, giornalista e scrittore fiorentino, che ha setacciato archivi, cercato testimoni, intervistato ex allievi e parenti, per restituire a quel nome la sua storia, in un libro intitolato appunto Un nome e appena uscito per la Giuntina. Nella sua singolarità irripetibile, Enrica Calabresi è stata all' inizio per il suo biografo quell' "uno" che solo rende possibile comprendere l' enormità del genocidio degli ebrei. 

Una storia simbolo, che nella tragica consequenzialità delle sue tappe sembra poterle racchiudere tutte. Ma strada facendo la vita di questa donna timidissima e mite, che per tutta la vita ha usato il proprio talento come se non le appartenesse, ha cominciato a rivelare la sua eccezionalità. 

sabato 21 agosto 2010

Margherita Hack e la professoressa Enrica

L'ho vista cacciare dalla scuola da un giorno all'altro a causa delle leggi razziali. Questo mi ha aperto gli occhi su cosa può fare una dittatura.

Ecco, Margherita Hack, la grande astrofisica, ricorda così la sua professoressa al liceo, donna innamorata di scienza che ha tanti ha trasmesso l'amore della scienza.  La professoressa Enrica Calabresi. Una donna minuta e taciturna, segnata profondamente dal dolore. Una scienziata cacciata dalla ricerca e dall'insegnamento perché ebrea.

Della sua professoressa Margherita Hack ha già parlato diverse volte, con una fedeltà che trovo commovente. Lei, la scienziata affermata. Torna ora a parlarne in una conversazione con Daniela Gross pubblicata su Pagine ebraiche, con un titolo che forse è la cosa più bella: Ho scelto la libertà nel nome di Enrica.

Margherita Hack incontrò per l'ultima volta la sua professoressa in una via del centro di Firenze, quando ormai si era scatenata la grande caccia all'ebreo. Mi parve un animale braccato. Di lì a poco l'arrestarono e si suicidò nel carcere di Santa Verdiana, alla vigilia di quel treno che la avrebbe dovuto consegnare ai forni di Auschwitz.

Di Enrica Calabresi fino a qualche anno fa era rimasto solo il nome, che non era facile collegare nemmeno all'orrore delle persecuzioni razziali. Sono contento di aver scritto un libro, Un nome appunto, che racconta la storia di Enrica Calabresi. Sono contento che Margherita Hack dimostri ancora una volta che scrutare le stelle non è un buon motivo per ignorare le storie degli uomini.

I professori che valgono hanno sempre buoni allievi. E viceversa.

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