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mercoledì 15 luglio 2020

Tre uomini lungo il fiume (per non parlar di Molly)

Col grande Jerome erano i tre uomini in barca che discendevano il Tamigi (per non  parlare del cane). Ma qui a scrivere sono addirittura in tre - tre amici, tre sodali nella battaglia per i buoni libri - e insieme discendono non uno, ma due fiumi. E se il cane non è pervenuto, in compenso c'è Molly, improbabile furgoncino Volkswagen: forse negli anni Settanta l'ideale per puntare su Kabul, ora buono solo ad alimentare discussioni sulla convenienza della rottamazione.
 
Ecco, gli ingredienti sono questi, il libro non si chiama Tre uomini in furgone, ma Il fiume a bordo, ed è meglio così. Porta la firma di Mauro Daltin, Angelo Floramo, Alessandro Venier, esce per Bottega Errante e prima di tutto è un viaggio sentimentale, credo nel senso che in qualche maniera davano all'espressione Laurence Sterne e altri grandi viaggiatori del Grand Tour.
 
Allo stesso modo dentro c'è la curiosità, l'istinto della divagazione, la voglia di spremere lo spirito dei posti, la necessità di sottrarsi ai luoghi comuni, la smania di raccogliere storie, la tentazione di andare dietro alle ombre di chi non c'è più. 
 
E' così che ci si misura con la geografia, sia essa reale o immaginaria, forse ancora più reale perché anche immaginaria. E' così che i luoghi diventano il ricamo della Storia con la esse maiuscola. 
 
Ma in più i tre sono anche amici, partono e ritornano da buoni amici, dietro si portano buona cultura ma anche buon umore, voglia di chiacchiera e sete da osteria. Forse questo non fa Grand Tour, ma aiuta. 
 
Ci sono persino frasi fulminanti, in questo libro, per esempio sul mistero dell'acqua che nasce dalla roccia e sulle sorgenti che non hanno rive e quindi nemmeno rivali. Ci sono momenti in cui il fiume dietro casa diventa il fottutissimo Mekong, con tanto di colonnello Kurtz e di cuore di tenebra in attesa. Ci sono strani personaggi, quale l'Ulisse nostrano che tira di briscola e il pastore di api. Più Molly, ovviamente, eroica e disperante, vai a sapere se arriverà fino in fondo.
 
E ci sono i due fiumi, ovviamente. Dimenticavo, i due fiumi che sono un'idea di nord-est, di un mondo tra le montagne e il mare, tra l'Italia e i Balcani. Il Tagliamento più l'altro che nasce femmina in Slovenia -  la Soča - e si fa maschio varcato il confine - l'Isonzo.
 
Non li conosco come vorrei conoscerli, i due fiumi, ancora di più dopo questo libro. In queste pagine però ho viaggiato in qualche modo insieme ad Alessandro, ad Angelo, a Mauro. Su Molly avrei voluto essere anch'io, se non altro nel bagagliaio. Meglio così, per Molly e per i tre uomini a bordo. 
 

venerdì 3 aprile 2020

Quando si viaggia nell'infinito di una camera

Tutta l'infelicità degli uomini deriva da una sola causa: dal non saper restarsene tranquilli in una camera.

Blaise Pascal la vedeva così, e se si condividesse il suo terribile giudizio certo riusciremmo a controllare ogni tentazione di viaggio. Da parte mia sono convinto che la disgrazia non sia viaggiare, ma  piuttosto proprio non saper restarsene tranquilli dove siamo. E ancora di più non saper viaggiare restandosene dove siamo.

Ragionamenti, ovvio, che acquistano un particolare significato in questi mesi in cui l'emergenza coronavirus pare aver annientato non ogni tentazione, ma ogni possibilità di viaggio. Pare, dico, perché appunto viaggiare non è mai solo una questione di chilometri o di distanze calcolate su un navigatore. 

Così, in questi tempi di forzata immobilità, è bello e tempestivo che l'editore Tarka riproponga Viaggio intorno alla mia camera, a mio parere il più grande classico del viaggio da fermo.

A scriverlo, negli anni della Rivoluzione Francese, Xavier de Maistre, fratello del ben più noto Joseph, uno dei più geniali e radicali reazionari dell'epoca. Lui però era fatto di un'altra pasta e certo non è entrato nella storia del pensiero politico. Era un giovane ufficiale, coraggioso e un po' guascone, che non si tirava dietro di fronte a imprese azzardate, come quando decise di sperimentare di persona l'invenzione dei fratelli Montgolfier. Il carattere ogni tanto lo metteva nei guai, un giorno un duello gli costò una condanna a 42 giorni di arresti domiciliari.

Fu in quella circostanza che fece alcune scoperte sensazionali: per esempio, che la stanza in cui era rinchiuso poteva essere larga come il mondo intero; che i pochi passi che gli erano concessi da una parete all'altra, unica variante la diagonale da un angolo all'altro, non erano poi troppo diversi da un vagabondaggio verso orizzonti distanti; e che in fondo bastava alimentare il fuoco del desiderio e della fantasia, per ricavare la luce delle parole. 

Erano gli stessi anni del Grand Tour, quasi un passaggio obbligato per i rampolli di famiglia nobile e benestante. Gli anni, anche, dei grandi viaggi di esplorazione alla James Cook. Quel giovane ufficiale agli arresti era già altrove. George Forster condensava i suoi quattro anni navigazione per gli oceani nel suo Viaggio intorno al mondo e lui alla parola mondo sostituiva nel titolo la parola camera.

Con il suo viaggio nel chiuso di una camera Xavier raggiunse il Laurence Sterne di Viaggio sentimentale, anticipò lo Chateaubriand del Parlo incessantemente di me stesso, con cui si dice comincia la moderna letteratura di viaggio.

E arriva fino a noi, in questa primavera surreale dove possiamo contare solo sul tappeto volante dei libri.





lunedì 15 luglio 2019

Viaggio sentimentale nelle strade perdute del mondo

Proviamo a mettere la geografia al servizio della storia, e non viceversa; e magari riusciremo a ritrovare qualcosa di noi che forse era perduto.

Ecco, a questo ci esorta Alessandro Vanoli, all'inizio del suo nuovo, ottimo libro, Strade perdute, uscito in queste settimane per Feltrinelli. Come se fosse il consiglio di un amico o meglio ancora di un compagno di viaggio, che sa bene che ciò che del viaggio conta non sono i chilometri macinati ma le storie raccolte e poi condivise.

Poi è lui stesso che si mette in viaggio, insieme nel tempo e nello spazio, e quasi non gli si sta dietro, è un viaggio da vertigine, un viaggio che parte prima ancora che cominci la nostra storia, nelle grotte dell'uomo di Neanderthal, per arrivare all'altro ieri, in quella Route 66 che, prima di cedere il posto alle grandi autostrade, è stato il simbolo delll'America sulle quattro ruote e insieme del viaggio verso Ovest, del commesso viaggiatore come del poeta beat. 

Viaggio sentimentale sulle vie che hanno fatto la storia, è questo il sottotitolo del libro, che oltre a evocare il capolavoro della letteratura di viaggio di Laurence Sterne ci restituisce la consapevolezza del viaggio quale esperienza che coinvolge la testa e il cuore. 

Pagine dove c'è lo storico, che sa bene che la storia discende anche da scelte e che non è mai male cambiare il punto di vista, passando per esempio dalle città alle strade che le città uniscono, dai confini di stato alle frontiere mobili che i mercanti e i pellegrini hanno sempre attraversato.

Pagine dove c'è il narratore che sollecita l'intelligenza e riscalda il cuore del lettore, si parli della discesa del Nilo - magari riandando persino al terrore adolescenziale per La Mummia di Boris Karloff - come degli antichi romani che si sono spinti fino in India, oppure sulle ferrove quali la Transiberiana che nell'Ottocento hanno reso meno lontani tanti luoghi del pianeta. 

Non siamo esseri in movimento? 

Così si domanda a un certo punto Alessandro e ovviamente la risposta, dovuta e doverosa, si vorrebbe scontata - sì, da sempre siamo esseri in movimento - benché oggi muri e amnesie la rimettano in discussione. Meno male che ci sono libri come questo, che sono già zaino leggero per una nuova partenza.

 

mercoledì 7 agosto 2013

La storia è acqua di mare raccolta in un bicchiere

Pensare, ricordare, vagabondare e mettere tutto in relazione: i segni della realtà esteriore con le storie piccole e grandi del mondo.

Eccola qui, la nuova frontiera della scrittura, forse capace di salvarci dal respiro corto di una narrativa in crisi e di andare oltre confini che prima sembravano invalicabili. Invenzione, trame, personaggi che vivono sola sulla carta? Piuttosto è il tempo della verità che si fa largo tra le pagine, con esperienze vissute e cammini intrapresi. E di scritture che sanno mettere insieme saggistica e narrativa, autobiografia e riflessione, viaggio, anche senza meta, ed esplorazione nella biblioteca universale.

Ma soprattutto non c'è più bisogno di una storia compiuta, con suo inizio e un suo epilogo, di un intreccio che si scioglie, di un enigma che si rivela, dell'ultima tessera che va al suo posto. Perché non è così la vita., che semmai è peregrinare, è istinto e casualità.

Di tutto questo si parla - molto bene - in un paginone centrale di Repubblica di qualche giorno fa, a firma di Cristiano De Majo, Scritture vagabonde. Addio trame, la letteratura diventa arte della divagazione.

Divagazione per cui sono indicati padri nobili quali il Montaigne dei Saggi e il Rousseau delle Fantasticherie del passaggiatore solitario (nell'elenco manca, mi pare, il grande Laurence Sterne), per arrivare ai nostri tempi con un grande come Sebald. E si racconta in particolare di un libro, The Faraway Nearby ("la lontana vicinanza") di Rebecca Solnit (credo non ancora tradotto in Italia), libro che è un flusso di pensieri, riflessioni, racconti, esperienze in cui ogni molecola d'acqua è collegata all'altra dando forma a un insieme che fa perdere le tracce dei singoli componenti. Libro da cui è prelevata questa frase:

La materia di una storia è come acqua raccolta dal mare in un bicchiere e poi di nuovo restituita al mare.

Che è esattamente ciò che penso e che vorrei tradurre nelle mie pagine.

venerdì 13 maggio 2011

Quando prima di Marx c'era Karl l'umorista

Non lo sapevo, e per me è stata una sorpresa, direi anche una piacevole sorpresa. Più o meno come scoprire che Giuseppe Mazzini poteva essere uno che non viveva solo di Verità e Giustizia, che frequentava i pub di Londra, beveva birra e suonava la chitarra.

Ma ancora di più con Karl Marx: perchè se c'è una persona che da sempre ho associato alla quintessenza di una serietà incapace di concedersi alla battuta è proprio lui, il fondatore del socialismo scientifico, il padre del materialismo storico presto ribaltato in dogma, un monumento già in vita figurarsi dopo.

Scopro invece con Michele Serra su Repubblica - Karl prima di Marx. Proletari di tutto il mondo divertitevi! - che la prima cosa scritta da colui che poi ci consegnò Il capitale fu in effetti un abbozzo di romanzo umoristico, più o meno ispirato al Tristram Shandy di Laurence Sterne.

Karl Marx umorista: e chi l'avrebbe detto?

Non credo che sia stata una grande prova narrativa. Però mi piace, come no, solo per il fatto che ci sia stata. Con buona pace di tutti gli impettiti sacerdoti ed epigoni dell'Idea, allergici solo al sospetto che nella fatica della Storia da fare ci potesse essere posto anche per un sorriso.

E bene fa Michele Serra a concludere con uno straordinario aforisma del grande Karl Kraus:


Il comico è solo il tragico visto di spalle

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...