Pensare che di lui conoscevo soltanto Detti e contraddetti, con i suoi aforismi secchi come fucilate. Di ben altre fucilate si parla in questo libro gigantesco, torrenziale, smodato, evidentemente scritto di getto per non sottrarsi all'orrore della guerra, anzi, per gridarlo forte, per gridarlo fuori del coro.
Non è un certo un libro di cui è facile parlare, Gli ultimi giorni dell'umanità di Karl Kraus (Adelphi). Storia tragica che, appunto ha per protagonista l'umanità, chiamata a rispondere alle conseguenze del suo errore-orrore, quella Grande Guerra che prima di tutto è una guerra del mondo contro Dio.
Scritto in forma di dramma, tutto dialogo in una sequenza di atti e di scene, tutto questo sarebbe ovviamente irrapresentabile in qualsiasi teatro del nostro pianeta. Lo scrive nella sua premessa lo stesso Kraus:
I frequentatori dei teatri di questo mondo non saprebbero reggervi.
Però attenzione a cosa Kraus aggiunge al rigo dopo. La capacità di sopportazione mica ha che vedere con la lunghezza. Piuttosto il fatto è che questo dramma:
è sangue del loro sangue e sostanza della sostanza di quegli anni irreali, inconcepibili, irraggiungibili da qualsiasi vigile intelletto, inaccessibili a qualsiasi ricordo e conservati soltanto in un sogno cruento, di quegli anni in cui personaggi da operetta recitarono la tragedia dell'umanità.
E con ciò è servita anche la provocazione. L'intelligenza di Kraus, affilata come una lama, è già all'opera. A noi non resta che leggere.
Non è un certo un libro di cui è facile parlare, Gli ultimi giorni dell'umanità di Karl Kraus (Adelphi). Storia tragica che, appunto ha per protagonista l'umanità, chiamata a rispondere alle conseguenze del suo errore-orrore, quella Grande Guerra che prima di tutto è una guerra del mondo contro Dio.
Scritto in forma di dramma, tutto dialogo in una sequenza di atti e di scene, tutto questo sarebbe ovviamente irrapresentabile in qualsiasi teatro del nostro pianeta. Lo scrive nella sua premessa lo stesso Kraus:
I frequentatori dei teatri di questo mondo non saprebbero reggervi.
Però attenzione a cosa Kraus aggiunge al rigo dopo. La capacità di sopportazione mica ha che vedere con la lunghezza. Piuttosto il fatto è che questo dramma:
è sangue del loro sangue e sostanza della sostanza di quegli anni irreali, inconcepibili, irraggiungibili da qualsiasi vigile intelletto, inaccessibili a qualsiasi ricordo e conservati soltanto in un sogno cruento, di quegli anni in cui personaggi da operetta recitarono la tragedia dell'umanità.
E con ciò è servita anche la provocazione. L'intelligenza di Kraus, affilata come una lama, è già all'opera. A noi non resta che leggere.
Che personaggio che era Ennio Flaiano e che torto che gli si fa a spacciarlo solo per il cesellatore di alcuni aforismi, che in realtà dicono già tutto: di lui, di noi, del nostro paese.
Era come la piena di un fiume, Ennio Flaiano, che tutto allaga e che su tutto lascia un segno.
Era uno che aveva la vista maledettamente lunga, perché, che dire di uno che già negli anni Settanta aveva sentenziato: Fra 30 anni l'Italia sarà non come l'avranno fatta i governi, ma come l'avrà fatta la televisione ... e non c'era ancora nemmeno l'ombra dell'uomo che con la televisione si fece governo...
Era l'uomo che ha forgiato un bel po' del nostro immaginario, Ennio Flaiano, basti pensare alle sceneggiature de La dolce Vita, de I vitelloni, di Vacanze romane.
Lo abbiamo scoperto troppo tardi - pubblicato per lo più postumo - come spesso capita in Italia con gli uomini che non hanno tessere e peli sulla lingua.
Ben venga dunque questo libro di Pascal Schembri (Un marziano in Italia, edizioni Anordest), difficile da etichettare, perché non è una raccolta di aforismi, non è un saggio critico, non è una biografia.
E' qualcosa che forse sarebbe piaciuto proprio a Ennio Flaiano: marziano in Italia, appunto, magari perché troppo impegnato a vivere, non a fingere.