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mercoledì 20 aprile 2016

L'Italia che torna alle cascine e alle masserie

Dalle serre della piana di Albenga alle coltivazioni di radicchio rosso di Chioggia, dalle risaie della Lomellina alle ciliegie della Puglia: c'è tutto questo nell'ultimo libro di Giorgio Boatti, che pure non è la solita guida ai buoni prodotti della tavola. E' qualcosa di più, di diverso, che spazia per le nostre campagne, ma guarda dentro la nostra storia; che ci permette di girovagare per l'Italia intera, ma che sa anche di viaggio interiore.

Il titolo dice già tutto: Un paese ben coltivato (Laterza). E che non sia nemmeno un saggio di scienze agrarie ce lo chiarisce definitivamente il sottotitolo: Viaggio nell'Italia che torna alla terra e, forse, a se stessa.

Boatti, certo, ormai è specializzato in viaggi che ci restituiscono una visione diversa dell'Italia. Lo aveva fatto con il suo girovagare per i monasteri della penisola, realtà di silenzio e raccoglimento che resistono malgrado tutto. E ora ecco un'altra Italia rispetto a quella che tante volte è stata raccontata in questi anni, l'Italia delle campagne abbandonate, della cementificazione, del cibo da fast-food.

Tra cascine e masserie, c'è un'Italia diversa che non solo sopravvive, ma che forse disegna l'idea di un futuro diverso: soprattutto quando sono i giovani che alla terra ritornano, con aziende che coniugano radici e innovazione.

Quel forse l'ho scritto e per cautela non lo cancello. Tanto un forse anche Boatti lo adopera, perfino nel sottotitolo. Ma val la pena di giocarsela, questa idea di futuro. Val la pena di raccontarla.

venerdì 9 gennaio 2015

Il sogno è questa terra che si fa grano

Mi considero un poeta religioso e politico, una categoria pericolosa: quegli uomini che, se individuano un obiettivo, fanno un gran casino e coinvolgono tutti quelli che avvicinano per raggiungere il sogno.

Che straordinaria figura che ci racconta Massimo Orlandi in La terra è la mia preghiera (Emi), storia di Gino Girolomoni, padre del biologico in Italia. Confesso: non ne avevo mai sentito parlare, nè avevo mai sentito parlare della storia del suo marchio, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Meglio così, se questo ora mi ha permesso di tuffarmi in queste pagine, con il piacere della sorpresa, direi quasi della rivelazione. Merito di Massimo Orlandi, che va oltre la tradizionale biografia, per raccontare una vita "dal di dentro", scavando tra emozioni e vocazioni. E merito ovviamente di Gino Girolomoni, personaggio a tutto tondo, capace di parlare ai cuori e di toccare molte corde diverse.

Perché qui non c'è solo il padre di un diverso modo di fare agricoltura, il fondatore della prima cooperativa del biologico, il precursore di scelte che oggi ci è facile fare anche tra gli scaffali di un supermercato. Qui c'è l'uomo che ha deciso di diventare contadino, in anni in cui solo la parola era una sorta di insulto, che ha scelto di tornare alla terra quando tutti ne scappavano. C'è il mistico che nella natura ha intuito significati riposti, l'archeologo che in Terra Santa ha cercato la verità della Bibbia. C'è l'intellettuale presumibilmente allergico a questa parola, e che pure a me pare che a questa parola restituisca significato pieno, lui che ha restituito a nuova vita un monastero abbandonato, facendone luogo di silenzio, ma anche di incontro, frequentato da personaggi come Guido Ceronetti, Sergio Quinzio, Massimo Cacciari, Alex Langer.

E c'è il sognatore, soprattutto il sognatore. Perché questo di Massimo Orlandi è in effetti un libro su un sogno.

Un libro che ci si insegna che ai sogni non solo è possibile, ma anche necessario dare gambe, per metterli in cammino nella realtà dei giorni. Sogni come le zolle di terra da cui spunta il nuovo grano. 

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...