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sabato 12 dicembre 2015

Dall'Afghanistan il coro greco delle madri straziate dalla guerra

Perché a raccontare le guerre sono solo gli uomini? E che cosa ricorderebbero invece le donne? Ne risulterebbe forse un'altra guerra, del tutto diversa?

Cosi si interrogava, già prima di essere un'autrice pubblicata, Svetlana Aleksievic, arrivata ora al Nobel la letteratura. Con il suo primo libro, molti anni fa, dette voce alle donne-soldato dell'Unione Sovietica, in una sconvolgente testimonianza della Seconda Guerra Mondiale. Libro che - senza spingersi fino a dare la parola al nemico - risultò troppo in contrasto con la retorica dell'allora stato socialista per non essere censurato e proibito per molto e molto tempo.

In Ragazzi di zinco (E/O edizioni) Svetlana si ripete. Punta l'attenzione in una guerra di cui ci ricordiamo assai meno anche se da essa sono discesi molti dei guai di cui ancora oggi soffre il nostro pianeta: il terribile conflitto che iniziò a fine 1979, con l'invasione sovietica dell'Afghanistan, per trascinarsi per un decennio, fino quasi alla caduta del Muro di Berlino.

Molti semi del fondamentalismo di oggi, molti orrori che allora non ebbero video postati in rete, appartengono proprio a quella guerra. Ma in queste pagine non si indulge alle descrizioni delle esecuzioni sommarie o dei corpi mutilati a spregio - anche se non mancano immagini terribili, come quella della bambina con le mani mozzate perché rea di aver accettato una caramella dal nemico.

Quello che conta è che Svetlana ancora una volta dà voce a chi non ha voce: alle reclute che partirono per una guerra a volte senza che nemmeno gli fosse detto, ai giovani idealisti che invece scelsero l'Afghanistan convinti di edificare così un pezzo di socialismo, ma soprattutto alle madri - chiamate semplicemente così: le madri - che da quella terra videro rimandare il corpo del proprio figlio sigillato in una cassa di zinco (di qui il titolo).

Bello, impressionante, straziante. La guerra raccontata come raramente è stato fatto. Con la moltitudine delle voci che si fa voce sola, unica, alta: la voce di un coro greco, potente e carico di dolore.

venerdì 30 ottobre 2015

Svetlana e le voci degli sconfitti della storia

Che cosa possedevano? Solo la fede in un avvenire radioso, e adesso non hanno neanche quella. Sono disposti a riuninciare a tutto, sono abituati a vedersi defraudare continuamente di qualche cosa. Ma c'è qui un mistero che inquieta: darebbero il loro ultimo pezzo di pane, la vita stessa, purché si rendesse loro la fede!

Con la mia stupefacente capacità di rimozione di titoli e nomi niente mi aveva rammentato l'annuncio a sorpresa del Nobel per la letteratura a Svetlana Alekviesic. E invece ecco qui, ci ho messo qualche giorno per mettere in fila tutto e per rammentarmi di un libro che anni fa un amico non solo mi aveva suggerito, ma anche regalato: come si fa con i libri veramente importanti, che si spera di condividere perché sono un pezzo di vita in cui riconoscersi.

Eccolo qua, Incantati dalla morte, edizioni E/O. Quando praticamente nessuno in Italia aveva mai sentito nominare questa scrittrice  (e giornalista) di lingua russa che già ci aveva raccontato l'inferno bellico dell'Afghanistan e quello nucleare di Cernobyl.

Ho ripreso tra le mani questo libro, l'ho sfogliato con qualche inquietudine per la mia amnesia, mi ci si sono rituffato dentro. Questa volta l'inferno raccontato non è quello di una guerra o di un disastro ecologico, ma di una generazione a cui sono state strappate identità, orgoglio, futuro. Gli uomini e le donne che, nell'ex Unione Sovietica, sono stati seppelliti sotto le macerie del socialismo reale, rottamati - loro davvero - da una storia che ha sterzato in un'altra direzione. Altro che sole dell'avvenire.

In questo romanzo di voci si raccoglie il loro punto di vista di sconfitti a cui è stato tolto tutto. Non erano i dirigenti e i massimi funzionari, bravi a riciclarsi, a reinventarsi nel nuovo poderoso corso delle cose.

Romanzo verità, romanzo a più voci, romanzo che racconta la storia attraverso le storie. Appassionante fin dai titoli di ogni capitolo-testimonianza. Per esempio: Storia raccontata da un giovane il quale ha capito che la vita è più Fellini che Bergman. Storia sull'impossibilità di disamorarsi delle marce militari. Storia di un uomo che non poteva essere felice.

Da leggere a mio parere insieme a Una generazione che ha dissipato i suoi poeti di Jakobson Roman, straordinario libriccino che non mi sono dimenticato. Ma questo, come ho fatto? Sarà per il titolo buono più per un thriller dei peggiori?


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