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giovedì 12 aprile 2012

Perché si dà un nome alla vetta della montagna

Così scriveva la grande scrittrice tedesca Christa Wolf a chi le chiedeva che cosa sanno fare, in effetti, gli intellettuali:


Sanno dare nomi alle cose.

Può sembrare poco, a me sembra molto, moltissimo. Tutto ciò che ci permette di guardare oltre, di scoprire un'altra possibilità di vita, di fare propria un'idea o una scoperta, alla fine ha a che vedere con questa capacità di dare nomi.

Mi è venuto in mente l'altro giorno, leggendo il libro di Mauro Bonciani su Amerigo Vespucci - Il fiorentino che inventò l'America, questo l'eloquente sottotitolo -  e che la inventò davvero perché a differenza di Cristoforo Colombo seppe comprendere che non si trattava delle Indie ma di un Mondo Nuovo (un Mondo Nuovo che pretendeva un nome nuovo): per cui l'America si chiama America e non Colombia.

Ci ripenso ora leggendo quanto Alessandro Baricco scrive su Repubblica a proposito della curiosa cricostanza per cui per molto tempo le vette della montagna non hanno avuto nomi.

La tanto sapiente gente di montagna dava un nome ai colli, ai passi, perché era utile darglieli, ma non era arrivata alla sublime astrazione di nominare vette su cui non era mai salita, poiché era inutile farlo. Solo quando in qualcuno insorse l'irragionevole istinto a salire là sopra, per il puro gusto di portare a compimento la Creazione, nacquero i nomi delle montagne. Lo stesso vale per la geografia più invisibile dell'umana sensibilità. 

Quel che è proprio degli intellettuali, che siano poeti o studiosi, è salire su vette apparentemente inutili del sentire umano e dar loro un nome.

Intellettuali o gente di montagna, non importa. Non sottovalutate mai il fatto di dare nome a ciò che prima taceva: ignorato o dimenticato che fosse.

martedì 10 aprile 2012

Lo scrittore che si uccise inseguendo Amerigo Vespucci

Rassegniamoci a constatare: il Vespucci era soltanto un uomo mediocre... Nondimeno l'America non deve vergognarsi del suo nome di battesimo. E' il nome di un uomo onesto.

Così scriveva di Amerigo Vespucci uno dei grandi scrittori del Novecento, Stefan Zweig, nel suo Amerigo (ristampato ora da Elliott). Scriveva così e ci restituiva per intero la straordinaria vicenda del mercante di Firenze che diede il nome  quel Nuovo Mondo che secondo logica avrebbe dovuto chiamarsi Cristoforia o Colombia.

Straordinaria vicenda, che ci dimostra che per scoprire non basta tracciare nuove rotte e toccare nuove terre, bisogna maturare nuove consapevolezze. Scoprire, anzi, significa dare nuovi nomi.

Però che storia anche quella di Stefan Zweig, che proprio a Amerigo volle dedicare l'ultimo suo libro, nel 1942, uomo (ed ebreo) in fuga dall'Europa in fiamme e dalle persecuzioni. In Brasile, dove aveva trovato rifugio, finì di raccontare il suo Amerigo e poi si uccise con il sonnifero.

Pare che fosse una bella giornata di sole. La data - il 22 febbraio - era la stessa della morte di Amerigo Vespucci, secoli prima. Vietato credere alle coincidenze. Come se quell'uomo mediocre, quell'uomo onesto gli fosse entrato dentro invitandolo all'ultimo viaggio.



lunedì 2 aprile 2012

Con Amerigo la scoperta è una parola

Non si tratta di un funerale di un ricco o di un nobile. Un funzionario qualunque del re è condotto all'ultima dimora, un certo Despuchy o Vespuche. Nella città straniera nessuno sospetta che si tratti dello stesso uomo che ha dato il nome alla quarta parte del mondo....

Così racconta Stefan Zweig, che alla storia dell'uomo che ha dato il  nome alla quarta parte del mondo dedicò il suo ultimo libro (Amerigo, ora ristampato da Elliot). E la storia - storia incredibile di equivoci, sorprese, riconoscimenti tardivi - sta tutta in quel nome.

Il nome dell'uomo che la gente non sapeva nemmeno come si chiamava, il giorno in cui fu seppellito in un cimitero di Siviglia. Il nome che dall'uomo si è trasferito a un intero continente, l'America, assegnando così una sorta di immortalità al mercante fiorentino che aveva viaggiato per conto del re del Portogallo.

Di Amerigo Vespucci parleremo molto in occasione dei 500 anni della sua morte e già sono usciti alcuni bei libri, come Il fiorentino che inventò l'America del giornalista Mauro Bonciani.

E più che di Vespucci forse avremo modo di parlare di questa parola, del suo incredibile viaggio attraverso il tempo e lo spazio per conquistare il suo posto nella geografia del pianeta.

Perché Amerigo Vespucci e non Cristoforo Colombo? Perché quest'ultimo aveva parlato di Indie raggiunte  buscando el levante por el ponente.

Amerigo invece aveva inviato una lettera a Lorenzo dei Medici, in cui aveva parlato di Mundus Novus, nuovo mondo.

E questa è forse la storia di ogni scoperta. Non è solo approdare per la prima volta in una terra. E' dare un nome a quella terra.

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