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lunedì 10 ottobre 2016

Tra Merlino e il Santo Graal, il romanzo all'inizio dei romanzi

Pensare che è il primo romanzo in prosa nella storia della lingua francese: roba, pare, a uso e consumo di appassionati di filologia, comunque di studiosi seri. Pensare che il titolo basta a destare un ovvio timore reverenziale. Il Libro del Graal: roba, è evidente, da malati di strani esoterismi.

Diciamolo pure, se non fosse stato per il mio viaggio di quest'estate in Galles e Cornovaglia, sulle orme di Re Artù e dei suoi cavalieri, da questo libro mi sarei tenuto ben alla larga. Diffidandone con tutto il cuore.

Però è così: sono tornato e ho deciso di dedicare questo autunno, forse anche l'inverno alle storie del Re dei Britanni, con tutto quello che ne discende: compresa l'estenuante ricerca del Santo Graal. Per questo mi sono imbattuto anche in questa opera di Robert de Boron, scrittore di Francia, anzi, di Borgogna, dell'epoca della cavalleria e delle crociate.

E alle sue pagine mi sono avvicinato come chi se ne sta al bordo della piscina e sfiora l'acqua con le dita del piede, perché non sia mai, magari è troppo fredda. Per poi trovarmi di colpo in acqua e nuotare,  a nuotare con il freddo che se c'è stato ora se n'è andato via.

E ho letto di Giuseppe di Arimatea, primo custode del calice che raccolse il sangue di Cristo. Ho letto di Merlino, nato dall'unione di una donna e del diavolo, dotato del dono della profezia e della metamorfosi, profeta del Graal e guida di Artù. Ho letto dei cavalieri della Tavola Rotonda, delle loro peripezie, dei loro duelli, dei loro viaggi per mare e per terra. Ho letto infine di Perceval, il più indomito ma soprattutto il più puro di tutti, che arrivato al Graal una prima volta se ne dovrà tornare indietro perché non ha posto la domanda che doveva porre. Ma che in seguito - dopo aver ancora tanto cercato e penato - del Graal potrà diventare l'ultimo custode.

Sorprendente, coinvolgente, enigmatico, anche a prescindere dal misticismo che lo pervade: un romanzo, un vero romanzo. Alla fine da quella piscina non avrei voluto uscire.

lunedì 26 settembre 2016

Lombrichi e uva passa per una vita di talento

Ecco tutto quel che occorre, magari insieme a una certa serenità e al dono di sapersi rallegrare delle piccole cose, qualche volta anche proprio di niente.

Mi aveva già stregato con L'arte di collezionare mosche, Fredrik Sjoberg, ora si ripete con un altro libro dal titolo improbabile, Il re dell'uvetta, proposto ancora una volta da Iperborea. Con lui sembra proprio di uscire di casa con un retino per la caccia alle farfalle, non sapendo bene cosa succederà davvero. Magari quel retino si userà solo per provare a catturare la luce che sorprende le cose e le rende più incantevoli.

Entomologo, scienziato affabulatore, collezionista di insetti con lo spirito dell'artista, uomo catturato da sogni quali la possibilità di scrivere la storia naturale delle notti d'estate, questa volta il nostro ci spinge a inseguire la vita di tale Gustaf Eisen, personaggio oscuro e multiforme vissuto a cavallo di Ottocento e Novecento tra Svezia e California.

Eisen era uomo di grande talento, messo al servizio di singolari passioni. E anche uomo capace di inventarsi più volte la sua vita. Da zoologo è stato uno dei più grandi studiosi di lombrichi - e come dimenticare la vocazione allo studio delle mosche di Sjoberg? Però è stato anche grande viaggiatore, consulente di Darwin, amico di Strindberg, pioniere della coltivazione dell'uva passa in California, collezionista di tessuti maya del Guatemala, ecologista che per primo ha evocato la necessità di tutela delle sequoie, sedicente scopritore dell'oggetto che più di tutti ha destato fantasie e ossessioni, il Santo Graal... Basta?

Genio ed eccentricità, questo è stato Eisin e questo è ciò che ci racconta Sjoberg, che parlando di Eisin, parla spesso anche di se stesso e delle sue passioni. Bizzarre e marginali, ma capaci di abitare un cuore, magari fin dall'adolescenza.

Tanto quello che conta è starsene fermi ad aspettare le storie. Prima o poi - dice - tutto sembra far parte di uno stesso puzzle. Tanto la felicità può celarsi dove meno ci si aspetta, dove c'è il niente piuttosto che il tutto.

sabato 23 luglio 2016

La Cornovaglia e il corvo di re Artù

Ha cominciato il suo volo nella stagione indefinita del mito, quando il suo corpo è diventato l'involucro che ripara l'anima di re Artù. E', si dice, la ragione per cui i corvi volano per il cielo d'Inghilterra indisturbati, nessuno li tocca, ignorando quale di loro sia il mitico sovrano che un giorno tornerà in fattezze umane a regnare sul paese.

Che bello il viaggio immaginario che rileggo in un vecchio numero di Tuttolibri. Marta Morazzoni lo dedica a una delle terre che più di tutte pare svanire dietro le nebbie dei tempi remoti e delle leggende, la Cornovaglia. Dimostrazione, ancora una volta, che ci sono molti modi di viaggiare; e che uno dei migliori è senz'altro conquistarsi un posto sul tappeto volante dell'immaginazione.

Tra qualche giorno mi spingerò in quella punta estrema dell'antica Britannia, protesa nell'Atlantico con la determinazione di un Occidente che non accetta niente oltre di sé: è la prima volta. Eppure in Cornovaglia mi pare di essere stato molte altre volte, sfidando gli scogli battuti dall'Oceano e molte altre insidie. Ho inseguito re Artù senza mai sospettare che potesse essere un corvo che volava alto. Mi sono accompagnato ai cavalieri della Tavola Rotonda. Ho cercato la mia Camelot, reggia fantastica che è un po' il Santo Graal dei castelli.

Per quello che valgono i buoni propositi, questo inverno voglio anche rituffarmi nei romanzi cortesi di Chrétien de Troyes, così da ritrovarmi con vecchi amici quali Lancillotto e Percival.

E insomma, vedremo: ma è bello che esistano terre straordinarie anche solo per ciò che evocano.

Ps: a proposito di corvi e di Cornovaglia, come non dimenticare anche Gli uccelli di Daphne du Maurier, da cui il grande Hitchcock trasse ispirazione per uno dei più terribili incubi cinematografici? Ci sono molti modi per viaggiare, ma anche molti modi in cui i sogni possono declinarsi...

venerdì 8 febbraio 2013

Se la Cornovaglia è la terra dell'immaginazione

Ci sono molti modi di viaggiare; e che uno dei migliori è senz'altro conquistarsi un posto sul tappeto volante dell'immaginazione.
Non mi sono mai spinto in quella punta estrema dell'antica Britannia, protesa nell'Atlantico con la determinazione di un Occidente che non accetta niente oltre di sé: e prima o poi, voglio sperare, riuscirò a colmare questa lacuna.

Eppure in Cornovaglia mi pare di essere stato molte altre volte, sfidando gli scogli battuti dall'Oceano e molte altre insidie. Ho inseguito re Artù senza mai sospettare che potesse essere un corvo che volava alto. Mi sono accompagnato ai cavalieri della Tavola Rotonda. Ho cercato la mia Camelot, reggia fantastica che è un po' il Santo Graal dei castelli.

Per quello che valgono i buoni propositi, questo inverno voglio anche rituffarmi nei romanzi cortesi di Chrétien de Troyes, così da ritrovarmi con vecchi amici quali Lancillotto e Percival.

E insomma, vedremo: ma è bello che esistano terre straordinarie anche solo per ciò che evocano.

Ps: a proposito di corvi e di Cornovaglia, come non dimenticare anche Gli uccelli di Daphne du Maurier, da cui il grande Hitchcock trasse ispirazione per uno dei più terribili incubi cinematografici? Ci sono molti modi per viaggiare, ma anche molti modi in cui i sogni possono declinarsi...

venerdì 14 ottobre 2011

Ha cominciato il suo volo nella stagione indefinita del mito, quando il suo corpo è diventato l'involucro che ripara l'anima di re Artù. E', si dice, la ragione per cui i corvi volano per il cielo d'Inghilterra indisturbati, nessuno li tocca, ignorando quale di loro sia il mitico sovrano che un giorno tornerà in fattezze umane a regnare sul paese

Che bello il viaggio immaginario che rileggo in un vecchio numero di Tuttolibri. Marta Morazzoni lo dedica a una delle terre che più di tutte pare svanire dietro le nebbie dei tempi remoti e delle leggende, la Cornovaglia. Dimostrazione, ancora una volta, che ci sono molti modi di viaggiare; e che uno dei migliori è senz'altro conquistarsi un posto sul tappeto volante dell'immaginazione.

Non mi sono mai spinto in quella punta estrema dell'antica Britannia, protesa nell'Atlantico con la determinazione di un Occidente che non accetta niente oltre di sé: e prima o poi, voglio sperare, riuscirò a colmare questa lacuna. Eppure in Cornovaglia mi pare di essere stato molte altre volte, sfidando gli scogli battuti dall'Oceano e molte altre insidie. Ho inseguito re Artù senza mai sospettare che potesse essere un corvo che volava alto. Mi sono accompagnato ai cavalieri della Tavola Rotonda. Ho cercato la mia Camelot, reggia fantastica che è un po' il Santo Graal dei castelli.

Per quello che valgono i buoni propositi, questo inverno voglio anche rituffarmi nei romanzi cortesi di Chrétien de Troyes, così da ritrovarmi con vecchi amici quali Lancillotto e Percival.

E insomma, vedremo: ma è bello che esistano terre straordinarie anche solo per ciò che evocano.

Ps: a proposito di corvi e di Cornovaglia, come non dimenticare anche Gli uccelli di Daphne du Maurier, da cui il grande Hitchcock trasse ispirazione per uno dei più terribili incubi cinematografici? Ci sono molti modi per viaggiare, ma anche molti modi in cui i sogni possono declinarsi...

lunedì 4 luglio 2011

La Cornovaglia, il corvo e la mia immaginazione

Ha cominciato il suo volo nella stagione indefinita del mito, quando il suo corpo è diventato l'involucro che ripara l'anima di re Artù. E', si dice, la ragione per cui i corvi volano per il cielo d'Inghilterra indisturbati, nessuno li tocca, ignorando quale di loro sia il mitico sovrano che un giorno tornerà in fattezze umane a regnare sul paese

Che bello il viaggio immaginario che rileggo in un vecchio numero di Tuttolibri. Marta Morazzoni lo dedica a una delle terre che più di tutte pare svanire dietro le nebbie dei tempi remoti e delle leggende, la Cornovaglia. Dimostrazione, ancora una volta, che ci sono molti modi di viaggiare; e che uno dei migliori è senz'altro conquistarsi un posto sul tappeto volante dell'immaginazione.

Non mi sono mai spinto in quella punta estrema dell'antica Britannia, protesa nell'Atlantico con la determinazione di un Occidente che non accetta niente oltre di sé: e prima o poi, voglio sperare, riuscirò a colmare questa lacuna. Eppure in Cornovaglia mi pare di essere stato molte altre volte, sfidando gli scogli battuti dall'Oceano e molte altre insidie. Ho inseguito re Artù senza mai sospettare che potesse essere un corvo che volava alto. Mi sono accompagnato ai cavalieri della Tavola Rotonda. Ho cercato la mia Camelot, reggia fantastica che è un po' il Santo Graal dei castelli.

Per quello che valgono i buoni propositi, questo inverno voglio anche rituffarmi nei romanzi cortesi di Chrétien de Troyes, così da ritrovarmi con vecchi amici quali Lancillotto e Percival.

E insomma, vedremo: ma è bello che esistano terre straordinarie anche solo per ciò che evocano.

Ps: a proposito di corvi e di Cornovaglia, come non dimenticare anche Gli uccelli di Daphne du Maurier, da cui il grande Hitchcock trasse ispirazione per uno dei più terribili incubi cinematografici? Ci sono molti modi per viaggiare, ma anche molti modi in cui i sogni possono declinarsi...

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...