Visualizzazione post con etichetta Mattioli 1885. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Mattioli 1885. Mostra tutti i post

venerdì 18 agosto 2017

Quando Stevenson disegnò una mappa e si inventò un'isola

Sulle sue pagine ho sognato fin da ragazzino, studiando la mappa dell'isola del tesoro o trattenendo il respiro per capire come sarebbe andata a finire con il dottor Jekyll e mister Hyde. E col tempo mi è venuto di considerarlo allo stesso modo di un amico che è andato ad abitare lontano.

Per pochi scrittori posso dire lo stesso e in genere appartengono alla mia adolescenza: Emilio Salgari, certo, Mark Twain, certo, per altri devo pensarci su. E come per Twain e Salgari anche la sua biografia mi ha appassionato come un romanzo: lui che sembrava destinato a costruire i fari e che invece l'irrequietezza e la tisi hanno consegnato a un altro destino, dalle brume della Scozia ai Mari del Sud.

Robert Louis Stevenson, sì, a cui sono debitore di tanti piaceri della lettura. E tuttavia non ero mai entrato nel laboratorio della sua scrittura, né tantomeno avevo avuto modo di leggere i suoi consigli di scrittura o comunque i suo saggi sulla letteratura, sulla buona letteratura.

Li ho trovati in quetso libriccino - L'arte della scrittura, edito da Mattioli 1885 - che è davvero un concentrato di piccoli grandi sorprese. Soprattutto quando Stevenson ci prende per mano e ci racconta come è arrivato a L'isola del tesoro.

Gli uomini - racconta  - nascono con le manie più varie: sin da piccolo, la mia era di trastullarmi immaginando degli eventi in successione e, appena imparai a scrivere, divenni un buon amico dei fabbricanti di carta.

Anni di tentativi senza successo, di fogli scarabocchiati e gettati via, di storie appena abbozzate. I primi saggi, gli articoli, ma un romanzo ancora no.

Chiunque può scrivere un racconto - un cattivo racconto; voglio dire, chiunque abbia sufficiente diligenza, carta e tempo; ma non tutti possono sperare di scrivere un romanzo, anche cattivo. E' la lunghezza che uccide. 

Poi un giorno, quasi per caso, per inseguire la fantasia o per ammazzare il tempo, su un pezzo di carta disegna una mappa. Follia pensare che un giorno sarebbe diventata la mappa più importante nella storia della letteratura - e lo so, c'è anche la mappa della Terra di Mezzo in Tolkien...

Mi dicono che ci sono persone alle quali non interessano le mappe, ma faccio fatica a crederlo. 

Già, faccio fatica anch'io. Come è possibile, se dentro una mappa come quella, appena schizzata, c'era già un intero romanzo? Il romanzo che avrebbe fatto la fortuna di Stevenson e di tutti noi, ragazzi e adulti che non hanno smesso di essere ragazzini.

sabato 27 agosto 2016

Dylan Thomas, il clown della luna che ancora ci parla

Che dire di lui? Che era pretenzioso, dissoluto, bugiardo, infedele, inaffidabile. Che si perdeva in fondo ai troppi bicchieri. Che per quanto riuscì a vivere fu sempre lacerato tra la tentazione di una vita normale e una vocazione a distruggersi che quasi sempre ebbe la meglio. Che assegnava un'eccessiva fiducia alle parole e alla loro capacità di giustificare più o meno tutto.


Certo, fu tutto questo, Dylan Thomas. In qualche modo lo diceva lui stesso: Dentro di me albergano una bestia, un angelo e un pazzo. Ma soprattutto fu un poeta. E fin da bambino, tra i vicoli di Swansea o i pascoli della campagna gallese, coltivò il sogno della poesia.

E si apra pure il dibattito sul potere salvifico della poesia, sulla sua possibilità di riscattare davvero una vita. Il fatto indiscutibile è che Dylan per noi sarà sempre il poeta capace di illuminarci con i suoi versi come lampi nell'oscurità e di restituirci l'intima e divina felicità vitale nascosta nel cuore di tutte le cose.

A distanza di tanti anni è ancora amato, letto, ricercato, citato, con una fedeltà che di solito non appartiene alla letteratura: e ci sarà pure un motivo. O forse più di un motivo, perché certo non può essere solo il fascino del poeta bohemièn, pronto a mandare in frantumi la sua vita.

La sua vita, appunto. Quella che ci racconta splendidamente il suo biografo Paul Ferris in Dylan Thomas. Essere un poeta e vivere di astuzia e birra (Mattioli 1885), libro che appassiona come un romanzo e va al cuore del mondo che Dylan popolò con le sue emozioni.

Il vero Thomas - spiega Ferris – si nasconde più in profondità: dietro alle capriole che improvvisava in pubblico. Mi sa che un libro così poteva scriverlo solo uno come Ferris, nato e vissuto a Swansea come Dylan, che ha camminato per le sue strade, bevuto nei suoi pub, consumato il suo tempo a guardare barche in partenza e basse maree. 

Mi è piaciuto leggerlo negli stessi giorni in cui girellavo per il Galles, in qualche modo inseguendo anch'io l'ombra di Dylan, nella sua Boat House a Laugharne, come nel museo che gli è stato dedicato a Swansea.

Clown della luna, lo definì Charlie Chaplin. Poeta, poeta comunque, come lui volle sempre essere, come confessò anche in quella riga che poi è divenuto lo splendido sottotitolo di questo libro:

Preferirei in qualunque momento essere un poeta e vivere di astuzia e birra.

A Swansea mi sono imbattutto in una parete con una scritta in lettere bianche su campo nero: More poetry is needed, c'è bisogno di più poesia. E' ancora Dylan, che qualunque cosa sia stata non smette di parlarci.



sabato 15 febbraio 2014

Il grande Yeats: come ho cominciato a scrivere?

Come ho cominciato a scrivere?

Non ho nulla da dire che possa essere d'aiuto a un giovane scrittore, tranne che spero che i suoi inizi non siano simili ai miei.

Passavo più tempo a preparare i compiti del giorno dopo rispetto alla maggior parte degli altri scolari, eppure non imparavo niente. Ero sempre l'ultimo della classe, fatta eccezione per due o tre figuri che difficilmente avrebbero mai imparato qualcosa. 

Mio padre diceva: "Non riesci a concentrarti se non su ciò che ti interessa. E ciò che ti interessa è studiare un modo per non farti mandare a scuola".

Non soffrivo di quello che si chiama "temperamento poetico", ma di una certa debolezza psicologica. 

Poeti molto più grandi di me sono stati grandi studenti. Anche oggi lotto contro questa mancanza di fiducia - venuta dall'umiliazione di quei giorni  - ogni volta che mi trovo fra uomini comuni, perché capisco ciò che loro capiscono.

(William Butler Yeats, Sono diventato un autore, Mattioli 1885)

martedì 19 febbraio 2013

Nella città che un tempo era la più onesta

Successe molti anni fa. Hadleyburg era la più retta, la più onesta città di tutta la regione circostante. 

S'era guadagnata questa fama intemerata nel corso di tre generazioni, ed era più fiera di essa che di qualunque altro suo bene. Ne era talmente fiera che cominciava a inculcare i principi di un onesto comportamento ai bambini quando erano ancora in fasce, continuando poi a farne il principale elemento della loro educazione. 

Per tutto il periodo della formazione del carattere essi venivano tenuti accuratamente lontani dalle tentazioni, di modo che in loro l'onestà avesse ogni possibilità di rafforzarsi e consolidarsi, fino a divenir parte della loro stessa carne. 

Le città vicine erano invidiose di questo onorevole primato, e fingevano di disprezzarlo, di considerarlo soltanto vanità; con tutto ciò erano costrette a riconoscere che Hadleyburg era proprio una città incorruttibile, e se aveste insistito, avrebbero anche finito per ammettere che per un giovanotto il semplice fatto di essere di Hadleyburg era la migliore raccomandazione per ottenere un buon posto.

(Mark Twain, incipit di L'uomo che corruppe Hadleyburg, Mattioli 1885)

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...