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martedì 6 novembre 2012

Nessuno risultava superfluo, allora

Nessuno risultava superfluo, allora, nemmeno da morto.

Negli agglomerati urbani del XX secolo invece, là dove da un'ora all'altra ciascuno è rimpiazzabile e, tutto sommato, in soprannumero fin dalla nascita, bisogna di continuo gettare a mare la zavorra, dimenticare radicalmente tutto ciò di cui ci si potrebbe ricordare: la giovinezza, l'infanzia, le origini, i progenitori, gli avi.

Per qualche tempo ancora sopravvivrà il cosiddetto "Memorial Grove", creato di recente su internet, dove si possono seppellire e visitare per via elettronica coloro che ci furono particolarmente vicini. Ma, prima o poi, anche questo "virtual cemetery" svanirà nell'etere e l'intero passato si dissolverà in una massa uniforme, irriconoscibile e muta. 

E muovendo da un presente immemore verso un futuro che l'intelligenza di nessun individuo riuscirà più a comprendere, alla fine anche noi lasceremo la vita, senza provare alcun bisogno di restarvi ancora per qualche istante almeno, o di potervi se mai fare ritorno.

(W.G. Sebald, Le Alpi nel mare, Adelphi)

martedì 8 marzo 2011

Se il giornalismo resiste oltre i giornali

Internet è l'onda del futuro. Solo, non cercate di trovarci un lavoro

Parole come queste di Floyd Norris, giornalista del New York Times, sembrano suonare come una campana a morte per molte cose. Per i vecchi giornali di carta che erano la preghiera laica del mattino, indispensabili come un buon caffé. Per il mestiere di giornalista, in un mondo in cui tutti sembrano ormai in grado di produrre, rielaborare, condividere notizie. Per la stessa possibilità di vivere facendo informazione: paradosso di una società dell'informazione, così si definisce, dove proprio il valore dell'informazione vira drammaticamente verso lo zero.

Però non è questo quanto ci vuole spiegare Enrico Pedemonte, firma storica dell'Espresso e della Repubblica, uomo che di giornalismo ha vissuto e intende ancora vivere. Morte e resurrezione dei giornali. Chi li uccide, chi li salverà (Garzanti): già titolo e sottotitolo aiutano i più depressi e suggeriscono un futuro oltre disastro.

La crisi è anche possibilità. E c'è giornalismo perfino oltre i giornali. Certo non è che può arrivare come manna dal cielo. Ci vuole coraggio imprenditoriale, ci vuole innovazione, ci vuole una società consapevole che l'informazione è un bene quasi pubblico, su cui è importante investire.

E con le parole con cui Pedemonte conclude il libro:

La crisi dei giornali non è un dramma privato di editori e giornalisti, ma un problema della società civile. Che dovrebbe riappropriarsene

lunedì 13 dicembre 2010

Il giornalismo che non ha paura della grande Rete

Il punto non sono le tecnologie, è il modo in cui le persone le stanno utilizzando

Attacchi questo libro, un po' timoroso di doverti sciroppare una lettura impervia, buona per gli addetti ai lavori, e invece ecco subito una frase che inquadra il problema. E che ti fa capire che il problema non è solo degli addetti ai lavori, appunto. E' di tutti, perché tutti, volenti o nolenti, sono e saranno obbligati a interrogarsi sulla società dell'informazione, su quello che saremo e che diventeremo nel mondo della Rete, delle tecnologie digitale, dei social network.

Perfino i libri: che diventeranno i libri che finora ho accumulato sui miei scaffali, scaffale dopo scaffale, con istinti compulsivi? e che diventerà la lettura?

Solo per dire, naturalmente, perché non c'è cosa, presumibilmente, che nei prossimi anni non starà dentro il mutamento.

Da un po' di tempo mi intriga in particolare cercare di capire cosa ne sarà il giornalismo, in un mondo invaso, anzi direi alluvionato, da informazioni di cui i giornalisti non sono più i produttori. Insomma, cosa ne sarà del giornalismo, inteso come professione che qualcuno dà già per morta, non senza qualche compiacimento?
Beh, tra tutti i libri che sul tema ho letto fin qui, Giornalismo e nuovi media. L'informazione al tempi del citizen journalism  di Sergio Maistrello  (Apogeo edizioni) è senz'altro il migliore. Serio, documentato, concreto e anche rassicurante, ma solo grazie alla forza dei fatti.

E una volta messo via, credo che ci rimarranno impressi almeno tre punti. Che guardare all'indietro non serve a niente, è come opporre una linea Maginot contro la rivoluzione tecnologica (cioé perdere senza nemmeno combattere). Che il futuro risiede nella capacità di sintonizzare il giornalismo dei professionisti con il giornalismo dei cittadini. Che il giornalismo come mestiere saprà sopravvivere nella misura in cui difenderà la qualità, contro tutto e tutti.

Bello, però. Chiudono i giornali, i giornalisti vanno a casa. Però si può provare anche a dire, con Mark Briggs: Non c'è mai stato un momento migliore per essere giornalisti.


Basta saper raccogliere la sfida.

domenica 11 aprile 2010

Il dono ai tempi di Internet



E se fosse proprio il dono l'elemento attraverso il quale gli uomini creano la loro società?

In questi giorni ho avuto modo di leggere Il dono al tempo di Internet di Marco Aime e Anna Cossetta, sapete, uno di quei libriccini bianchi con cui l'Einaudi non troppo di rado ci regala nuovi sguardi sul mondo e nuovi spunti di riflessione. E' che in questi giorni mi son dovuto leggere diverse cose sul web 2.0, in modo da non farmi cogliere impreparato all'incontro Vivere ai tempi di Facebook, che si è tenuto ieri sera al Castello di Poppi, nell'ambito di Le parole e il silenzio.

Ho letto parecchio sui blog e sui social network - e anche questo, a suo modo, è stato un viaggio - e non mi aspettavo di riflettere sul significato e l'importanza del dono. Però a pensarci un pochino meglio la Rete è una gigantesca possibilità di condivisione, quindi di dono. Anche questo blog, anche questo post che ora vi beccate in fondo è un dono(a caval donato...)

E allora, per gli antropologi o gli economisti è un problema, perché come si fa a spiegare il suo posto tra gli uomini, in un mondo dominato dall'interesse? Eppure il dono c'è ed è bello che ci sia: anzi, bisognerebbe dire che proprio il gesto più disinteressato è anche il miglior investimento per la nostra vita. Ma questo vale per ogni società.

Questo libro apre uno scenario che appartiene ai nostri tempi e ci permette di comprendere che Internet non è solo la riserva di caccia di teenager ipertecnologici, di pirati informatici, di gente che sulla rete ha fiutato affari e opportunità.

Internet è in realtà anche il luogo virtuale del dono, della condivisione, della collaborazione. Si mettono in comune video e brani musicali, ci si offre nei social network, si rilasciano programmi e giochi gratuiti, insieme si scrivono persino enciclopedie.

Un libro per guardare non solo a Internet ma alla nostra società in modo diverso, e per una volta anche più rassicurante.

mercoledì 29 luglio 2009

Internet muove la Cina

Da Internazionale un bell'articolo su come la Rete può smuovere anche un paese come la Cina, aprendo crepe inimmaginabili e portando in dono la sorpresa di opinioni perfino diverse... Non solo messaggini, su Internet, ma anche i semi di una nuova società civile...

Internet muove la Cina

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