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martedì 25 giugno 2019

Egeo, mare infinito di dèi ed eroi

Coelum non animum mutant qui trans mare currunt, diceva Orazio in una delle sue Epistole: cambiano cielo e non animo quelli che corrono il mare. E non so se sia vero, piuttosto dipenderà da come ci si mette in viaggio per il mondo, ma certo non finisce di sorprendermi la possibilità di viaggiare da fermo, grazie a libri che impastano di parole il cuore e l'intelligenza.

Ai non moltissimi di uno scaffale in cui spiccano, solo per esempio, Danubio di Claudio Magris, Praga d'oro di Angelo Maria Ripellino, Anime baltiche di Jan Brokken, Strade Blu di William Least Heat Moon, ecco, volentieri ora aggiungo Arcipelago di Giorgio Ieranò (Einaudi), un libro che non so dire se mi porta più in viaggio per le isole dell'Egeo attraverso i miti o piuttosto in viaggio per i miti antichi attraverso le isole. Non so e non mi importa, quello che conta è che ognuna delle sue pagine è un tuffo spettacolare nel tempo e nello spazio.

L'Egeo, molto oltre e molto prima il mare ambito e sognato dai vacanzieri del mondo intero. Ovvero l'Egeo degli dèi e degli eroi, dei mercanti e degli avventurieri, ripostiglio infinito di storie che peraltro arrivano all'altro ieri: quando per esempio Mikonos era la Tortuga del Mediterraneo, occupata dagli americani a inizio Ottocento. 

La storia  - afferma Ieranò - nell'Egeo procede per addizione. Alla fine sei quasi ubriaco di parole che non sai nemmeno catalogare: mitologia o resoconto di viaggio, fantasia poetica o cronaca. Ma anche questo non importa, è come su uno di quegli scogli, inondati di luce, battuti dal vento. Lo stesso sentimento di immensità, la stessa gioia che non ha bisogno di particolari ragioni.

martedì 8 settembre 2015

In cammino sulla Montagna Sacra

Che cosa ne sa di me questo luogo che neanch'io posso sapere di me stesso?

Forse è proprio questa domanda, tratta dalle pagine de Le antiche vie di Robert Macfarlane, quella che più delle altre dovrebbe girare per la testa quando si decide di varcare questo confine: un muretto di pietre come per delimitare un pascolo, ma che invece segna il passaggio tra sacro e profano. Di là l'Europa, i tempi moderni, la storia che è andata avanti con tutte le sue lacerazioni e le sue inquietudini. Di qua la Repubblica che nelle mappe del continente nemmeno si vede, il dito più orientale dela penisola Calcidica, una striscia di rocce dove la vita scorre più o meno come mille anni fa.

Benvenuti tra i monasteri ortodossi del monte Athos, questo mondo a parte governato dai monaci, dove pare che ancora Bisanzio non sia caduta e dove anche il tempo si misura diversamente che in Grecia, pochi chilometri più in là. Dove solo poche centinaia di pellegrini possono entrare ogni giorno e tra essi solo dieci che non siano ortodossi. Dove le donne non possono provare nemmeno ad avvicinarsi. Dove non ci sono alberghi e ristoranti, ma solo celle e refettori.

E' questo mondo a parte, di silenzio, preghiera, natura strepitosa, che Fabrizio Ardito ci racconta in Sul Monte Athos (Ediciclo), viaggio che ci porta lontano, più lontano che con un volo intercontinentale. Di monastero in monastero, in cammino fino alla cima di Aghion Oros, la Montagna sacra. Mulattiere a picco sul mare, monasteri dove niente è cambiato, liturgie incomprensibili e tramonti da togliere il fiato. Fino a quella vista, lassù, sopra quella piramide di pietra che sembra il tetto del mondo, la vetta che affonda nel blu dell'Egeo e che ci allarga lo sguardo fino all'Asia. All'Oriente e all'origine della nostra civiltà: ma forse ancora di più, forse fino a quel mistero per il quale non abbiamo risposta. 

mercoledì 12 febbraio 2014

12 febbraio: ricordando i morti dell'Oria, 70 anni fa

È meraviglioso, questo mare.

I suoi colori, le sue onde come un respiro universale. Come un  sospetto di eternità.

L'Egeo, cioè gli dèi dell'antica Grecia. E i versi di Omero: le acque color del vino – del vino,  non del sangue.

L'Egeo che per uno della mia età sono anche le vacanze da sballo, i viaggi sul ponte del traghetto, chitarre e sacchi a pelo, i bicchieri di troppo e gli amori che svaniscono con l'estate.

L'Egeo che per forza mi rammenta un film di Gabriele Salvatores, la sua storia di soldati italiani tralasciati dalla guerra, su un'isola non distante da Rodi, un'isola che esiste solo nella fantasia di chi in Grecia verrà solo per agosto, parecchi anni più tardi. Perché solo nella fantasia esiste una storia così: la guerra non dimentica, la guerra non lascia in pace i soldati.

L'Egeo che può essere un sogno, un'utopia, una possibilità di fuga. Ma certo può essere anche tremendo.

Mare di tempesta, mare senza pietà.

Mare di morte già nel nome: Egeo e il suo mito.

Il re di Atene che dalle scogliere attende il ritorno del figlio Teseo. Vele bianche se avrà sconfitto il Minotauro, nere se è stato ucciso. E sono nere le vele, vai a sapere perché. Teseo è vivo, ma il vecchio si getta in mare e il mare da quel giorno sarà l'Egeo.

Mare tremendo, mare di morte. Mare che spesso pretende in tributo i figli piuttosto che i padri. 

martedì 24 settembre 2013

Mani, libro perfetto per chi sogna la Grecia

Sono le cose strane dell'editoria: nel giro di un niente Bruce Chatwin viene tradotto in Italia e diventa un autore di culto (oggi un po' meno), oggetto della venerazione di tutti gli appassionati di letteratura di viaggio; lo stesso non succede con Patrick Leigh Fermor, altro scrittore viaggiatore inglese, a mio parere ancora più grande e autentico di Chatwin, in ogni caso maestro e amico di quest'ultimo. Poco importa che Chatwin debba molto a Fermor: siamo ancora alle prese con il  Che ci faccio qui? del primo e trascuriamo il secondo.

C'è modo di rimediare. Cominciando magari con Mani, forse il libro più bello di questo singolare inglese che percorse interi continenti a piedi. Mani, cioé uno dei più aspri e inaccessibili lembi di Grecia, penisola del Peloponneso che penetra nell'Egeo. Roccia e mare e popoli antichi che non hanno mai ceduto di un palmo dinanzi a qualsiasi esercito che ha provato ad assoggettarli. Un mondo a parte.

Perfetto da leggere in un viaggio in Grecia - io l'ho divorato a Creta. Perfetto per chi comunque sogna questa terra che, volenti o nolenti, fa parte della nostra storia e prima ancora del mito che ci ha reso ciò che siamo. Perfetto per abbandonarsi alla luce e alle ombre del Mediterraneo, per cullarsi ai venti che rendono meno torride le estati, per respirare gli odori della macchia mediterranea e della salsedine. Perfetto per abbracciare le storie che arrivano da lontano e ancora ci appartengono - ereditate con le parole di Omero e di tutti gli altri.

E poco importa se anche la Grecia di Fermor non è più la nostra Grecia... o forse sì, se anche a noi, come a Fermor, capiterà in dono di incantarsi, ascoltando due pastori parlare come saggi di Bisanzio o guardando un cameriere indicare l'isola di cui raccontò Omero. 

sabato 24 dicembre 2011

Il Golfo dei Poeti e il mare degli antichi Greci


Fa impressione incontrare sulla spiaggia di Lerici, dove è nato e vive, un personaggio così fuori del tempo.

E che emozione, quell'incontro, così come lo racconta Alessandra Iadicicco, sulle pagine di Tuttolibri, e che nonè con un autore di best-seller, uno di quelli che scala le classifiche e va in televisione. Angelo Tonelli, figurarsi, è un filologo, mestiere oscuro e faticoso, anche se dalla splendida etimologia: amico della parola. E' stato allievo del filosofo Giorgio Colli, da sempre si immerge nelle pagine di Kant, Nietzsche e Schopenhauer (e non so se questo possa essere misura di una vita serena), ma soprattutto è il grande traduttore dei Greci classici. Con undici anni di paziente lavoro ha consegnato alla nostra lingua tutte le tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide.

Non possiedo nessuna competenza che possa arrivare all'altezza delle sue scarpe. Ma mi piace quell'incontro, mi piace quella scelta di vita non in una città di librerie ed editori, ma là, con il Mar Ligure davanti, e Portovenere, le Cinque Terre, il Golfo dei Poeti che Tonelli ha ribattezzato Golfo degli Dei, perchè a volte la mitologia riesce anche in questo, riesce a stendere la sua tavolozza dei suoi colori anche sul mondo in cui viviamo.

E allora il Mar Ligure potrebbe davvero essere l'Egeo, il mare solcato dagli eroi della guerra di Troia. Quel mare, o un altro mare, quello delle parole che possono essere oceano e viaggio che dura una vita.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...