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martedì 8 agosto 2017

L'America di Bull Mountain, così nera, così tentatrice

L'estate ha anche questo di bello, che vi sentite più liberi nelle letture e più disposti a inseguire l'istinto o l'intuito piuttosto che le recensioni. In queste giornate indolenti e calde si dissodano meglio i terreni dell'immaginario. Per me vien più facile anche cedere alla nostalgia non dico di libri, ma di atmosfere di quando ero ragazzo:  quei pomeriggi di agosto su una sedia a sdraio, un romanzo cappa e spada o un giallo davanti agli occhi, la caraffa di tè freddo a portata di mano.

Ecco l'estate è il tempo in cui è bello abbandonarsi ai libri di genere: e figurarsi quando il libro di genere non solo funziona e fa di tutto per non mollarti più, ma dimostra di essere molto di più di un libro di genere.

Ecco, è questo che è mi è successo con Bull Mountain di Brian Panowich, vincitore di premi nella categoria dei thriller. Beh, lo so bene che c'è thriller e thriller e che è ampio il numero di titoli da classificare semplicemente come ottima letteratura. In questo caso valga come indizio chi lo pubblica in Italia - NNE, la stessa di Kent Haruf e Tom Drury, piccola grande casa editrice che difficilmente sbaglia un colpo. E occhio anche alla biografia dell'autore, che per quanto possa significare non manca di suggestioni. Brian Panowich: musicista e pompiere stelle strisce dai molti talenti, uno di quei tipi che vi aspettate vada in giro con la camicia a quadri e il cappello da cow boy.

Come lui anche Bull Mountain è un libro che richiama l'America profonda, quella di Fargo ma anche di  molte pagine di Cormac McCarthy. Qui ci sono meno nevicate e più piantagioni di marijuana, meno orsi e più passioni nere. E' la saga di una famiglia attraverso tre generazioni, all'ombra di una montagna che sembra una Tortuga americana, territorio senza ordine nè legge, repubblica indipente del crimine. Ma è anche un romanzo sulle ragioni e i torti del sangue, sulla voglia di riscattare il passato e sul passato che ostinatamente ritorna, su un presente che non è mai davvero ciò che che si presume sia.

Armi, droga, tradimenti, come in tanti altri libri. Però Bull Mountain non è come tanti altri libri. Da leggere, in questa estate rovente.  Per tuffarsi nell'America che anche quando è così nera non smette di tentarci.
 


mercoledì 7 ottobre 2015

Un serial killer nell'Unione Sovietica di Stalin

Se mi ricordo il tuo nome, posso denunciarti.

Forse è proprio a questo che puntano i regimi del terrore: prima ancora che ai massacri di massa, alle delazioni, all'uso sistematico della tortura. A fare sì che non ci siano più persone capaci di riconoscersi, di emergere dalla massa indistinta. Possono esserci solo ruoli, numeri, divise.

Ed è questa società del terrore attentamente pianificato e regolato che Tom Rob Smith racconta in Child 44 (Sperling & Kupfer) thriller mozzafiato con inusuale ambientazione non in qualche nerissima metropoli americana, ma nell'Unione Sovietica degli ultimi anni di Stalin.

Poi 'è la trama, ovviamente: una serie di bambini uccisi e orrendamente mutilati, un'indagine contro tutto e tutti, un investigatore che mette in gioco la vita perché la verità emerga e il serial killer sia catturato.

E tuttavia Child 44 non sarebbe il romanzo che ha sbancato le classifiche senza quel contesto: quello di un mondo in cui anche il crimine doveva essere sepolto sotto cumuli di bugie, perché semplicemente ammetterne l'esistenza era da classificare come inaccettabile atto di sovversione.

Vicende mozzafiato, qualche eccesso narrativo, curiosità che resta sempre desta: non sarà il capolavoro, ma è il libro che ogni tanto ci vuole.



lunedì 2 febbraio 2015

Un reporter che non vorrebbe mai raccontare quella storia

Scrivere mi serve quanto a te serve ciò che hai nel bicchiere. Se posso scriverne, vuol dire che posso capirlo. E posso seppellirlo. E' l'unica cosa che voglio fare.

Dopo alcune letture decisamente impegnative, avevo voglia di tuffarmi in un thriller, comuneuq in uno di quei libri dove viene da bruciare una pagina dopo l'altra, per vedere come andrà a finire. Non so voi, ma è anche libri del genere - e di genere - che ritrovo nelle istantanee che ritraggono il piacere della lettura anno dopo anno. Che so, pomeriggi casalinghi con la pioggia battente fuori, influenze con il mal di testa che molla la presa giusto per goderti un romanzo, non troppo difficile però.

Questa volta la scelta è caduta su un autore come Michael Connelly e il suo Il poeta (Piemme). Giusto per la quarta di copertina, a solleticare il mio immaginario:

JackMcEvoy fa il reporter di nera. La morte è il suo mestiere. Ma ci sono storie che nessuno vorrebbe  scrivere. Storie a cui nessuno vorrebbe arrendersi...

Ecco qui, giusto quello che cercavo. E poco importa se tutto sommato la trama si scioglie prima del tempo. Tra queste pagine non c'è solo un omicida seriale da individuare e catturare. C'è per esempio il mondo del giornalismo americano mobilitato su un caso da prima pagina, mondo visto e raccontato dall'interno. E c'è l'Fbi, con i suoi mezzi, le sue procedure... solo per dire, tanto per dare una spinta al tuffo nella lettura.

lunedì 16 settembre 2013

Col fiato sospeso, la ribellione del mare

L'obiettivo che s'imponeva sempre più prepotentemente alla scienza non era comprendere il pianeta, bensì piegarlo alla propria volontà. Nella colorata Disneyland degli equivoci scientifici, l'azione umana riceveva nuove, spaventose giustificazioni.

Il quinto giorno di Frank Schatzing (con la dieriesi sulla a) è uno di quei libroni che sembrano fatti apposta per tuffarcisi dentro durante un periodo di vacanza o comunque di ritmi rallentati, quando non chiediamo se non il piacere di una lettura che ci catturi e abbiamo tempo per non mollare, per voltare una pagina dopo l'altra, tutti presi dal come andrà a finire.

Magari non è proprio l'ideale per una vacanza al mare, come è capitato al sottoscritto: il quale qualche volta ha sollevato lo sguardo da questo volumone e scrutato con preoccupazione la battigia, non fosse lì lì per capitare qualcuno degli sciagurati eventi raccontati, che so un assalto di granchi o un'invasione di meduse letali.

Il che vuol dire che il libro senz'altro funziona. Thriller degli oceani, come si definisce, capace anche di fornire alcuni discreti spunti sul nostro rapporto con l'ambiente e sui clamorosi errori di uno sviluppo miope e irresponsabile per cui prima o poi, in ogni caso, ci sarà presentato il conto.

Funziona il libro, soprattutto nella prima parte - nella seconda in effetti tutto diventa troppo, quasi a nascondere sotto una coltre di effetti speciali una difficoltà a chiudere con la stessa ispirazione. Funziona - e a lungo mi hanno accompagnato le immagini terribili di questa ribellione delle creature del mare. Science fiction capace di interrogarci: e va bene così.
  

martedì 20 novembre 2012

Con Dennis Lehane, tra morti ammazzati e follia

Ho due teste certo. Ma io sto parlando di cervelli. Io ho due cervelli. Ti giuro. - Si picchiettò la testa con l'indice e mi guardò strabuzzando gli occhi. - Uno dei due, quello normale, non è un problema. Ma l'altro è quello da poliziotto, e non si ferma mai. Di notte sveglia l'altro cervello, mi costringe ad alzarmi dal letto e a pensare a quel qualcosa che mi stava rodendo e che io non sapevo neppure cosa fosse. Insomma, metà dei miei casi l'ho risolta alle tre del mattino, e tutto per via di questo secondo cervello.

Uno si avvicina con qualche sospetto a un libro come questo - Fuga dalla follia di Dennis Lehane (Piemme) - le lettere gialle sulla copertina nera, il titolo che ha qualcosa di risaputo e sotto l'indicazione di genere - thriller - che non credo faccia bene nemmeno ai cultori. Guarda e si persuade: sarà il solito pasto di sparatorie e morti ammazzati, con tanto di killer psicopatico che è quasi un'ovvietà almeno dai tempi de Il silenzio degli innocenti. Insomma, quanto passa sempre o quasi sempre il convento.

E invece no, perché non è il genere che conta, ma la scrittura al servizio del genere. La scrittura che fa la differenza anche rimanendo nei territori usati e abusati dal genere. Succede se ti chiami Dennis Lehane. Se anche in una storiaccia come questa finisci per citare i Sonetti di Shakespeare e il Vangelo di Matteo. Se prima ancora di disseminare le pagine di cadaveri,  fai un'autopsia ai tuoi personaggi. Se non ti tiri indietro per giocare quella partita tra il bene e il male che è di tutti, che è dentro tutti.



martedì 2 ottobre 2012

Senza dirsi addio e senza smettere di leggere

E dunque, inizia così, non rivelo nulla perché tanto questo lo leggete anche nella quarta di copertina.

Dopo una notte piuttosto agitata, come può capitare a normali adolescenti di normali famiglie che abitano in normali quartieri, Cinthya si sveglia in una casa dove il silenzio fa più rumore di qualsiasi trambusto: tutta la sua famiglia - genitori e fratello - è svanita nel nulla.

Da allora sono trascorsi 25 anni e le indagini sono rimaste ferme al palo: una di quelle vicende che in America archiviano come cold cases, casi per cui non vale più spendere energie, a meno di improbabili sorprese di essi rimarrà solo qualche faldone in magazzino, un certo numero di file nel computer e un ricordo che sbiadisce.

Un quarto di secolo e tutto comincia ora, e prosegue per 370 pagine tese come corde di violino. Senza dirsi addio di Linwood Barclay  (Piemme edizioni) è assai più di un thriller - e peraltro rispetto a parecchi thriller manca di diversi luoghi comuni, tipo investigatori tutti di un pezzo, bionde micidiali, storie di letto e simili.

Ma quante cose che ci sono in questo libro, che racconta di ferite nel cuore che non è possibile rimarginare, di persone come fantasmi che sbucano dal passato, di incubi che non si scacciano con una dose doppia di tranquillanti.

Non sarà grande letteratura - o forse sì, chi può giudicare - ma che bello tuffarsi in un libro che non avrei mai richiuso fino alla fine, non fosse che non ho più il fisico per arrivare all'alba una pagina dopo l'altra.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...