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mercoledì 24 dicembre 2014

Gli auguri più belli con le parole di Rosa L.

Le parole sono di Rosa Luxembourg, tratte da quella bellissima lettera sulla compassione, scritta dal carcere, che i bambini in Germania studiano anche a scuola e che anche noi dovremmo conoscere un po' di più. In realtà una lettera che non è solo sulla compassione, ma anche sulla bellezza della vita, di qualunque vita si tratti.

Parole come un grande augurio per tutti voi, per il mondo intero.

Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell'oscurità, della noia, della prigionia invernale - e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito. E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità.

E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare. E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta l'orecchio.

In quei momenti penso a voi, a quanto mi piacerebbe potervi dare la chiave di questo incanto, perché vediate sempre e in ogni situazione quel che nella vita è bello e gioioso, perché anche voi possiate sentire questa ebbrezza e camminare su un prato dai mille colori.

(Rosa Luxembourg, Un po' di compassione, Adelp

domenica 14 aprile 2013

Se la felicità è anche una tisana calda


Si siede come sempre nella sua grande poltrona, circondata da pile di libri e di riviste mai aperte. 

Sorseggia adagio la tisana insipida che ha preso il posto del caffè. 

C’è stato un momento in cui ha creduto che non ce l’avrebbe fatta a tirare avanti senza caffè, ma poi ha scoperto che quello di cui non può fare a meno è stringere in mano il tazzone caldo, che è quella sensazione a favorirle i pensieri, o qualunque altra pratica svolga nel corso delle ore, o delle giornate.



(da Alice Munro, Troppa felicità, Einaudi)

mercoledì 14 novembre 2012

Quando Darwin smise di leggere Shakespeare

La domanda non è originale, ma vera e tale rimane anche se più volte me la sono posta: perché gli scienziati spesso e volentieri finiscono per voltare le spalle alla letteratura e all'arte?

(ovviamente vale anche il contrario: perché gli artisti e i letterati spesso e volentieri si dimostrano allergici alla scienza?)

Domanda che mi è balzata di nuovo incontro la scorsa domenica, leggendo la splendida pagina che su Repubblica Alessandro Baricco ha dedicato all'Autobiografia di Charles Darwin. C'è un passo, di Darwin e non di Baricco, che mi ha particolarmente colpito:

La mia mente sembra diventata una specie di macchina per estrarre delle leggi generali da una vasta raccolta di fatti, ma non riesco a capire perché ciò debba aver causato l'atrofia di quella parte del cervello da cui dipende il gusto estetico.

Da ragazzo Darwin era uno che leggeva Shakespeare e che si faceva conquistare da quelle pagine. Ma ora il giudizio su Shakespeare è terribile: lo trovo così insopportabilmente pesante da trarne disgusto. Che cosa è successo in mezzo, a parte il fatto che è diventato  lo scienziato che ha rivoluzionato le nostre idee?

Non ho letto l'autobiografia, mi sembra di capire che da essa emerga la figura di un uomo sereno, tutto sommato in pace con se stesso. Però proprio su questo si avverte un crampo di rimpianto:

La perdita di questi gusti è una perdita di felicità.

Ed eccolo Darwin, il grande scienziato, eccolo che si guarda indietro, senza che possa davvero tornare indietro, ecco ripromettersi ciò che non potrà più fare: se vivessi un'altra volta, mi costringerei a leggere poesia e ascoltare musica almeno una volta alla settimana.

Per non perdere questi gusti. Per non perdere la felicità. In un'altra vita.

lunedì 23 aprile 2012

Attenti a quei momenti di "trascurabile" felicità

Quasi sempre non te ne accorgi, sarà per distrazione sarà per una scontata ingratitudine. Non te ne accorgi, ma ci sono, si nascondono, saltano fuori quando meno te l'aspetti, poi che tu riesca ad apprezzarli o meno è un altro discorso.

Quasi sempre si avvertono quando non ci sono più, quando sono ricordo che affiora, crampo di nostalgia. Come quella campanella della scuola che oggi ti piacerebbe poter ascoltare di nuovo, per fare cartella, alzarti dal banco, lasciarti alle spalle l'aula per un altro giorno.

Sono momenti di trascurabile felicità, appunto, titolo di un libro (Einaudi editore) che dice già molto. Lampi di luce, brividi di piacere, cunei di emozione nell'ordinario svolgimento del tempo, a volte anche debolezze e piccole manie, tic, difetti e difettucci che fa piacere tenersi stretti, non fosse altro che per dimostrare anche a noi stessi che non siamo fatti in serie.

Francesco Piccolo, con penna leggera, racconta, cataloga, confessa. Ma prima di tutto si lascia abitare da un senso di meraviglia.

Meraviglia necessaria perché quei momenti non siano davvero trascurabili, perché quella felicità sia veramente tale.

mercoledì 18 aprile 2012

La felicità a oltranza di Ugo Cornia

Forse più importante di quello che dice è come lo dice, con la sua parola sincera e stralunata, incline alla digressione e micidiale nel catturare le emozioni al volo. Mica poco. La differenza quasi sempre è tutta lì.

Mi piace Ugo Cornia. Mi piace questo volumetto che per me è stata un'altra bella sorpresa della Sellerio.

 Mi piace fin dal titolo: Sulla felicità a oltranza.

Proprio così: la felicità a oltranza è promessa di resistenza, possibilità di riscatto, sguardo rinfrancato, allegria di naufragi e biglietto staccato per una nuova partenza.

C'è il tempo che passa e tutto cancella, in questo libro, ci sono i cari che spariscono, lutti improvvisi e devastanti come colpi di mazzuolo. Però tutto questo non è solo occasione di pianto, perché dal dolore fiorisce la rinascita, dal distacco la sorpresa di una presenza rinnovata (che poi in effetti quello che è provato a esprimere anch'io in Una domenica come le altre). Voci, radici, incanti.

Quasi un'operetta morale, tonificante prima ancora che rassicurante, generosa di quell'energia che solo la magia della leggerezza può donare.

mercoledì 7 marzo 2012

Momenti così, come l'odore del pane

Il momento esatto in cui di notte i semafori cominciano a lampeggiare, che vuol dire che ormai le auto sono poche e quasi tutte stanno tornando verso casa.


Due che stavano per lasciarsi e poi non si lasciano più e si abbracciano a lungo, senza accorgersi che la gente si è fermata a guardarli. 


Un piccolo incidente e il ragazzo in motorino si alza subito perché non si è fatto niente.


Tutte le nonne che portano al parco i nipoti e i loro sorrisi apprensivi quando li guardano correre.


Le persone che devono cominciare a parlare per dire una cosa importante.


Ogni palazzo che ospita uffici ricolmi di lavoro e tutte le vite che ci sono dietro coloro che stanno dietro alle scrivanie.


Il suono prolungato e familiare di campanelle scolastiche, e un rumore di scale percorse con tumulto che si diffonde in molti quartieri, rumore di bambini, ragazzi e adolescenti, che creano per qualche secondo una tensione barbara, lì fuori, una scenografia dell'attesa di qualche secondo - e poi tutti questi ragazzi che vengono espulsi quasi all'unisono, le scuole si svuotano e la città si riempie di nuovo, i vigili urbani hanno molto da fare, le madri e i padri tornano a fare i genitori, i pranzi sono quasi pronti, le organizzazioni complicate dei pomeriggi.


L'odore di pane del primo mattino....

(Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile felicità, Einaudi)

venerdì 31 dicembre 2010

Gli auguri più grandi con le parole di Rosa L.

Le parole sono di Rosa Luxembourg, tratte da quella bellissima lettera sulla compassione, scritta dal carcere, che i bambini in Germania studiano anche a scuola e che anche noi dovremmo conoscere un po' di più. In realtà una lettera che non è solo sulla compassione, ma anche sulla bellezza della vita, di qualunque vita si tratti. Parole come un grande augurio per tutti voi, per il mondo intero, all'inizio di questo 2011.
(la lettera è pubblicata da Adelphi con il titolo "Un po' di compassione")

Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell'oscurità, della noia, della prigionia invernale - e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito. E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità.


E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare. E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta l'orecchio.


In quei momenti penso a voi, a quanto mi piacerebbe potervi dare la chiave di questo incanto, perché vediate sempre e in ogni situazione quel che nella vita è bello e gioioso, perché anche voi possiate sentire questa ebbrezza e camminare su un prato dai mille colori.

mercoledì 3 novembre 2010

Quei momenti di trascurabile felicità


Beh, perché non usare questo blog non solo per i libri che ho letto, ma anche per quelli che voglio leggere? Per le intenzioni di lettura, insomma?

Sono consapevole che ancora devo andare in libreria e acquistarlo e portarmelo a casa e poi sceglierlo dalla pila degli ancora non letti, però questo libro mi tenta, fin dal titolo: Momenti di trascurabile felicità.

E' un titolo accattivante, di quelli che catturano l'occhio, che rimandano a concetti garbati. Per esempio all'idea di una gioia portatile, su misura, che possiamo infilare dentro le nostre giornate così come facciamo con i nostri computer sempre più miniaturizzati.

L'autore è Francesco Piccolo - un cognome che sembra fatto apposta - uno scrittore che è già uscito con titoli quali L'Italia spensierata e Allegro occidentale. Michele Serra, che ne ha parlato qualche tempo, lo etichetta come un provocatore, che può essere anche un bel titolo, inteso come onore.

Cucire assieme spensieratezza, allegria e - addirittura - felicità costituisce un'eccezione quasi scandalosa. 

Così dice e non posso che dargli atto, in tempi così magri. E pensate - questo è il bello - per arrivare a questo non c'è bisogno nemmeno di tanto stucchevole buonismo.

Spero che tra l'intenzione e la lettura questa volta non ci sia di mezzo il mare della mia pigrizia.

Giusto ora mi viene in mente che anche pregustare un libro può essere una felicità trascurabile. Trascurabile e necessaria.

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