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mercoledì 7 novembre 2012

Un po' di nostalgia per il romanzo lungo

Sta tramontando l'epoca del romanzo lungo, travolto prima che dal gusto del lettore dalle nuove tecnologie?

In diversi se lo stanno domandando e recentemente anche Gail Rebuck, presidente della Random House, una delle più grandi casi editrici del mondo, ha risposto così a chi gli domandava se in futuro si leggeranno ancora romanzi: "Sì, ma quanto lunghi?"

E certo, la nuova epoca dell'editoria digitale e dei lettori multitasking infligge un deprimente senso di obsolescenza ai cultori del Dottor Zivago o della Recherche. Scrive Enrico Franceschini su Repubblica:

I lettori non hanno più tempo da dedicare a libri di 400 o 500 pagine, sottoposti come sono a troppe distrazioni dal web, fra social network, email, tablet e telefonini intelligenti.

E può non dispiacere l'età dell'oro che si annuncia per il romanzo breve, di cui bene parla Ian McEwan:

Spesso i critici reagiscono a un romanzo breve come se un autore avesse sbagliato qualcosa o non avesse osato abbastanza, ma un libro più lungo non significa necessariamente un libro migliore, anzi.

D'accordissimo, tanto più che si possono catalogare come romanzi brevi anche Morte a Venezia di Thomas Mann o The Dead di James Joyce. Però in tutto questo mi sento un po' dinosauro. Che bello, sprofondare di tanto in tanto in quegli oceani di carta e perdersi nelle trame, ripartendo ogni giorno da dove ci si era lasciati il giorno prima, magari rallentando verso la fine, perchè è un dispiacere che quella storia non prosegua, che quel personaggio ci dica addio...

mercoledì 15 agosto 2012

Dato che l'estate è fatta apposta per i romanzi

Durante l'anno mi attirano, mi piacciono, non mi piacciono, mi annoiano o mi entusiasmano libri molto diversi, non tutti di narrativa: libri di storia, di divulgazione scientifica, di musica o semplici pettegolezzi biografici.

Ma basta che arrivi l'estate e la promiscuità delle mie letture cede il passo al nutrimento del romanzo: il romanzo lungo e complicato, il romanzo che ci obbliga a vivere dentro le sue pagine, il romanzo che è come una casa di grandi stanze appartate e come un viaggio, come una di quelle traversate antiche che duravano settimane, come i viaggi definitivi di cui parlano proprio alcuni di questi romanzi: passaggio in India di E. M. Forster, il viaggio del Pequod, i sette anni di ritiro del giovane Hans Castorp nella Montagna incantata, l'eterno viaggio in treno in Siberia durante il caos dei primi tempi della rivoluzione che è la spina dorsale del Dottor Zivago, quello dello sfortunato Lord Jim ai limiti dell'infanzia e della redenzione.

Il caldo e i romanzi. L'ozio e i romanzi. La lettura dei romanzi come espressione perfetta dell'ozio....

(Antonio Muñoz Molina, Letture d'estate, da Internazionale)

sabato 29 maggio 2010

Quando il dottor Zivago faceva paura


Moriva esattamente cinquant'anni fa, povero e perseguitato, Boris Pasternak (foto a lato), lo scrittore che dovette rinunciare al Premio Nobel. Non mi piacciono poi tanto gli anniversari, però credo che diversi di noi, magari in altri anni, abbiano trascorso intere serate a divorarsi le pagine de Il dottor Zivago. E che in tanti ci si sia emozionati anche con il film di David Lean che ne è stato tratto, quello con Omar Sharif, Geraldine Chaplin, Julie Christie, film che sarà quello che sarà, però come dimenticare lo sguardo del dottore e l'abbraccio con la bella Lara e quella slitta che scivola sulla neve?

Il discorso che dovrei fare, in realtà, è assai più serio. Perché oggi pochi si ricordano che questo libro straordinario non riuscì a trovare posto nelle librerie dell'Unione Sovietica, anzi, non fu proprio stampato. Bloccato dalla censura, vietato dal regime.

Per come poteva andare, è quasi un miracolo che ci sia arrivato tra le mani. Anzi, che questo capolavoro sia diventato un libro. Poteva sparire, poteva semplicemente svanire tra le gli infiniti, incommensurabili scaffali di inediti (quanti capolavori sono stati inghiottiti in questa biblioteca immaginaria?).

E' importante ricordare, ancora oggi, che se oggi abbiamo la possibilità di godere del Dottor Zivago è perché quel manoscritto riuscì a varcare la "cortina di ferro". Fu la Feltrinelli, per prima al mondo, a scommettere su Pasternak e a farne un libro. Tanto di cappello agli editori liberi e coraggiosi, ecco cosa vuol dire (a Mosca bisognerà attendere il 1988 per la prima edizione non clandestina).

Tutto questo viene raccontato oggi su Tuttolibri de La Stampa, in un bell'articolo di Enzo Bettiza, titolo Chi aveva paura del dottor Zivago (proprio così, un'affermazione, non una domanda)

E io sono qui e ho voglia di riflettere a quello che gli uomini - i più potenti - riescono a combinare i libri. Devono essere armi formidabili, i libri, per scuotere così i regimi più tosti. E in fondo devono essere davvero poca cosa, quei regimi, se hanno paura perfino della bellezza.

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