Il libro che state per iniziare parla di esplorazione e di ignoto. E di quanto il mondo a forza di farsi sempre più piccolo e conosciuto abbia visto sparire quei sogni e quelle aspirazioni che per secoli sono andati assieme ai viaggi e alle scoperte.
Credete in me, i libri di Alessandro Vanoli sono tappeti volanti di parole, in grado di portarvi molto lontano. Ci entrate dentro in punta di piedi, convinti delle vostre coordinate geografiche e del vostro fuso orario, per trovarvi di schianto sbalzati in un altro continente e in un'altra epoca. E il bello è che non ci sono effetti speciali, semmai la competenza e la passione dello storico, insieme a quelle doti narrative che nello storico spesso scarseggiano.
L'avevo già sperimentato con Quando guidavano le stelle, racconto di un Mediterraneo più volte attraversato in un grande viaggio sentimentale. E lo ritrovo ancora di più in questo nuovo libro, L'ignoto davanti a noi (Il Mulino), con tanto di sottotitolo che è di per sé indicazione di rotta: sognare terre lontane.
Perché poi è vero, ogni viaggio, ogni autentico viaggio, è attesa, desiderio, emozione che non si lascia catalogare e ovviamente sogno. Vale in qualche misura ancora oggi, figurarsi ai tempi in cui le mappe erano approssimative, gli oceani erano popolati di mostri, le chiacchiere nelle taverne dei porti mescolavano ambizioni e superstizioni, interi continenti non c'erano o erano solo un contorno con la terra incognita dentro.
Erano tempi difficili, ma anche tempi meravigliosi di avventura e scoperta. Prima dei Gps, prima dell'altrove che ormai è un ovunque. Vanoli ci prende per mano e ci accompagna tra navigatori del mondo antico e pirati dei Caraibi, tra monaci buddisti in cammino e naufraghi tra isole che poi sono diventate letteratura.
E quanti nomi che ritornano dai romanzi e dalle fantasticherie di quando ero un ragazzo: Cristoforo Colombo e Ibn Battuta, Marco Polo e Henry Morgan.
Ciò che soprattutto mi interessa - spiega Vanoli quasi a mettere le mani avanti - è la storia del lento scomparire dello spazio esplorabile.
Sarà vero? Certo che no, per uno studioso che sospetto sia rimasto eterno ragazzo. Ci scommetto, perché con lui - scopro - condivido libri che non ti mollano più, che lasciano il segno: Emilio Salgari, Robert Louis Stevenson, Italo Calvino e incredibile, incredibile, persino Peter Kolosimo (allora non ero il solo...).
E' evidente che non potrà che pensarla così:
Dell'ignoto abbiamo ancora bisogno e, soprattutto, a ben guardare di ignoto e di stupore è ancora pieno il mondo.
Così dice Vanoli. E io insieme a lui.

L'avevo già sperimentato con Quando guidavano le stelle, racconto di un Mediterraneo più volte attraversato in un grande viaggio sentimentale. E lo ritrovo ancora di più in questo nuovo libro, L'ignoto davanti a noi (Il Mulino), con tanto di sottotitolo che è di per sé indicazione di rotta: sognare terre lontane.
Perché poi è vero, ogni viaggio, ogni autentico viaggio, è attesa, desiderio, emozione che non si lascia catalogare e ovviamente sogno. Vale in qualche misura ancora oggi, figurarsi ai tempi in cui le mappe erano approssimative, gli oceani erano popolati di mostri, le chiacchiere nelle taverne dei porti mescolavano ambizioni e superstizioni, interi continenti non c'erano o erano solo un contorno con la terra incognita dentro.
Erano tempi difficili, ma anche tempi meravigliosi di avventura e scoperta. Prima dei Gps, prima dell'altrove che ormai è un ovunque. Vanoli ci prende per mano e ci accompagna tra navigatori del mondo antico e pirati dei Caraibi, tra monaci buddisti in cammino e naufraghi tra isole che poi sono diventate letteratura.
E quanti nomi che ritornano dai romanzi e dalle fantasticherie di quando ero un ragazzo: Cristoforo Colombo e Ibn Battuta, Marco Polo e Henry Morgan.
Ciò che soprattutto mi interessa - spiega Vanoli quasi a mettere le mani avanti - è la storia del lento scomparire dello spazio esplorabile.
Sarà vero? Certo che no, per uno studioso che sospetto sia rimasto eterno ragazzo. Ci scommetto, perché con lui - scopro - condivido libri che non ti mollano più, che lasciano il segno: Emilio Salgari, Robert Louis Stevenson, Italo Calvino e incredibile, incredibile, persino Peter Kolosimo (allora non ero il solo...).
E' evidente che non potrà che pensarla così:
Dell'ignoto abbiamo ancora bisogno e, soprattutto, a ben guardare di ignoto e di stupore è ancora pieno il mondo.
Così dice Vanoli. E io insieme a lui.
Mi vedi?
Ero la cosa peggiore che ci si possa immaginare. Ero normale.
Ero quasi invisibile, vero?
E forse ero la persona più felice che tu potresti aver incontrato
Mattias è fatto così, è una persona che si è sempre tenuto lontano dalla luce dei riflettori. Gli piace essere invisibile, comunque non arrivare mai primo. Ci sono persone così al mondo. Sono strane, in un mondo dove l'importante è vincere, non partecipare, ma ci sono. Sono strane perchè pretendono di essere normali e lo sono.
Mattias da ragazzino era uno di quelli che non si siedono al primo banco, non alzano la mano per primi, non trovano mai le parole giuste per attaccar discorso con la compagna di classe che gli piace. Quando ha scoperto di avere una straordinaria predisposizione per il canto non ha cominciato a sgomitare per guadagnarsi un posto al sole.
Da sempre fantastica sulle avventure spaziali, ma il suo eroe non è Neil Armstrong, il "primo" uomo sulla luna, è Buzz Aldrin, il "secondo" uomo sulla luna, quello di cui nessuno si ricorda, e che, per inciso, era il più esperto e capace tra i due. Mattias guarda la luna ma sa farsi bastare un pò di terra per il suo lavoro di giardiniere.
Non è un libro sulla luna, Che ne è stato di te, Buzz Aldrin? (Iperborea) di Johan Harstad, giovane autore norvegese. O forse lo è, anche se tiene i piedi ben piantati sulle terre dei mari del grande Nord. Lo è perchè bisogna sempre andare lontano per ritrovare se stessi, e questo è il viaggio che racconta Harstad, il viaggio più difficile.
Norvegia e poi le Faroe, isole distanti da tutto, sferzate dal vento e dal mare. Perdersi e poi ritrovarsi. La difficile battaglia della solitudine per investire in autenticità e poi riscoprire i legami.
Non tutti hanno bisogno del mondo intero.
Io volevo solo stare in pace
E un nuovo inizio che forse avrà il colore di altri mari, il calore dei Caraibi. Prima inseguiti leggendo e rileggendo una guida fino a consumarla, poi possibilità, vita che svolta, capitolo che comincia. Imbarcazione che lascia il suo molo:
Le Faroe erano ridotte a una parentesi nell'oceano e noi eravamo scomparsi
E fai fatica a scioglierti da questo viaggio di 450 pagine e accettare la separazione. E magari vorresti gettarti in acqua e raggiungere Mattias e i suoi amici, nemmeno ti sentissi già in colpa per non essere partito con loro.
Ps: Consiglio su consiglio, questo è un libro che metto idealmente accanto a un altro di qualche anno fa, altra scoperta, libro per me davvero necessario. La scoperta della lentezza di Sten Nadolny. Altra storia di anomala normalità o di normale anomalia, di saggezza che procede per la tangente, di vittorie che rovesciano il buon senso e le attese.