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mercoledì 8 gennaio 2020

Arte del giardinaggio, arte della vita

Il tuo rapporto verso le cose è cambiato. Se piove, affermi che piove sul giardino; se splende il sole, non splende cosi semplicemente, ma splende sul giardino; se è notte, ti compiace che il giardino riposi.

Pensare che Karel Capek, scrittore ceco vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, si ricorda a malapena per essere il padre della parola robot. E invece c'è anche questo piccolo libro, pubblicato qualche anno fa da Sellerio, che bisognerebbe tenersi stretti, direi quasi a portata di mano. 

Solo apparentemente è un manuale di giardinaggio. Non lasciatevi ingannare, questi articoli pubblicati su un quotidiano di Praga fino ad attraversare tutte le stagioni - non a caso la raccolta si chiama L'anno del giardiniere - è assai di più di questo. Non solo il diario pubblico di un appassionato di giardinaggio, scritto con penna garbata e divertita,  dentro c'è una formidabile lezione di vita. 


Piccolo formato, grandi insegnamenti: un libro da tenersi vicino perché fa bene, perché capace di consigliare come un amico fidato, perchè può sempre strappare un sorriso. 

I giardini - dice proprio all'inizio Capek - si possono creare in diversi modi: il migliore modo è assumere a questo scopo un giardiniere. 

Verità lapalissiana riguardo agli esiti, ve lo dice uno sterminatore seriale di piante, in terrazza come nel suo giardinetto. Eppure per niente al mondo chi ci ha provato vorrebbe poi rinunciarci. E' un po' come lo zen e il tiro con l'arco. In ogni movimento c'è un senso, in ogni momento una possibilità di essere veramente noi stessi. 

E soprattutto la pratica - non dico l'arte - del giardinaggio ci restituisce al tempo, al suo trascorrere, al suo ripetersi uguale e diverso. 

Con la bellezza specifica di ogni stagione. Con la forza della vita che c'è e resiste anche quando sembra cedere alla sua fine.

Che cos'è mai una foglia cadente su questa ricca fioritura autunnale? Ma non vedete che la stanchezza non esiste? 

Così è, ci spiega Capek, e  gli alberi che si spogliano in autunno sono solo un'illusione ottica. In realtà sono già cosparsi di tutto ciò che si aprirà e si svilupperà in primavera.

Così è la vita. Questo è ciò che ci insegna anche il più umile dei giardini.


sabato 17 novembre 2012

Brecht, che trovava bello innaffiare il giardino

Oh, bello innaffiare il giardino,

per far coraggio al verde!
 

Dar acqua agli alberi assetati!
 

Dai più che basti e
 

non dimenticare i cespugli e siepi, perfino
 

quelli che non dan frutto, quelli esausti
 

e avari. E non perdermi di vista
 

in mezzo ai fiori, le male erbe, che hanno
 

sete anche loro. Non bagnare solo
 

il prato fresco o solo quello arido:
 

anche la terra nuda tu rinfrescala.




(Bertolt Brecht, Poesie e Canzoni, Einaudi)

venerdì 23 settembre 2011

I "giusti" di Borges salvano il mondo

Scoperta solo ieri e me ne vergogno, io che la poesia del grande Borges me la porto dietro fin dagli anni del liceo. Male, perché è una poesia che fa bene alla vita.

 
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

(I Giusti di Jorge Luis Borges)

giovedì 21 aprile 2011

Ogni dialogo ha bisogno del suo posto


Ah, per Giunone, che bel posto per riposare! Con questo platano così ampio di fronde e così alto! E che slancio quell'ippocastano, che bellissima ombra! E' al colmo della sua fioritura e spande profumo per tutto il luogo. Una sorgente deliziosa scorre sotto il platano con acque fresche, come si può sentire con il piede. E la bellezza del posto, quant'è amabile e dolce! Melodia estiva che risponde al coro delle cicale. Ma più gentile di tutto è quest'erba, cresciuta così soffice sul dolce pendio, perché chi vi si sdraia possa appoggiarvi la testa. Sei stata una guida stupenda, Fedro caro

Sono le parole con cui prende avvio uno dei più grandi dialoghi di Platone, il Fedro, pietra miliare della storia della filosofia. Il ragionamento sull'amore, il destino delle anime dopo la morte, la dottrina delle idee... quante cose che si trovano, nelle parole del giovane ateniese Fedro e soprattutto di Socrate.

Ma l'inizio è questo e mi fa pensare cosa di esso dice un filosofo dei nostri tempi come James Hillman, in una conversazione con la storica Silvia Ronchey (pubblicato da Bur col titolo Il piacere di pensare.... anche questo un dialogo....). E cioé che quelle parole non solo una delle più belle descrizioni di un ambiente della letteratura greca. Sono di più, sono una condizione stessa del dialogo.

Ognuno dei dialoghi platonici comincia in un luogo. Nel senso che quei dialoghi sono collocati nello spazio. Noi, astratti pensatori occidentali, non prestiamo attenzione a dove sono collocati e ne discutiamo le idee, i concetti

Ma poteva il dialogo sull'amore e sulla bellezza, sui sentimenti e i desideri prescindere da quel giardino meraviglioso?

Può essere un dettaglio, ma magari anche questo è un modo per rimettere a posto la nostra vita: trovare i posti giusti alle nostre parole (e a quelle degli altri).

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...