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mercoledì 1 luglio 2015

Vent'anni fa, Alex, a un albero di albicocco

Posso dire che rifuggendo drasticamente dai salotti e dalle persone che mi cercano in funzione di qualche mio ruolo, vivo come una delle mie maggiori ricchezze gli incontri che la vita mi dona.

Era l'estate di 20 anni. A Srebrenica l'Europa giusto dietro la porta di casa nostra si scopriva bestiale come non capitava dai tempi del nazismo. Non dietro la porta, ma a casa nostra, a un albero di albicocco a pochi chilometri da dove abitavo e abito, si impiccava Alexander Langer.

Era il 3 luglio 1995: se ne andava l'uomo che aveva impegnato la sua vita a costruire ponti tra popoli e religioni diverse e che, al cospetto di quegli stessi ponti in macerie, era come si fosse voluto fare carico di tutto l'orrore.

In quell'estate avevo altro per la testa. Probabilmente mi trovavo lontano da Firenze, a inseguire chissà che cosa. Certo se le notizie di Srebrenica e di Alex Langer mi raggiunsero non ci prestai molta attenzione e di quella distrazione ancora mi vergogno.

Ma forse avevo bisogno di tempo e di maturità per rendermi davvero conto che quella strage in Bosnia ancora ci punta il dito. E che è anche ai nostri giorni che manca terribilmente una persona come Alex Langer. Proprio a questi giorni in cui si rincorrono le notizie di muri, fili spinati, respingimenti.

Allora un buon consiglio per tutti. Provate a leggere Non per il potere, libriccino con cui Chiarelettere raccoglie alcuni dei principali testi di colui che Pino Corrias ha definito il più impolitico dei politici di professione, quasi un francescano.

E su queste pagine interroghiamoci sulla domanda che per Massimo Cacciari è stata la domanda di Alexander Langer: Non è che stiamo distruggendo tutte le nostre possibilità di convivenza? 

Domanda di ieri, domanda di oggi.  

venerdì 9 gennaio 2015

Il sogno è questa terra che si fa grano

Mi considero un poeta religioso e politico, una categoria pericolosa: quegli uomini che, se individuano un obiettivo, fanno un gran casino e coinvolgono tutti quelli che avvicinano per raggiungere il sogno.

Che straordinaria figura che ci racconta Massimo Orlandi in La terra è la mia preghiera (Emi), storia di Gino Girolomoni, padre del biologico in Italia. Confesso: non ne avevo mai sentito parlare, nè avevo mai sentito parlare della storia del suo marchio, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Meglio così, se questo ora mi ha permesso di tuffarmi in queste pagine, con il piacere della sorpresa, direi quasi della rivelazione. Merito di Massimo Orlandi, che va oltre la tradizionale biografia, per raccontare una vita "dal di dentro", scavando tra emozioni e vocazioni. E merito ovviamente di Gino Girolomoni, personaggio a tutto tondo, capace di parlare ai cuori e di toccare molte corde diverse.

Perché qui non c'è solo il padre di un diverso modo di fare agricoltura, il fondatore della prima cooperativa del biologico, il precursore di scelte che oggi ci è facile fare anche tra gli scaffali di un supermercato. Qui c'è l'uomo che ha deciso di diventare contadino, in anni in cui solo la parola era una sorta di insulto, che ha scelto di tornare alla terra quando tutti ne scappavano. C'è il mistico che nella natura ha intuito significati riposti, l'archeologo che in Terra Santa ha cercato la verità della Bibbia. C'è l'intellettuale presumibilmente allergico a questa parola, e che pure a me pare che a questa parola restituisca significato pieno, lui che ha restituito a nuova vita un monastero abbandonato, facendone luogo di silenzio, ma anche di incontro, frequentato da personaggi come Guido Ceronetti, Sergio Quinzio, Massimo Cacciari, Alex Langer.

E c'è il sognatore, soprattutto il sognatore. Perché questo di Massimo Orlandi è in effetti un libro su un sogno.

Un libro che ci si insegna che ai sogni non solo è possibile, ma anche necessario dare gambe, per metterli in cammino nella realtà dei giorni. Sogni come le zolle di terra da cui spunta il nuovo grano. 

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...