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lunedì 27 novembre 2017

A piedi sulla Linea Gotica, con una bandiera che è Irene

Se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dovve caddero i partigiani...

Lo diceva il grande Piero Calamandrei, le cui pagine andrebbero riportate nelle scuole, nell'epoca della Grande Amnesia e della Rete che mastica insieme verità e falsità, restituendo solo indifferenza. Lo diceva lui e non a caso parlava di pellegrinaggio, la stessa parola, a volte abusata, che spinge in cammino le persone per Roma o per Santiago.

Ha un nome, un tracciato, una  successione di tappe sulla carta, questo pellegrinaggio: è la Linea Gotica, dove i nazifascisti si attestarono per lunghi terribili mesi, è il nostro Appennino segnato dalle azioni partigiane e dalle stragi di civili, quali Sant'Anna di Stazzema e Marzabotto.

Pellegrinaggio, ma non solo, perché  quello che un tempo fu il fronte oggi può essere uno splendido cammino coast to coast. Un modo di attraversare l'Italia dal Tirreno all'Adriatico - o viceversa - che certo gode meno fortuna di tanti cammini che l'Appennino lo passano da Nord a Sud, quale la Via degli Abati o la Via degli Dei.... Eppure, eppure, quanta bellezza in questo cammino, che non è solo un cammino.

Martina Fabbri - autrice bolognese che mette insieme la passione per il cammino con la cura della memoria - ce lo racconta in A piedi sulla Linea Gotica (Andrea Pacilli editore): 18 tappe dove non ci sono solo la fatica, la pioggia, il riposo nei rifugi, lo zaino fatto e disfatto. Ci sono i luoghi che parlano, ci sono gli incontri, ci sono i fatti che le fake news non potranno attaccare. Perchè questo è stato, questo è successo.

Una tenda come casa che abbraccia un tempo e uno spazio più larghi.Bustine di tè e qualche sorso di buon vino per dare conforto al corpo stremato. Ma soprattutto una bandiera - che è la bandiera dell'Anpi - che viene dietro come una compagna di viaggio, che raccoglie le firme delle persone incontrate per strada, che ha persino nome: Irene, nome di popolo, nome che significa pace.

Da leggere, questo libro. Da trarne ispirazione, anche. Per chi potrà tracciare e curare meglio questa via, in grado di diventare una delle grandi vie italiane. E per chi magari si metterà in cammino, cercando memoria e bellezza.
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mercoledì 29 gennaio 2014

Raimondo Ricci e il giornalismo al servizio della memoria

Ecco, allora il senso vero di questo libro. Dare forza alle parole quando le forze del corpo sono sempre più ridotte. 
Lasciare traccia.
E non per sé ma per chi ancora può agire.

Devo ringraziare due colleghi come Domenico Guarino e Andrea Marotta per avermi voluto insieme a loro nella presentazione di Io, Raimondo Ricci, Memorie da un altro pianeta (Sagep edizioni), il libro in cui hanno raccolto l'ultima testimonianza di uno straordinario protagonista del Novecento. Raimondo Ricci, appunto: un uomo che, dopo essere scampato alle rappresaglie dei nazisti e a Mauthausen, ha vissuto molti anni ancora impegnando per intero la vita che gli era stata restituita. Come presidente nazionale dell'Anpi e non solo.

Ringraziarli, è ovvio, non tanto per la mia presenza, che certo non ha aggiunto nulla. Ma per avermi permesso di entrare in contatto con la figura di Raimondo Ricci e con la straordinaria lezione che ci ha dato: sul coraggio necessario, sulla coerenza che è una medicina per tante ferite, sulla bellezza che, a coltivarla, è il peggiore smacco per gli assassini.

Ringraziarli, soprattutto, per la prova di buon giornalismo che hanno dato. Penso a un giornalismo che sa andare oltre la notizia del giorno, senza appiattirsi solo sul presente. Che sa dare spessore, profondità, tempo al suo lavoro, facendosi carico anche della responsabilità della memoria. Un giornalismo responsabile, rispetto al dovere della testimonianza e a ciò che dovrà comunque rimanere quando anche l'ultimo testimone non ci sarà più. Sembra retorica. Però basta aprire una di queste pagine senza fronzoli, di Raimondo Ricci e su Raimondo Ricci, per comprendere che è questa la sostanza di una professione che appartiene al tempo.



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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...