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sabato 15 settembre 2012

L'emigrante che piangeva ai film di Charlot

In ogni caso, Diamante non perse neanche un cortometraggio di Chaplin, né lo abbandonò quando Charlot divenne famoso - milionario e vanitoso come un re.

Quando divenne intellettuale, quando smise di far ridere, quando fu processato per le sue esuberanze erotiche e biasimato per la sua inclinazione per le ragazze troppo giovani, quando cominciò a parlare - e perfino quando divenne comunista e cadde in disgrazia negli Stati Uniti. Diamante gli rimase fedele - e fu la sua una fedeltà conclusiva.

Lo seguì come un compagno d'avventura, il misterioso fratello che non aveva mai incontrato. Conosceva a memoria Charlot dentista, Charlot pittore, Charlot alla spiaggia, Charlot nottambulo, vagabondo, pompiere, gentiluomo ubriaco, emigrante, evaso, soldato, vetraio ambulante, cercatore d'oro, disoccupato, clown.

Anche i figli finirono per trovare familiare il vagabondo coi baffetti neri e gli occhi celesti, furbi e sconfitti.

Ma Roberto non aveva capito perché mai, mentre la platea sussultava, squassata dalle risa, suo padre restava immobile, pietrificato nell'oscurità, lo sguardo fisso sullo schermo. Perché mai, alla vista di quel bastone roteante e di quella camminata sghemba, piena di patetico sussiego e di incrollabile dignità, Diamante, così rigido e controllato, che nessuno aveva mai visto piangere e nemmeno emozionarsi - estraesse un fazzoletto da taschino e soffiasse furtivamente il naso.

(Melania G. Mazzucco, Vita, Rizzoli)


venerdì 14 settembre 2012

L'America non esiste. Io lo so perché ci sono stato

Saga famigliare, indagine storica, storia di emigrazione, romanzo di sentimenti e persone che si cercano e si perdono per tutto il tempo di una vita, senza mai trovarsi se non per alcuni sfolgoranti, impagabili momenti.....

Quante cose che sa essere insieme Vita di Melania Mazzucco, libro che ho comprato diverso tempo fa - avevo scoperto, piuttosto genericamente, che parlava degli italiani in America e questo mi aveva incuriosito - e lasciato in attesa di lettura per diverso tempo, certo intimorito anche dalla sua mole non indifferente. Quante cose - e io che non ero affatto preparato, nemmeno avevo capito che Vita non si riferisce al cammino di tutti noi su questa terra, ma è il nome della protagonista...

Storia di una famiglia tra il Sud di Italia e l'America, che si annuncia con la Statua della Libertà e poi diventa troppe cose: fatica, miseria, possibilità, lavoro da schiavi e avvenire che si può inventare, ghetti che alimentano violenza e tubercololosi e spazi sconfinati, verso l'ovest, verso l'oceano, verso un'altra vita.

Storia di due bambini, Vita e Diamante, insieme sulla nave che li porta a New York, uniti da una promessa che più e più volte dovrà infrangersi contro gli scogli appuntiti delle circostanze.

Storia di un popolo condannato all'emigrazione  e di tutto quello che c'è stato dopo - il lavoro per innalzare grattacieli, scavare miniere, stendere ferrovie dall'Atlantico al Pacifico, ma anche i morti ammazzati per strada, la mafia che si dice che non c'è, eppure c'è, come no, anche se si chiama Mano Nera, nome buono per i giornaletti d'avventura.

Storia di partenze e addii, di radici tagliate e di legami ritrovati, di ritorni, anche, magari come figli e nipoti che ritrovano l'Italia come soldati impegnati sulla Linea Gotica...

E dunque, che dirvi, se non che è un libro da leggere, da portare in fondo anche a dispetto di  pagine a volte prolisse e di una storia che a volta si perde - e non è che importi, perché in effetti è proprio bello perdersi.

Riflettendo magari sulla splendida frase in epigrafe di Alain Resnais, da Mon oncle d'Amèrique:

L'America non esiste. Io lo so perché ci sono stato.

Mi sa che vale per chiunque abbia abitato quel sogno.

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