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domenica 25 novembre 2012

Il Gange e il Grande Viaggio che è di tutti

Himalaya. Mi è difficile descrivere, ogni volta, la felicità di partire a piedi verso le montagne lasciandomi dietro il mondo fatto di strade e case. Camminare. Trovare il ritmo. Salire lento ascoltando il respiro nei talloni, nei muscoli delle gambe e nel corpo che con il sudore si rimette in moto.

Comincia così, con un gruppo di amici che parte per un viaggio indimenticabile, le montagne dell'India del Nord, le sorgenti del fiume sacro per eccellenza, il Gange.

Aria di Marrakesh Express,il film che diversi anni prima ha regalato la notorietà a un attore come Giuseppe Cederna, che certo non è solo un attore. Amicizia, avventura, la leggerezza del viandante.

Ma ci sono viaggi che, magari inaspettatamente,  diventano pellegrinaggi. E che a ogni passo si fanno domanda, tentativo di risposta, resa a ciò che è più grande.

Succede magari con la scomparsa di una cara amica, notizia che rimbalza dall'altro lato del mondo, per telefono. Con il pellegrinaggio per le vie delle Sorgenti e delle Confluenze che diventa altro ancora: il grande viaggio, nel mistero della vita e della morte.

Il Grande viaggio che è anche un libro, che racconta di montagne e di sorgenti, ma anche della morte che ci accompagna e della vita che si rinnova.

sabato 17 novembre 2012

Chiacchiere e sudore, dal Tirreno all'Adriatico

Se Chatwin avesse avuto la tua stessa apertura mentale, non avrebbe mai scritto una riga. Sarebbe rimasto direttamente a bere birra al pub sotto casa

Quanto ad apertura mentale, invece, Enrico Brizzi non dovrebbe davvero lamentarsi. In Nessuno lo saprà - 420 pagine e quasi altrettanti chilometri di faticoso camminare - ci dimostra che si può fare un grande viaggio anche senza puntare all'"altrove" della Mongolia o della Namibia, perché c'è un "altrove" anche dietro l'uscio di casa, fatto di sentieri poco battuti, borghi medievali dimenticati, pascoli in altura e paesini con un bar e poc'altro.

La montagna che non ha nemmeno i titoli di nobiltà che spettano alle Alpi, perché di Appennino si tratta.

Un viaggio a piedi dal Tirreno all'Adriatico, vesciche ai piedi e chiacchiere nel silenzio.

Il passo del pellegrino, la suggestione del trekking, il tempo che diventa esplorazione della natura ma anche di se stessi.

Poi un cambio di marcia quasi inatteso, quando si aggiungono altri compagni di spedizione. Allora il pellegrinaggio diventa qualcosa di assai prossimo al Marrakesh Espress di Salvatores, tanto per intendersi: e c'è la crisi generazionale, l'amicizia che affonda in altre vite e si fa nostalgia ma anche sindrome di Peter Pan.

C'è perfino l'esperienza del qat, le foglie "euforizzanti" che accompagneranno un bel po' di tappe, ci sono le due ragazze incrociate per strada che finiranno per portare via anche le carte di credito, c'è l'amico di sempre, detto il Viet, che vorrebbe solo suonare la batteria e non avere mai più una fidanzata farmacista.

E diventa un'altra cosa, certo, ma il viaggio può essere anche questo. E può diventare anche un libro come questo, capace di regalarti pure una bella dose di buon umore.

Tanto che alla fine perdoni pure quella scelta, faticosa, ma faticosa davvero, più del sentiero appenninico, di scrivere tutto il libro in seconda persona. Cosa che in passato avevo trovato solo in Rex Stout. Che era Rex Stout, appunto.

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...