Visualizzazione post con etichetta Nepal. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Nepal. Mostra tutti i post

martedì 3 gennaio 2017

Otto montagne più la montagna che ci abita dentro

E diciamo: avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?

Sono contento di aver cominciato il 2017 con questo libro, è un regalo che mi sono fatto. Me l'ero tenuto da parte, nonostante le buone recensioni che avevo già letto, per consegnarlo a questi giorni più rarefatti, dove anche il freddo e i vetri appannati e le feste che se ne vanno sembrano invitare al raccoglimento e alla parola che risuona dentro. Per una volta non mi sono sbagliato: Otto montagne di Paolo Cognetti (Einaudi) è come una passeggiata su una montagna di inverno, dove gli unici rumori sono i tonfi della neve dagli alberi; è come un lago alpino che alla vista ti allarga il cuore.

Semplice e complesso, questo libro: narra una storia minima, di un figlio i cui genitori amano intensamente la montagna e di un'amicizia che su una montagna scandisce tutte le tappe della vita; i silenzi sono più intensi delle parole; gli sguardi si dirigono sugli stessi boschi, gli stessi pascoli, le stesse creste. Eppure in ogni pagina sembrano vibrare le grandi domande che frugano nel senso della vita.

C'è un padre e un figlio che trascorrono la notte in un rifugio e poi cercano di risalire un ghiacciaio; ci sono due bambini che appartengono a due mondi diversi - la città e la montagna, appunto - ma che nelle scorribande dell'estate si scoprono; c'è l'eredità di un rudere che potrà diventare un rifugio da tutto e da tutti; ci sono questi due amici che crescono e si trovano di fronte alle scelte che contano, alla prese entrambi con la loro solitudine, che sembra consentire solo la loro amicizia, in mezzo a tanta distanza.

Solitudini diverse, scelte diverse, ma l'amore per la montagna come denominatore comune. Più quella domanda che ho messo all'inizio e che richiama la ruota che è simbolo scoperto sulle cime del Nepal:  otto raggi che corrispondono alle otto montagne, circondate da otto mari, e al centro il monte Sumeru. Chi avrà dato più senso alle vita? Pietro, il ragazzo di città, che si metterà in movimento per il mondo, senza alcuna radice, cercando altre montagne? Oppure Bruno, che dalla sua montagna non si distaccherà mai, anche quando lo esigerà lo stesso buon senso?

Magnifico romanzo, Otto montagne, compiuto e asciutto come un romanzo breve, eppure con il respiro lungo della grande storia. Con un italiano bello, ma aiutatemi a dire quanto, che lascia il sapore di ogni frase, sarà che Cognetti non cerca effetti speciali ma lingua precisa, sarà che c'è dietro la lezione dei grandi americani (Jack London? Ernest Hemingway?). Ma soprattutto con tanta montagna: non la montagna dei turisti usa e getta, degli sciatori della domenica, degli alpinisti a caccia dell'ennesimo trofeo, piuttosto la montagna di chi la abita - malgrado tutto -, di chi ci lavora, di chi la sente dentro.

mercoledì 5 agosto 2015

Giro d'Italia, nella provincia delle sorprese

Allora, la prima cosa che mi viene in mente, è che se attraversate una fase di (sacrosanta) depressione sulle sorti presenti e future del nostro paese, allora Viaggio al centro della provincia di Franco Marcoaldi è un buon antidoto: e non perché ci spacci sogni e illusioni quanto basta, no. Solo che è capace di farci guardare oltre le miserie della cronaca,oltre quello che comunque vediamo o ci fanno vedere di solito.

Ci sono diversi altri motivi per leggere Viaggio al centro della provincia.

In primo luogo, il suo autore non è un giornalista che intende raccontarci un'"altra" Italia, l'Italia che noi non vediamo, e nemmeno un viaggiatore di professione, per così dire. Franco Marcoaldi è semmai un poeta-reporter, con il suo sguardo curioso e incuriosito, che da subito diventa anche il nostro sguardo.

In secondo luogo, per raccontare un paese intero Marcoaldi si allontana dal centro e ci porta nella provincia, restituendole di per se stesso dignità. Provincia che va declinata al plurale, in tutte le sue differenze, nel bene e nel male. E che sia già possibile parlare al plurale è una buona notizia, no?

In terzo luogo, in questo giro di Italia da Belluno a Barletta, da Benevento a Carrara, da Enna a Vercelli, c'è tutta la bellezza del grande viaggio, del viaggio vero. E Marcoaldi lo spiega benissimo:

Se la parola viaggio è sinonimo di sorpresa e spaesamento, allora quello nelle province italiane è un viaggio a tutti gli effetti. Ben più di quanto spesso non accada con emte considerate, a pieno titolo, esotiche.

Dedicato a chi la parola viaggio procura allergie, se come minimo non si riferisce al Nepal.

In quarto luogo, senza cercare effetti speciali, Marcoaldi ha scavato e ha portato alla superficie un paese autentico, il cui cuore sfugge a governanti e ad addetti ai lavori:

Con umiltà e continuo senso di stupore, ho messo l'orecchio a terra nella speranza di raccogliere il ritmo di quel battito. 

C'è riuscito, e non è un caso che il nume tutelare di questa impresa sia stato il Piovene di Viaggio in Italia, 50 anni più tardi.

Richiudo questo libro e mi pare un faro che con la sua luce illumina una porzione di buio. Poi ciò che era in luce viene restituito all'oscurità. Però rimane la speranza che il giro si completi, che un'altra volta ancora si faccia luce.

giovedì 29 marzo 2012

Il poeta-reporter in viaggio nella provincia

Allora, la prima cosa che mi viene in mente, è che se attraversate una fase di (sacrosanta) depressione sulle sorti presenti e future del nostro paese, allora Viaggio al centro della provincia di Franco Marcoaldi è un buon antidoto: e non perché ci spacci sogni e illusioni quanto basta, no. Solo che è capace di farci guardare oltre le miserie della cronaca,oltre quello che comunque vediamo o ci fanno vedere di solito.

Ci sono diversi altri motivi per leggere Viaggio al centro della provincia.

In primo luogo, il suo autore non è un giornalista che intende raccontarci un'"altra" Italia, l'Italia che noi non vediamo, e nemmeno un viaggiatore di professione, per così dire. Franco Marcoaldi è semmai un poeta-reporter, con il suo sguardo curioso e incuriosito, che da subito diventa anche il nostro sguardo.

In secondo luogo, per raccontare un paese intero Marcoaldi si allontana dal centro e ci porta nella provincia, restituendole di per se stesso dignità. Provincia che va declinata al plurale, in tutte le sue differenze, nel bene e nel male. E che sia già possibile parlare al plurale è una buona notizia, no?

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...