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lunedì 6 agosto 2018

Vita da libraio, senza troppi rimpianti

Mi piacerebbe fare il libraio di professione? Tutto sommato direi di no.

Così nel 1936 si domandava e si rispondeva George Orwell, dopo aver soppesato pro e contro. Così non pensa, tutto sommato e dopo aver anche lui soppesato pro e contro, Shaun Bythell, che una libreria se l'è praticamente inventata, in un villaggio di pescatori della Scozia.

Una scelta di vita, certamente. Aggiungerei, è ovv io, una scelta di vita decisamente coraggiosa, se non temeraria. Fatto sta che Shaun Bythell rimpianti non sembra proprio coltivarli. Non fosse altro che una libreria - anche una libreria in un posto sperduto - è sempre un ottimo punto di osservazione per guardare il mondo - e la varia umanità che lo popola - nonché per raccontarlo. Che è quanto fa Shaun in un libro delizioso e raccomandabile.

Una vita da libraio (Einaudi, Stile Libero) è senz'altro il diario di un mestiere che resiste, malgrado tutti i profeti di sventura. E siccome, come è noto, trovo irresistibili i libri sui libri, non potevo farmelo mancare. Ma c'è di più in queste pagine: un commedia umana senza presunzioni, condita di humour scozzese, parecchi luoghi comuni presi di petto e sbriciolati, le molte storie di una piccola comunità che un libraio riprende e riferisce come si farebbe al pub, magari un pub col camino acceso.

Lo stereotipo del libraio insofferente, intollerante e misantropo?  Quello è l'unico che Shaun non si sente di contestare. Un po', ammette, ci si riconosce davvero. Certo è uno che dice pane al pane. Magari in faccia ai molti che reputano che il libraio non lavori ma a suo modo passi piacevolmente il tempo. O che, vai a sapere in virtù di quale ragionamento, una libreria possa vivere d'aria.

Le persone davvero interessate ai libri sono rare - dice - ma coloro che pensano di esserlo sono molto più numerose.... il modo più sicuro per identificarli è che mai, nemmeno una volta, ne comprano uno.

Amazon che pare una battaglia persa, infinite situazioni surreali, conti che a fine mese non tornano quasi mai. Perché non suggerire a Shaun di cambiare vita?

Eppure, se qualcuno mi chiedesse cosa vorrei cambiare, la risposta sarebbe: niente.

Risposta sbrigativa, perchè non c'è tempo da perdere, con tutte le avventure che girano intorno a uno sgabello e tra gli scaffali. Un chilometro e mezzo di libri e un mondo che non finisce più. 



domenica 2 settembre 2012

Perché dover scegliere tra una salsiccia e una rosa?

Succede anche questo: che si ami uno scrittore senza che in realtà ci abbia mai convinto nemmeno uno dei suoi libri. Fenomeno curioso, se si vuole, eppure tutt'altro che raro. Qualche tempo è proprio di questo che Alessandro Baricco ha parlato su Repubblica, a proposito della sua relazione con Charles Dickens:

Io adoro come scrive, non c'è nessuno con quella luce nella scrittura, e quella salvezza. Ma non c'è un suo solo libro che potrei definire un capolavoro, e forse neanche uno che sia riuscito a leggere senza una certa fatica.

Succede, e sempre a proposito di Charles Dickens a Baricco viene da citare un saggio di George Orwell, sistematico tentativo di demolizione dell'autore di Oliver Twist e de Il circolo Pickwick che in realtà trasuda di ammirazione quasi imbarazzante.

Orwell le aveva provate di tutte, per convincere e convincersi, persino uno scomodo paragone con il monumentale Tolstoi:

I personaggi di Tolstoi - si era spinto a scrivere - sono in grado di valicare le frontiere, quelli di Dickens possono essere ritratti su un cartina si sigaretta.

Tranne poi tagliare lo stesso ramo dove aveva provato a sedersi:

Nessuno è costretto a scegliere  tra l'uno e l'altro più di quanto sarebbe costretto a scegliere tra una salsiccia e una rosa.

Appunto, perché scegliere? Perché dover trovare un alibi e non cullarsi nella contradditorietà dei piaceri e delle predilezioni?

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