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giovedì 22 agosto 2019

Sei stato felice, ora è tempo di partire

Sei stato felice, vecchio, maledettamente bene in certi giorni, anche.

Succede di chiamarsi vecchio quando hai poco più di vent'anni, età complessa, età di sfide come gran premi della montagna. Succede persino di parlare al passato: e come suona strano, quando quei vent'anni sono davvero passati da un pezzo.

Ma ancora più strano è scrivere un romanzo d'esordio come questo, a poco più di vent'anni. Come a voler dare ragione nei fatti a Italo Calvino: in fondo il primo libro è il solo che conta, forse bisognerebbe scrivere quello e basta.

Beh, meno male che Giovanni Arpino non si è fermato, che ha proseguito con molti altri libri che oggi meriterebbe andarsi a rileggere, uno a uno. Però che libro straordinario è Sei stato felice, Giovanni (ripubblicato da Minimum Fax, postfazione di Gianni Mura), così intenso, così grondante di libertà: forte di un'età acerba che sa ancora voltare le spalle, dire addio, ricominciare da zero. 

Prima di queste pagine c'è Giovanni stesso, la sua vita di ragazzo che è già bracconiere di personaggi, incontrati nei bar e nelle osterie: pittori stravaganti, poeti della Resistenza, giocatori di carte per ammazzare le notti. 

Poi un giorno sente il richiamo del mare e della città di porto. E' il 1950 -  proviamo a immaginarci quell'Italia - è maggio - e maggio sembra fatto apposta per le fughe.

Così arriva a Genova, prende alloggio in una pensioncina di via Pré che è una topaia, col suo asse da stirare come scrivania e le voci sbronze che salgono dal vicolo. E' qui che in tre settimane scrive il suo libro e quante cose ci porta dentro, tra bevute e pasti a uova fritte: le sue letture di Hemingway e Steinbeck, ma anche di Pavese e Moravia, il ventre di Genova con le sue puttane e i suoi contrabbandieri, come in una canzone di De Andrè; i volti incontrati per strada, il piacere della precarietà, la smania di altre città.

Si è laureato con una tesi su Esenin, Giovanni, ama - e si intuisce - Dino Campana: ma ciò che ha dentro è grande come l'America dei sogni. Solo che per l'America bisogna partire e la partenza è sempre una separazione, un distacco.

Potevo dirmi con semplicità, con ordine e calma, tutte le voglie diventate nette e precise nel cuore anche se lontane  e difficili nella speranza. Qualcosa era successo ed era successo bene.

E così è ancora dentro questa vita, ma allo stesso tempo è già un passo avanti. E' già tempo di partire, anche per lui. Ho un sacco di cose da mettere a posto, dice. E vai a sapere dove, non importa. Qua e là. Tante cose.

venerdì 16 luglio 2010

Tempo di Tour de France, tempo di Gianni Mura

Tanto la corsa langue, e c'interessa di più sapere dove vanno a finire i poeti, quando muoiono

I Tour de France di Gianni Mura stanno tutti in frasi come queste, perché una tappa non è solo una tappa, è molte altre cose che solo alla fine porteranno una ruota davanti alle altre a tagliare il traguardo, sono sciabolate di poesia, indugi enogastronomici, riflessioni morali, citazioni colte, piaceri dei sensi e quant'altro.

Solo un piccolo assaggio:

Si va avanti per un assaggio, e per bere Calvados, naturalmente, come farebbe il commissario Maigret. Devo confessare che continuo a frequentare posti che avrebbe frequentato Maigret e che mangio cose che piacevano a lui e del resto, senza farlo apposta, piacciono anche a me: spezzatino con piselli, una parte del vitello che si chama onglet, in italiano non so, con gli scalogni, e trippe alla maniera di Caen,e caraffe di vino sfuso (non sempre però). Solo girando per le strade piccole e sostando in strani bar-tabaccherie-ristoranti-alberghi, magari con tre camere, si ha la sensazione di capire la Francia, o almeno di capire Simenon, mi voglio rovinare, uno dei più grandi scrittori del secolo. Qualcuno arriverà a dirlo fra cent'anni

Poi c'è anche la corsa, ovviamente, soprattutto la corsa, in questa antologia uscita per Minimum Fax dei più bei pezzi scritti da Mura inviato speciale. C'è tutto il Tour, sublime e spietato, poesia e fatica, gloria e bassezza.

Per chi ama il ciclismo, un libro necessario. Per chi ama la Francia, una sorpresa. Per tutti gli altri, un libro che è un piacere leggere sognando i campi di lavanda della Provenza o l'aria pulita dei Pirenei.

mercoledì 28 aprile 2010

Con Gianni Mura nella Francia del Tour



Tanto la corsa langue, e c'interessa di più sapere dove vanno a finire i poeti, quando muoiono

I Tour de France di Gianni Mura stanno tutti in frasi come queste, perché una tappa non è solo una tappa, è molte altre cose che solo alla fine porteranno una ruota davanti alle altre a tagliare il traguardo, sono sciabolate di poesia, indugi enogastronomici, riflessioni morali, citazioni colte, piaceri dei sensi e quant'altro.

Solo un piccolo assaggio:

Si va avanti per un assaggio, e per bere Calvados, naturalmente, come farebbe il commissario Maigret. Devo confessare che continuo a frequentare posti che avrebbe frequentato Maigret e che mangio cose che piacevano a lui e del resto, senza farlo apposta, piacciono anche a me: spezzatino con piselli, una parte del vitello che si chama onglet, in italiano non so, con gli scalogni, e trippe alla maniera di Caen,e caraffe di vino sfuso (non sempre però). Solo girando per le strade piccole e sostando in strani bar-tabaccherie-ristoranti-alberghi, magari con tre camere, si ha la sensazione di capire la Francia, o almeno di capire Simenon, mi voglio rovinare, uno dei più grandi scrittori del secolo. Qualcuno arriverà a dirlo fra cent'anni

Poi c'è anche la corsa, ovviamente, soprattutto la corsa, in questa antologia uscita per Minimum Fax dei più bei pezzi scritti da Mura inviato speciale. C'è tutto il Tour,sublime e spietato, poesia e fatica, gloria e bassezza.

Per chi ama il ciclismo, un libro necessario. Per chi ama la Francia, una sorpresa. Per tutti gli altri, un libro che è un piacere leggere sognando i campi di lavanda della Provenza o l'aria pulita dei Pirenei.

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