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giovedì 15 marzo 2018

Dall'Irlanda a Ventotene, storia grande in una piccola isola

 Come aveva fatto una storia così grande a essere passata da un'isola tanto piccola?

A volte succede proprio così con le grandi storie, approdano su un'isola di scogli e distanze, sembrano abbandonarsi al vento e al ricordo, languiscono dietro mura e sbarre, si alimentano solo di nostalgia: e non per questo sono meno grandi, anche se appartengono a uomini i cui nomi non sono scolpiti sui monumenti.

Passa per Ventotene, l'isola dei confinati sotto il fascismo, la grande storia che ci racconta Michele Marziani in La figlia del partigiano O' Connor (Clichy), splendido libro di un autore che non mi ha mai deluso: e chi mi conosce sa di alcuni titoli - per esempio Umberto Dei. Biografia non autorizzata di una bicicletta o Nel nome di Marco - che spesso mi capita di suggerire.

Storia che approda a Ventotene, ma che in realtà passa, non si ferma. Mette insieme il mare e le valli delle nostre Alpi, Dublino e Barcellona. Cuce altre storie, compone il presente e  il passato, lasciando un margine persino al futuro, serpeggia attraverso i giorni di una vita per richiamare vicende corali e snodi del nostro Novecento.

Libro di viaggio, a suo modo: libro che attraversa il tempo e lo spazio. Insegue i passi di Pablita O' Connor, la figlia dell'irlandese, la figlia del partigiano, che raggiunti i 65 anni, decide di guardare oltre la valle piccola e stretta, tra il Monte Rosa e il lago d'Orta, dove ha sempre vissuto.

Partire, sapendo che partire è prima di tutto sciogliere qualcosa dentro. Partire, ma dove, se non dietro l'ombra del padre?

Ma lei di lontano conosceva soltanto la storia di quel suo papà che era stato al confino sull'isola.

Lui, l'uomo dell'isola di smeraldo, l'uomo di un paese che per noi è solo case col tetto di paglia, violini e pinte di birra scura. La Guerra di Spagna, la Resistenza in Val d'Ossola. Dalla parte giusta, perchè una parte giusta c'era, da dire e ridire in tempi dove pare ogni cosa sia come i gatti di notte, tutti bigi.

C'è anche questo in questo libro di sorprese, rivelazioni, riconoscimenti. In questa storia grande che passa per un'isola e abbraccia il mondo.

lunedì 18 novembre 2013

Se la narrativa ha traslocato dalle grandi città

La verità è che negli ultimi anni le metropoli sono state sempre meno dei luoghi d'esperienza. Ridotte a centri amministrativi o di potere, a mete di shopping o residenze per ricchi (per non parlare dei musei a cielo aperto cui si vorrebbero ridotte tante nostre città), costose e poco inclusive, nei propri luoghi simbolo offrono assai di meno quelle occasioni d'avventura e di incontro (tra diversi) che davano sale alle grandi narrazioni.

Questa è la risposta che si dà Nicola Lagioia, in un bel paginone centrale di Repubblica, a sua firma, di qualche tempo fa (La caduta di Metropolis), in cui  si pone la questione della perdita di centralità della grande città nella letteratura contemporanea.

Bella questione e mutamento di scenari che non avevo colto completamente, anche se la realtà come sempre è più articolata: il fascino della provincia non è solo di oggi (non scrive da oggi Philip Roth, con la sua Newark che è un altro mondo rispetto a New York) e comunque c'è ancora tanta narrativa che vive grazie alla linfa vitale di metropoli come Berlino, Londra, Parigi, Barcellona.

Eppure è vero - come è vero che anche in Italia da anni c'è più provincia che Milano o Roma - è vero che Londra non più la Londra di Dickens, che Parigi non è più la Parigi di Proust e Balzac.

E sarà che la grande città ha perso diverse delle sue attrattive, sarà che sono altri i luoghi di vita e di lavoro cui si aspira nel nostro immaginario. Però mi piace, mi piace pensare che in questo modo il mondo si sia fatto più largo e che la letteratura sia stata brava ad abitarlo.


martedì 24 gennaio 2012

E' Barcellona o Praga magica?

Si comincia con un ragazzo che dalla vita non ha avuto nulla, se non l'amore per i libri (che non è poco) e il sogno di diventare uno scrittore per il quale venderebbe l'anima, novello Faust che per la testa ha solo l'odore di inchiostro e la fame di firma.

Si continua e si finisce anche con una storia piena di tutti i colpi di scena che è doveroso attendersi in un libro come questo, che sa miscellare sapientemente tutti gli ingredenti del vecchio feuilleton per riproporli a un lettore dei nostri tempi.

C'è persino troppo ne Il gioco dell'angelo di Carlos Ruiz Zafòn, troppo, compreso un eccesso di mestiere e di compiacimento. E lo devo dire, mi era piaciuto di più L'ombra del vento - del resto, quando un libro viene presentato in copertina con l'espressione "dall'autore di..." c'è sempre d'aspettarsi la fregatura e qui almeno la fregatura non c'è.

Troppo, ma il fatto è che questo libro me lo sono portato a Barcellona, durante una vacanzina di qualche giorno fa, ed è a Barcellona che me lo sono letto, cercando nelle mie camminate la Barcellona degli anni Trenta raccontata da Zafòn, quella città di nebbie e misteri, quasi una Praga in versione catalana.

E allora ho bussato alle porte di questa storia e sull'uscio ho incontrato Don Basilio, il dispotico vicedirettore di giornale che vede come il fumo negli occhi l'uso liberale degli avverbi e l'aggettivazione eccessiva e che al giovane Martìn spiega cose così:


A sopravvivere in questo mestiere sono quelli che hanno priorità e non princìpi

Senza avere affatto tutti i torti, peraltro.

E così mi sono lasciato aprire la porta e sono entrato nella storia e la storia è diventata la mia mappa fantastica di Barcellona. Ed è con questa storia che ho compiuto il mio viaggio.

domenica 1 gennaio 2012

I libri: un altro modo per viaggiare a Barcellona









Domani parto per Barcellona, per una settimana di vagabondaggi e libri. E' una bella coincidenza partire dopo che mi è arrivato questo post di Martina Ercoli, che a Barcellona e ai libri che la raccontano ha dedicato parole importanti sul suo sito.

Una delle frasi più celebri attribuite a Sant’Agostino recita più o meno così:  Il mondo è come un libro e chi non viaggia ne legge solo una pagina.


Dall’Odissea ai Viaggi di Gulliver, da On The Road al più recente Nelle terre estreme, il legame tra libri e viaggi e tra viaggi e luoghi è sempre stato indissolubile.

Ci sono posti nel mondo che, per la loro storia o per la loro straordinarietà, hanno ispirato i più grandi scrittori e intellettuali. Nella nostra vecchia Europa, città come Roma, Parigi, Barcellona o Londra hanno rappresentato la scenografia naturale in cui collocare i loro personaggi, da cui trarre i toni e i colori del racconto. Per questo, se avete in programma un viaggio, qualunque sia la vostra meta, non potrete dire di aver esplorato davvero un luogo se non prima di aver letto almeno un libro ad esso dedicato.

Barcellona è una delle città che ha avuto, da sempre, un profondo rapporto con i libri e la letteratura: basti pensare che durante il giorno di Sant Jordi, il 23 aprile, si celebra l’amore e gli innamorati con un tripudio di bancarelle e stand di libri che ricoprono tutto il percorso delle Ramblas, dal mare alla collina.


Innumerevoli autori hanno voluto ambientare i loro romanzi nella città catalana, che ha saputo conferire alle storie e ai personaggi raccontati quella vena di mistero e quel pizzico di follia estetica che contraddistingue il carattere di Barcellona.


Ecco perchè vi consiglio di dare un’occhiata alla top ten dei libri più belli ispirati a Barcellona, che potrete leggere prima e dopo averla visitata: vi stupirete di quanto in più potrete sapere e di quanto ancora ci sia da scoprire!

Viaggiare è una di quelle esperienze che rendono la vita migliore, leggere un libro è uno dei modi per iniziare il cammino.


Martina Ercoli

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...