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lunedì 3 settembre 2012

Sorpresa, ai nazisti fece paura anche Bambi

Povero Bambi, cucciolo costretto a guardarsi dalla furia nazista, non solo dalle pallottole dei cacciatori....

Non la sapevo, questa storia, e sono contento di averla scoperta sul supplemento della domenica di Repubblica, grazie a un articolo di Mario Serenellini.

E dunque Bambi, prima di diventare il tenero film della Walt Disney, è stato un libro di successo di uno scrittore austriaco conosciuto come Felix Salten che, con i dovuti distinguo, è stato una sorta di Carlo Collodi mitteleuropeo, solo che dalla sua penna intinta nella fantasia non è venuto fuori un burattino di legno, ma questo piccolo cerbiatto.

Fu uno straordinario successo internazionale, Bambi, pubblicato per la prima volta a Vienna nel 1923. Ma chi se lo sarebbe mai aspettato che anni più tardi i nazisti lo avrebbero proibito e perfino condannato al rogo?

Successe proprio questo: e non solo perché Felix Salten si chiamava in realtà Siegmund Salzmann ed era un ebreo di origine ungherese. E' anche che i nazisti intravidero nella storia di Bambi cose che non c'erano nemmeno nell'intenzione dell'autore, non fosse altro che il libro era stato scritto quando per Hitler la cancelleria era ancora un miraggio. Bambi, insomma, sapeva troppo di allegoria politica sulla persecuzione degli ebrei.

Ci sarebbe molto da dire su questa storia. Sui libri che sono davvero barche in balia di venti e correnti che di volta in volta le spingono verso significati nuovi e talvolta inattesi. Sulle dittature che sfoderano il pugno di ferro ma in realtà hanno paura di tutto. Sul nazismo, con cui non poteva finire in altro modo, se agli inizi non seppe far altro che prendersela con un cerbiatto.

E certo che ci penso e ci penserò. Ma ora mi viene in mente anche un'altra cosa. Bambi, il film, è del 1942. La Walt Disney lo produce nel bel mezzo della guerra. Che anche il cucciolo, con tutti i suoi amici della foresta, sia stato chiamato in causa per resistere a Hitler?

domenica 18 marzo 2012

Quanta è saggia Alice nel Paese delle Meraviglie

Mi sa che di lei ci vengono in mente più i disegni animati di Walt Disney che le pagine dell'uomo che l'ha creata, quel Lewis Carroll che poi era nientemeno che un logico e un matematico britannico, insomma, un uomo di studi rigorosi piuttosto che di fantasie al galoppo.

Capita con gli scrittori, però la cosa conta fino a un certo punto, perché Alice è uno di quei personaggi che vivono di vita propria. Un giorno nascono dalla penna o dalla matita di qualche artista e non si fermano su quel foglio, prendono e se ne vanno in giro per il pianeta, come una leggenda che rimbalza di bocca in bocca e a ogni passaggio si alimenta di idee fresche, di emozioni calde calde.

Alice, anzi, per dirla tutta: Alice nel Paese delle Meraviglie.

Alice quella giornata di primavera in cui incontra il Coniglio Bianco che corre e borbotta fra sé e sé “E' tardi, è tardi”. Alice che lo insegue e cade nella sua tana e di lì in un altro mondo, dove tutto è al contrario di come dovrebbe essere, dove niente torna e ogni cosa sembra fatta apposta per alimentare lo stupore e sfidare l'incredulità.

Alice che non scappa ma si addentra ben bene in questo paese di Cappellai matti e di Stregatti, meraviglia dopo meraviglia. Alice che alla fine viene processata e condannata e sta per essere decapitata, solo che un istante prima si sveglia e allora si capisce che è stato solo un sogno: e questa è senz'altro la parte che a tutti piace meno.

Quante cose che ci insegna Alice: per esempio la curiosità per questo nostro mondo di ombre e di luci, di presenze e di apparenze, per questo nostro mondo che di tanto in tanto dobbiamo andare a scoprire, magari inseguendo il Coniglio di turno; per esempio il fatto che a volte bisogna anche credere a ciò che si vede, perché non si può ogni volta dubitare di tutto.

Troppo facile pensare sempre che il Paese delle Meraviglie non esiste e così tenersi il proprio paese.

lunedì 7 giugno 2010

Alice e la meraviglia del mondo


(L'intero testo lo trovate nel terzo volume di Le parole e il silenzio, curato dal sottoscritto e da Massimo Orlandi, per conto della Fondazione Baracchi, in uscita nei prossimi giorni in libreria)

Mi sa che di lei ci vengono in mente più i disegni animati di Walt Disney che le pagine dell'uomo che l'ha creata, quel Lewis Carroll che poi era nientemeno che un logico e un matematico britannico, insomma, un uomo di studi rigorosi piuttosto che di fantasie al galoppo.

Capita con gli scrittori, però la cosa conta fino a un certo punto, perché Alice è uno di quei personaggi che vivono di vita propria. Un giorno nascono dalla penna o dalla matita di qualche artista e non si fermano su quel foglio, prendono e se ne vanno in giro per il pianeta, come una leggenda che rimbalza di bocca in bocca e a ogni passaggio si alimenta di idee fresche, di emozioni calde calde.

Alice, anzi, per dirla tutta: Alice nel Paese delle Meraviglie.

Alice quella giornata di primavera in cui incontra il Coniglio Bianco che corre e borbotta fra sé e sé “E' tardi, è tardi”. Alice che lo insegue e cade nella sua tana e di lì in un altro mondo, dove tutto è al contrario di come dovrebbe essere, dove niente torna e ogni cosa sembra fatta apposta per alimentare lo stupore e sfidare l'incredulità.

Alice che non scappa ma si addentra ben bene in questo paese di Cappellai matti e di Stregatti, meraviglia dopo meraviglia. Alice che alla fine viene processata e condannata e sta per essere decapitata, solo che un istante prima si sveglia e allora si capisce che è stato solo un sogno: e questa è senz'altro la parte che a tutti piace meno.

Quante cose che ci insegna Alice: per esempio la curiosità per questo nostro mondo di ombre e di luci, di presenze e di apparenze, per questo nostro mondo che di tanto in tanto dobbiamo andare a scoprire, magari inseguendo il Coniglio di turno; per esempio il fatto che a volte bisogna anche credere a ciò che si vede, perché non si può ogni volta dubitare di tutto.

Troppo facile pensare sempre che il Paese delle Meraviglie non esiste e così tenersi il proprio paese.

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