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mercoledì 30 gennaio 2013

Dall'altro lato della vita, quella sognata

E' soltanto nel processo artistico, allora, nel "fare" che tutto si ricompone, ma soltanto per la durata dell'atto.

E' li che, camminando sul crinale tra la vita vissuta e e vita sognata (o rappresentata, se così si può dire) che lo spazio della vita vissuta si riduce sempre di più, si restringe, fino a sparire.

E allora per vivere - pensavo guardando le tele dell'ultimo periodo di Van Gogh - bisognerebbe soltanto "fare" e "fare" e "fare" e "fare", non smettere mai di dipingere - mai, nemmeno un istante - o di scrivere, o di comporre, di cercare di costruire un senso, uno qualsiasi, un'altra ipotesi di realtà.

E però poi alla fine c'è questo rischio - annotavo davanti al Campo di grano con volo di corvi - di trasferirsi dall'altra parte, di traslocare dall'altra riva della vita, quella sognata, e lì, per l'appunto, d'improvviso accorgersene, incontrare la morte, alzare la testa, e farla finita. 

(Antonio Bajani, I corvi di Van Gogh: ancora qualcosa da spartire con la vita, da L'Indice)

giovedì 29 novembre 2012

Battaglia per il libro bene comune

Che 2013 sarà per il libro in Italia?  Che cosa succederà a tante piccole e medie case editrici, a tante librerie indipendenti e naturalmente anche a tanti autori?

Almeno in parte, credo, le cose dipenderanno anche da noi, dal modo con cui ognuno di noi saprà lavorare sull'idea che comprare un libro significa assai di più che comprare un libro, appunto. Ma ovviamente non è solo questo. Mi ha fatto pensare l'intervista di Agnese Manni - dell'editore Manni - pubblicata sull'ultimo numero de L'Indice. Con la sua implacabile diagnosi:

La crisi economica ha acuito le storture di un mercato eeditoriale già malato, orientato in senso oligopolistico, in cui era complicato farsi spazio. Adesso è diventato quasi impossibile stare a galla, perché le majors (che possiedono, oltre a case editrici, anche catene di librerie, aziende di promozione e distribuzione, giornali e televisioni), anch'esse in crisi, serrano le fila.

Meno copie che arrivano in librerie, meno copie vendute (e più rese), meno titoli pubblicati (cosa che in parte può essere anche un bene, sempre che, come invece capita, a essere tagliata non sia proprio la qualità). Ma aggiunge, Agnese Manni: 

Forse per la prima volta nella storia d'Italia sarebbe il caso che ci fosse un intervento pubblico di sostegno all'editoria indipendente, non perché piccolo è bello, ma perché essa garantisce pluralità d'informazione e maggior livello di formazione E sto facendo un discorso tutto interno alla logica produttivista: le nazioni che hanno tassi di lettura alti, sono quelle economicamente più progredite. Il libro è un bene comune nel senso che la lettura è una risorsa pubblica, e - ripeto - risorsa nel senso di ricchezza che produce.

Mi piace pensare a una battaglia per il libro come bene comune. Mi piace pensare che si sia in tanti a serrare le fila - librerie e lettori, case editrici e autori - nel segno della qualità, dell'indipendenza, della passione. Mi piace pensare che a volte la linea di Resistenza possa perfino essere semplice - per esempio entrare in una libreria di quartiere, per esempio acquistare o fare acquistare un libro di una piccola editrice - e che grazie a gesti così (senza dare un alibi a chi i problemi strutturali deve comunque risolverli) si possa avere davanti ancora molta strada.

I libri sono viaggi, è il titolo di questo blog. Spero che nel futuro ci sia ancora molta possibilità di viaggiare.

martedì 31 luglio 2012

Antonio Tabucchi magnifico ladro di storie

C'era del genio, in Tabucchi, un'incredibile lucidità e un ascolto del mondo, degli altri. 


Si definiva volentieri come un ladro di storie, e molti dei suoi racconti fanno riferimento a quest'idea di costruire la narrazione usando brani di frasi captate dalla strada, prese al volo da una conversazione.


Pezzi di destino anche, che nel loro concatenarsi finiscono per dar forma a un personaggio il cui percorso si perde nella nebbia del dubbio e delle ipotesi aperte.

In fondo, Tabucchi credeva nella sua buona stella. E l'ispirazione apparteneva per lui all'ordine della visitazione: degli angeli, benefici o malefici, che venivano verso di lui per consegnargli delle storie. 

(Bernand Comment, su Libération e su L'Indice)

domenica 29 gennaio 2012

Viaggiare leggeri per prepararsi all'ultimo viaggio

Ciò che rende unico il tuo andare non è l'aver visto quelle montagne, quei monasteri, quei palazzi, o solcato quei sentieri, o attraversato quei mari, bensì su quella strada l'aver incontrato certe persone.


Purtroppo il turismo fa di tutto per impedirti gli incontri e ti fa viaggiare in gruppo; ma quando ti muovi da solo, con i mezzi lenti a basso consumo di energia, fatalmente ti trovi in queste situazioni.


E questo è un insegnamento enorme, soprattutto per l'ultimo viaggio della nostra vita, che è forse il più vero di tutti poiché sei rassegnato ad attraversare un mondo di cui non hai la minima idea, senza conoscere la lingua, senza nessun bagaglio, completamente nudo.


Credo che un uomo possa affrontare questo viaggio con più leggerezza se ha tanto viaggiato, poiché si è abituato a rinunciare al superfluo e alle fine capisce che deve lasciare in un angolino anche il proprio corpo, l'ultimo superfluo.


(Paolo Rumiz, intervista a Irene Ameglio, L'Indice)

sabato 28 gennaio 2012

Con Rumiz, il cammino che diventa narrazione

Parole e viaggi, che bel tema su cui riflettere, accettando le infinite rotte su cui ci può spingere la nostra curiosità.... Parole e viaggi: io l'avevo vista soprattutto come il libro che ti porti dietro e che segna un'esperienza. Oppure come la capacità di tradurre un viaggio in diario, resoconto, reportage.

E invece mi sa che c'è un legame ancora più profondo, necessario.

Come se ci fossero parole buone solo per quel viaggio, e viceversa. Come se prima di ogni altra cosa ogni viaggio si distinguesse non per ciò che di esso si potrà raccontare, ma per il ritmo, per la partitura delle parole che esso potrà pretendere.

Leggo da una bella intervista a Paolo Rumiz di Irene Ameglio, su L'Indice di gennaio:


Ogni viaggio comporta un linguaggio diverso, perché ogni viaggio ha un'andatura diversa, e anche la prosa cambia; e ci sono situazioni in cui la prosa non basta più, e devi passare al verso. Il cammino diventa narrazione; è una metamorfosi, che avviene attraverso l'andatura, la fatica, la solitudine dei bivacchi, la percezione del battito del respiro, i sogni, gli incontri, le ombre che ti seguono.

Mi piace. E mi convince.

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