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lunedì 29 aprile 2013

Erri De Luca e la scrittura come dono

 
Per me la scrittura è un dono, che mi faccio a prezzi modici.

Che possa esserlo anche per lo sconosciuto che legge, resta per me una sorpresa, mai potrò abituarmi.

E' uno di quegli scambi, incontri di fortuna, improvvisati, a distanza, come versare vino in un bicchiere lontano.

(da Erri De Luca, Alzaia, Feltrinelli)

sabato 7 aprile 2012

A coloro che cercano qualcosa in cima ai monti

Passerò questi giorni di Pasqua nella mia baitina sull'Appennino, tra gli ultimi boschi e i pascoli, sotto la vetta di roccia del Libro Aperto (un nome, un programma).

Sarà per questo che oggi mi è di nuovo cascato l'occhio sul libro che Erri De Luca ha scritto con Nives Meroi, straordinaria donna alpinista, per condividere con tutti noi il loro comune amore per la montagna.

Loro in realtà si arrampicano sulle vette più alte, io non mi allontano dai sentieri più tranquilli e meglio segnati, ma la montagna non mi rifiuta lo stesso la sua lezione.

In ogni caso si sale su per per tornare alla vita. Magari alla vita di tutti i giorni.

Sarà un caso, ma proprio lassù, quando ti sembra di toccare il cielo con un dito, ecco, proprio lassù ti riagguanta la nostalgia di casa.

Di questa passione e di questa nostalgia parlano Erri e Nives. Parlano con naturale parsimonia, perché la montagna insegna a tenersi in bocca le parole. Ma in questo modo sembrano dirsi tutto. E ci dicono davvero tutto, perché la vita è così, una scalata, una fatica, a volte una cima che ti ubriaca di bellezza e poi ti invita a discendere.

Consigliato a tutti coloro che in questi giorni cercheranno qualcosa su in alto.

martedì 13 marzo 2012

Procurandosi la distanza con righe di vari alfabeti

Con un libro davanti agli occhi potevo traversare la città come se fosse vuota.


Muovevo appena le labbra leggendo, a modo di preghiera, e ascoltavo nitide le sillabe al mio interno, come se fosse muta la città accalcata. Mi portavano dove volevano loro, lontano dal posto e dall'ora.


Mi hanno aiutato a staccarmi da tutto. Un marinaio ha bisogno di una barca, un alpinista di cime, un monaco si arrocca nel suo eremo. 


Io mi sono procurato la distanza con righe di vari alfabeti. 

(Erri De Luca, L'isolamento coperto dai libri, da Repubblica del 18 febbraio)

lunedì 12 marzo 2012

Erri De Luca e i libri da ragazzino

Esistono solitudini oceaniche, desertiche, montuose.


Per il mio caso evito la parola solitudine, per un sospetto di romanticismo, e preferisco dire isolamento. E' stata la mia pratica d'infanzia.


Intorno avevo la più fitta densità umana d'Europa, Napoli era sotto morso di tarantola e non serviva a niente chiudere finestre. L'insonnia di strilli, voci, suoni non aveva orario.


Ma nella stanzetta dei libri, sotto gli spalti e gli scaffali dove c'era il mio letto, si stava in un'ovatta di quiete. Ho saputo da bambino che i libri sono il miglior materiale isolante e li ho amati per questo.


Dietro le loro pagine non potevo essere raggiunto. Dovevano strapparmele di mano, perché non sentivo i richiami ch'era pronto a tavola. 

(Erri De Luca, L'isolamento coperto dai libri, La Repubblica del 18 febbraio)

sabato 14 gennaio 2012

Se il mare è il tappeto del salotto

 Tutta l'infelicità degli uomini deriva da una sola causa: dal non saper restarsene tranquilli in una camera.

Blaise Pascal la vedeva così, e se si condividesse il suo terribile giudizio certo riusciremmo a controllare ogni tentazione di viaggio.

Però la cosa si può leggere anche in altro modo. La disgrazia non è viaggiare, è non sapere restarsene tranquilli dove siamo. La disgrazia, aggiungo, può essere anche non saper viaggiare restandosene dove siamo.

Ricordate Il ritorno di Ulisse, il quadro di Giorgio de Chirico, dove l'eroe-viaggiatore sta remando su una piccola imbarcazione? Il mare è in realtà il tappeto di un salotto, l'orizzonte è ciò che si vede attraverso una parete.

Viaggiare restandosene dov'è. Come fa Xavier De Maistre nei suoi libri dove parla di viaggi e spedizioni notturne intorno alla sua stanza.

Viaggiare e andarsene lontano, magari grazie a quegli straordinari biglietti di viaggio che sono i libri. Come afferma Erri De Luca:

Se anch'io sono un altro è perché i libri più degli anni e dei viaggi spostano gli uomini

Sì, ci si può muovere anche così, usando le pagine dei libri come un tappeto magico. I buoni libri - a volte anche i meno buoni - ci portano quasi sempre lontano.

domenica 18 dicembre 2011

I padri di Raul lasciano il segno


E' un romanzo che vi consiglio - I padri di Raul di Marco Piermattei (Romano editore) - e, da quel libro,  questa è la mia introduzione:

Ho deciso: non farò quello che sembra si debba fare con le prefazioni o le introduzioni.

Resisterò insomma alla tentazione di raccontarvi la storia in cui entrerete subito dopo queste righe, in modo che dall'inizio alla fine vi possiate regalare attesa e sorpresa. E non vi presenterò i suoi personaggi, di cui pure sarebbe un piacere parlarvi,  perché non è così che si fa, quando ci sono personaggi che sanno staccarsi dalla pagina e venirvi incontro. Ci penseranno loro, a prendervi per mano e a presentarsi.

Non tenterò nemmeno un giudizio critico, per prima cosa perché non credo di esserne capace, in secondo luogo perché – e di questo ne sono assolutamente convinto – prima del giudizio è giusto pretendere il piacere della lettura.  Tuffatevi voi in questa piscina di parole ed emozioni.

So che vi troverete perfettamente a vostro agio. Vi immergerete nell'acqua di una storia che, chissà, potrebbe essere anche la vostra storia, o la storia di qualche persona a voi cara.

E per dirvela tutta: leggendo Marco Piermattei mi è ritornato in mente ciò che una volta ha affermato un grande scrittore israeliano, Aharon Appelfeld:

La letteratura dice: guardiamo questa particolare persona. Diamole un nome, un luogo. Offriamole una tazza di caffè... la forza della letteratura risiede nella capacità di creare un'intimità. Quel genere di intimità che ci tocca personalmente

giovedì 15 settembre 2011

Erri De Luca e le cinque sante dello scandalo

La prima si vestì da prostituta per offrirsi all'uomo desiderato.
La seconda era prostituta di mestiere e tradì il suo popolo.
La terza s'infilò di notte sotto le coperte di un ricco vedovo e si fece sposare.
La quarta fu adultera, tradì il marito che venne fatto uccidere dal suo amante.
L'ultima restò incinta prima delle nozze e il figlio non era dello sposo.


Cinque nomi, cinque storie. Cinque donne che la morale corrente - e l'ipocrisia - condanna. Adultere e prostitute, certo. Ma anche cinque donne che fanno parte della storia sacra e ne sono protagoniste. I loro nomi emergono dalla Bibbia, costruiscono la discendenza più importante, appartengono alla genealogia che da Abramo arriva a Gesù.

Lo sapevate? Io no, lo ignoravo, e ho scoperto la loro storia attraverso le pagine di un libriccino straordinario, smilzo per numero di pagine, ma estremamente denso nelle sue parole e in ciò che le parole evocano. C'è tutto Erri De Luca in Le sante dello scandalo, titolo che ci propone la Giuntina. C'è lui e tutta la capacità di sovvertire il senso comune e di schiuderci nuovi orizzonti.

Cinque donne. E cinque straniere. Donne che abbandonano la loro terra, la loro religione e scelgono di appartenere al popolo di Israele.

Scelta in cui non c'è da leggere nessuna idea di superiorità. Ma che ci dice questo, con Erri De Luca:

Con le loro trasfusioni di sangue misto, la storia ebraica allontana da sé lo scettro e lo spettro della purezza di sangue, del pedigree. Pure il messia è meticcio. E' una lezione grandiosa, poco risaputa e poco ripetuta

Ed è un peccato. Sta a noi assimilarla, questa lezione. E ripeterla ai quattro venti, perché fa bene, perché ci fa bene.

venerdì 26 agosto 2011

Erri De Luca e la lingua profonda a prima vista

Delle lingue - che conosco poco - non mi affascina solo ciò che con esse è possibile dire, ma il modo in cui lo dicono. Mi piace la storia che c'è dietro le parole, la visione del mondo che presiede le forme e le regole. Dev'essere lo stesso fascino che Erri De Luca sente suo quando si occupa dell'ebraico antico - che lui conosce bene. Lingua di scritture sacre, lingua di cui parla anche ne Le sante dello scandalo (Giuntina), prima di entrare nella sua storia di prostitute e traditrici tanto importante per il racconto biblico.

Erri De Luca ci racconta per esempio che nell'ebraico ci sono verbi maschili e verbi femminili. Forme speciali separano i due sessi. E quando, nelle traduzioni, leggiamo "non ammazzare", in realtà l'ebraico dice un "non ammazzerai" rivolto a un tu maschile. Come se fosse un dato di fatto che uccidere è cosa di uomini, pressoché in esclusiva.

Dice Erri De Luca che le lettere ebraiche sono femminili. Sono come le cellule di un albero, l'albero (maschile) della Torà.


Perciò è vivo e mette fuori getti nuovi a ogni lettura, in ogni generazione. Perfino la scrittura sacra, l'ambito più strettamente maschile, è costituito di vita femminile grazie alle lettere

Poi cita una frase di von Hofmannstahl, che piace molto anche a me:


La profondità va nascosta. Dove? In superficie

E aggiunge:

L'ebraico è profondo a prima vista

Mi piacciono le lingue di cui si possa dire così.

sabato 20 agosto 2011

Se anche il Messia è un meticcio

La prima si vestì da prostituta per offrirsi all'uomo desiderato.
La seconda era prostituta di mestiere e tradì il suo popolo.
La terza s'infilò di notte sotto le coperte di un ricco vedovo e si fece sposare.
La quarta fu adultera, tradì il marito che venne fatto uccidere dal suo amante.
L'ultima restò incinta prima delle nozze e il figlio non era dello sposo.

Cinque nomi, cinque storie. Cinque donne che la morale corrente - e l'ipocrisia - condanna. Adultere e prostitute, certo. Ma anche cinque donne che fanno parte della storia sacra e ne sono protagoniste. I loro nomi emergono dalla Bibbia, costruiscono la discendenza più importante, appartengono alla genealogia che da Abramo arriva a Gesù.

Lo sapevate? Io no, lo ignoravo, e ho scoperto la loro storia attraverso le pagine di un libriccino straordinario, smilzo per numero di pagine, ma estremamente denso nelle sue parole e in ciò che le parole evocano. C'è tutto Erri De Luca in Le sante dello scandalo, titolo che ci propone la Giuntina. C'è lui e tutta la capacità di sovvertire il senso comune e di schiuderci nuovi orizzonti.

Cinque donne. E cinque straniere. Donne che abbandonano la loro terra, la loro religione e scelgono di appartenere al popolo di Israele.

Scelta in cui non c'è da leggere nessuna idea di superiorità. Ma che ci dice questo, con Erri De Luca:

Con le loro trasfusioni di sangue misto, la storia ebraica allontana da sé lo scettro e lo spettro della purezza di sangue, del pedigree. Pure il messia è meticcio. E' una lezione grandiosa, poco risaputa e poco ripetuta

Ed è un peccato. Sta a noi assimilarla, questa lezione. E ripeterla ai quattro venti, perché fa bene, perché ci fa bene.

giovedì 19 maggio 2011

Quando l'"invincibile" è proprio Don Chisciotte

Non inseguite i vincitori, perché i vincitori prima o poi cadono, i vincitori finiscono sempre per assaggiare la polvere, per masticare amaro, per misurare il vuoto che si spalanca improvviso. Cercate altri eroi, altri modelli: più inattuali forse, più veri certamente. I perdenti che si rialzano, per esempio. Chi cade e si rimette in piedi pronto a cadere di nuovo, nel caso. Don Chisciotte, per esempio. Anzi Chisciotte, senza nemmeno il Don.

E' un buon consiglio che ci arriva da Erri De Luca, a cui Tuttolibri ha chiesto un libro di ieri per i giovani di domani. E lui si è ricordato di Nazim Hikmet e di quel verso - tu sei il cavaliere invincibile degli assetati - dedicato appunto a Chisciotte

Invincibile lui che ha perso tutte le sue battaglie: possibile? Sicuro: invincibili non sono quelli che detengono primati e supremazie, perché da quei gradi e gradini presto o tardi rotolano giù. E si sgretolano come le meringhe, i pretesi vincenti. Invincibili sono al contrario quelli come Chisciotte, vinti innumerevoli volte che si rialzano e si battono di nuovo. Invincibili sono quelli che non si danno per vinti

Personaggi inattuali, vien da dire. O forse no.... Forse più attuali che mai. Più necessari che mai.

domenica 23 gennaio 2011

Con Erri De Luca, il padre che non c'era

Eccomi sulla tua traccia, papà. Ho qualcosa da dirti. Di quello che hai fatto nella tua gioventù, delle lotte politiche, della prigione, non mi hai voluto parlare. L'ho saputo dagli altri, dalle cronache, chi era mio padre

Ci sono ferite aperte che tali rimangono, perchè il tempo non ha il potere di guarirle, magari solo di nasconderle. Ci sono cicatrici che misurano non quello che è stato, ma quello che non è potuto succedere, e quasi sempre sono le peggiori.

E' un gioiello, Tu non c'eri (edizioni Libreria Dante & Descartes) di Erri De Luca, una quarantina di pagine, una mezz'oretta per leggerlo, molto di più per metabolizzarlo. Uno di quei gioielli di cui si fa fatica a sostenere lo sguardo, per la storia che custodiscano.

Verrebbe da definirla una storia sul rapporto tra un padre e un figlio. Ma in realtà è una storia sull'assenza. Da una parte il padre che rincorrendo il sogno di cambiare il mondo (Noi non è stato un pronome personale, ma il più forte pronome politico), ha commesso tutti gli errori che poteva commettere, se ne è fatto carico e ha concluso la sua vita dalla "parte degli ammutoliti". Dall'altro un figlio che ancora non sa darsi ragione di quel crescere senza padre, di quella cornice vuota.

Però c'è quella scalata sulla cima di un monte, benché apparentemente fuori tempo massimo. C'è l'aria fresca, pura, che forse può essere davvero una medicina. C'è il silenzio, c'è quella vista che forse può ridare un senso a tutto...

Bello. E bello anche che libri così possano essere proposti da piccole case editrici e che stia ancora a noi scovarli o farseli portare in dono...

sabato 4 settembre 2010

L'Argentina dei libri e l'Argentina degli emigrati

Non sono mai stato in Argentina, ma se un giorno riuscirò ad andarci sono convinto che la confonderò facilmente con il sogno dell'Argentina che mi accompagna da molti anni. Un'Argentina quasi esclusivamente letteraria, anche se non manca certo una buona colonna sonora. Le pagine di Jorge Luis Borges, ma anche quelle del mio amico Tito Barbini. Le storie di Magellano e degli ultimi indios. I racconti sul calcio e dintorni del grandissimo Osvaldo Soriano, che sapeva trasformare le parole di calcio in poesia, cosa del resto che faceva anche Maradona in campo. Qualche pennallata di Corto Maltese e poi anche le sottili inquietudini metafisiche di Julio Cortàzar. E così via.

Non avevo messo a fuoco - colpa mia - l'Argentina dei nostri emigranti. L'Argentina che per diversi anni è stata un'altra "Lamerica", forse migliore dell'altra, quella che accoglieva, si fa per dire, a Ellis Island. Storie comunque di fatica, sudore, emarginazione, non solo di speranza.

Ci ho pensato l'altro giorno, leggendo il libro di Erri De Luca Il giorno prima della felicità. Ci sono alcuni passi bellissimi su questa Argentina, fissati attraverso il racconto di uno dei personaggi, Don Gaetano: vent'anni di Sudamerica di cui riesce a rammentare quasi esclusivamente il viaggio, l'oceano.

I viaggi sono quelli per mare con le navi, non coi treni. L'orizzonte dev'essere vuoto e deve staccare il cielo dall'acqua. Ci dev'essere niente intorno e sopra deve pesare l'immenso, allora è viaggio. Qualcuno piangeva, pure nella miseria, che lo costringeva, gli rimordeva la perdita. Tranne pochi e peggiori, nessuno aveva spirito di avventura. I soldi del biglietto erano stati raccolti dai risparmi di varie famiglie. Erano il loro investimento nel futuro. Sarebbero stati rimborsati dalla riuscita del loro parente. Il compito schiacciante, l'obbligo di fare fortuna, sgomentava come la vastità del mare. A chi piangeva, dicevo che così allungava l'oceano con altra acqua salata. Il viaggio doveva servire a dimenticare il punto di partenza. Durava quasi un mese e alla fine sbarcavano uomini pronti, con il naso per aria

Poi l'Argentina è il passato che viene tagliato, una nuova vita che non si sa, ma che sarà comunque diversa: 

In Argentina ho dimenticato. Ogni cosa nuova che imparavo ne cancellava una della vita di prima

Un'opportunità, comunque, sul tavolo verde della vita. Fa bene ricordarsi tutto questo oggi.

mercoledì 1 settembre 2010

Erri de Luca e la felicità in agguato

E' così che fa uno scrittore? Non deve fare così. Lo scrittore dev'essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. Chi legge ha il gusto di quell'abbondanza che trabocca oltre lo scrittore

Sì, mi sa che è proprio così che fa uno scrittore, almeno uno scrittore capace di donarci libri così. Erri De Luca la domanda la pone, ma poi sa anche rispondere. Non solo in teoria, perché poi la vera risposta è questo libro nella sua interezza.

E' proprio così, Il giorno prima della felicità, l'ultimo libro di Erri De Luca che mi è capitato di leggere (non l'ultimo uscito): una storia che scappa da tutte le parti, appunto, una storia che è come un cucchiaino in una zuppiera di macedonia, che cala e raccoglie, ogni volta qualcosa di diverso.

E il gusto dell'abbondanza è il gusto di molte cose: frammenti di educazione sentimentale e storie di Napoli in guerra, odore di salsedine e giochi di carte, lame di coltello e partite in porta.

Eppure c'è qualcosa che indugia e lievita pagina dopo pagina: l'attesa del giorno prima, la felicità in agguato. Non si sa come, non si sa perchè. E' il popolo di Napoli che scende per strada e caccia i nazisti il giorno prima che arrivino gli Alleati. E' un ragazzo che aspetta la domenica e il suo sogno di bambino. E' l'amore che sfida la verità del sangue e non ha più paura di fiorire.

Di Erri De Luca non è nemmeno il libro più bello. Eppure lo cominci e la sua parola fa subito il suo lavoro. Evoca, risuona, colora. E non te ne stacchi più.

mercoledì 28 luglio 2010

Viaggio al centro di una stanza

Certo non la vedo così nera come Blaise Pascal, con il suo terribile atto di accusa contro la smania del viaggio:
Tutta l'infelicità degli uomini deriva da una sola causa: dal non saper restarsene tranquilli in una camera.

Semmai mi piace vederla come Erri De Luca, che nello starsene fermi vede comunque una possibilità di viaggio, il sale dell'esperienza piuttosto che il pericolo sventato:
Se anch'io sono un altro è perché i libri più degli anni e dei viaggi spostano gli uomini

Ed è vero, ci si può muovere anche così, usando le pagine dei libri come un tappeto magico. I buoni libri - a volte anche i meno buoni - ci portano quasi sempre lontano.

Assai più rari sono i libri che ci raccontano di itinerari che si compiono rimanendo fermi. Per questo sono contento che l'ultimo numero di Tuttolibri, con un articolo di Gianandrea Piccioli, abbia riacceso l'attenzione su Xavier De Maistre (di lui ho già parlato in un altro post mesi fa), un autore che mi è caro per due libriccini di viaggio a mio parere unici. Viaggio intorno alla stanza e Spedizione notturna intorno alla mia camera.


Doveva essere proprio questo scrittore semidimenticato, vissuto a cavallo tra il Settecento e l'Ottocento, fratello di uno dei più grandi reazionari del pensiero politico europeo, a rammentarci che un viaggio può consumarsi tutto anche all'interno di una stanza.

Diciamo così, è un pensiero che mi consola, ora che sono rientrato dalle mie vacanze in giro per il mondo. Ed è una bella consolazione caricarsi sulle spalle alcune delle sue parole.


Nei normali viaggi che ho fatto tra gli uomini ho notato che a furia di essere infelici si finisce col diventare ridicoli. In quei momenti tremendi non c'è niente di meglio del nuovo modo di viaggiare di cui avete appena letto la descrizione


Parole con cui intendo viaggiare a lungo.

giovedì 8 aprile 2010

Le Parole e il Silenzio tornano in Casentino


Il silenzio, perché solo il silenzio ci può aiutare a cogliere parole non superflue; ma anche le parole, almeno le parole che scavano e lasciano qualche impronta, perché sono esse a riportarci agli stupori del silenzio: là dove un incontro che si conclude, un arrivederci, un ritorno a casa non è detto rappresentino solo una conclusione, piuttosto suggeriscono un nuovo pensiero, una possibile lettura, magari un seme di una futura discussione.

Così scrivevo tre anni fa assieme all'amico Massimo Orlandi (leggete il suo Invisibile agli occhi, bellissimo), per presentare il primo ciclo di Le parole e il silenzio, gli incontri promossi dalla Fondazione Baracchi nei luoghi più suggestivi di una delle più belle valli toscane, il Casentino (una valle, appunto, che sembra fatta apposta per i silenzi e per le parole condivise).

In questi anni grazie a Le Parole e al Silenzio (e ovviamente grazie alla generosità e all'entusiasmo della Fondazione) abbiamo avuto modo di conoscere e condividere parole importanti con ospiti come Lella Costa, Maurizio Maggiani, Erri De Luca, Tito Barbini, solo per ricordare i primi che mi vengono in mente. Abbiamo parlato a lungo di Tiziano Terzani e dei suoi insegnamenti per la pace e per trovare la salute anche nella malattia. La manifestazione è cresciuta, di anno in anno, e ora è di nuovo ai nastri di partenza, per la quarta edizione.

L'anno scorso il filo comune a tutti gli incontri fu l'ascolto, quest'anno è un'altra azione solo apparentemente umile, lo sguardo, con la consapevolezza che ogni nuovo sguardo è in realtà un nuovo modo di guardare il mondo.

Si inizia il prossimo sabato con lo sguardo che passa attraverso lo schermo del computer e la rivoluzione digitale. Il prossimo mese si continua con lo sguardo della creatività, insieme a un autore che non ha bisogno di presentazione come Andrea De Carlo
Sono contento di poter dare una mano a Le parole e il silenzo anche quest'anno. Sono contento di potere parlare ora non di conferenze o dibattiti come tanti altri, ma di incontri che, al di là dei numeri, ricordano l'atmosfera di antichi convivi.

(sul sito della fondazione trovate il programma completo).

venerdì 7 agosto 2009

La montagna e la nostalgia di Erri e Nives

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Loro si arrampicano sulle vette più alte, io non mi allontano dai sentieri più tranquilli e meglio segnati, ma la montagna non rifiuta comunque la sua lezione.
In ogni caso si sale su per per tornare alla vita. Magari alla vita di tutti i giorni.
Sarà un caso, ma proprio lassù, quando ti sembra di toccare il cielo con un dito, ecco, proprio lassù ti riagguanta la nostalgia di casa.
Di questa passione e di questa nostalgia parlano Erri e Nives. Parlano con naturale parsimonia, perché la montagna insegna a tenersi in bocca le parole. Ma in questo modo sembrano dirsi tutto. E ci dicono davvero tutto, perché la vita è così, una scalata, una fatica, a volte una cima che ti ubriaca di bellezza e poi ti invita a discendere.
Consigliato a tutti quanti in questi giorni di vacanze cercheranno qualcosa su in alto.

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