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venerdì 4 dicembre 2015

Marcel Proust, che storia il suo cappotto

Stringendo tra le dita quei lembi di stoffa lisa e logora, prova forse la stessa emozione che sente quando sfoglia le pagine di un volume raro o le carte sgualcite di un manoscritto creduto perduto. Qualcosa passa attraverso le dita e arriva fino a lui

E' un libro, Il cappotto di Proust di Lorenza Foschini, che poteva scrivere solo una persona che ama l'autore della Recherche di un amore quasi inspiegabile. Però è anche un libro che davvero può leggere anche chi di Marcel Proust non ha letto mai una riga, magari rimanendo aggrappato solo al sentimento del tempo perduto, alla voglia di ridare un senso e un'emozione a ciò che è stato.

Molte cose ci sono in queste poche pagine. E forse a mancare è proprio lui, Marcel Proust, ombra, enigma, profondità che non si lascia sondare, uomo che è diventato il suo capolavoro. Piuttosto c'è il cappotto da cui non si separava mai, nemmeno nei giorni più caldi dell'estate, nemmeno sul letto dove ha scritto gran parte delle sue pagine. C'è un raffinato bibliofilo, Jacques Guérin, industriale dei profumi che sapeva impiegare la sua memoria olfattiva anche per i libri,  capace di annusare ciò che vale davvero come un cane da tartufo. C'è il rapporto complicato con un grande artista. C'è la battaglia tra ciò che spinge a cancellare, rimuovere, dimenticare - fosse anche una cognata pronta a bruciare le carte rimaste - e tra ciò che spinge a conservare e collezionare (il collezionismo non è forse un tentativo di resistere al tempo che si perde?).

Ci sono queste cose, in questo libro bizzarro (il bello è sempre bizzarro, affermava Charles Baudelaire), che partendo da un dettaglio ci dice su un'epoca e su un artista più di tanti ponderosi saggi

martedì 12 agosto 2014

L'atto d'amore degli accaniti lettori di Marcel Proust

Andrè Gide ne rifiutò la pubblicazione per poi mangiarsi le mani, tanto da ammettere nero su bianco che quello era stato "uno dei rimpianti, dei rimorsi più cocenti" di tutta una vita. Succede anche con i capolavori. Dopo molti rifiuti Marcel Proust fu costretto a pubblicare a proprie spese Dalla parte di Swann, il primo dei volumi della Recherche. E pensare che a un secolo di distanza godono ancora di buona salute i lettori di Proust.

In genere non coltivano la loro passione nel segreto della stanza. Sarà che non esitano a fare outing. Si riconoscono e si lasciano andare al gioco delle citazioni e delle predilezioni. Così dalle parole di Proust discendono altre parole: scambiate in un circolo di lettura ospitato da una libreria come depositate nelle pagine di una rivista.

In questo contesto il più bell'omaggio per il centenario - non solo un omaggio in effetti - è il volumetto Dalla parte di Marcel uscito per le Edizioni Clichy con cui si raccolgono pensieri, articoli, interviste, disegni su Proust e la Recherche, pubblicati in questi anni sulla rivista Cultura Commestibile: redazione che, evidentemente, è anche un covo di accaniti proustiani, pervicacemente convinti che la Recherche sia il "libro che ha cambiato il modo di scrivere, forse anche di pensare".

E' una miniera di sorprese, questo libriccino. Io mi limito a riportare un consiglio, sottratto alla Guida essenziale per il buon proustiano:

La Recherche è l'opera più laicamente sacra dell'umanità e come tale va letta e riletta costantemente anche una sola pagina al giorno.

Buona lettura.

mercoledì 7 novembre 2012

Un po' di nostalgia per il romanzo lungo

Sta tramontando l'epoca del romanzo lungo, travolto prima che dal gusto del lettore dalle nuove tecnologie?

In diversi se lo stanno domandando e recentemente anche Gail Rebuck, presidente della Random House, una delle più grandi casi editrici del mondo, ha risposto così a chi gli domandava se in futuro si leggeranno ancora romanzi: "Sì, ma quanto lunghi?"

E certo, la nuova epoca dell'editoria digitale e dei lettori multitasking infligge un deprimente senso di obsolescenza ai cultori del Dottor Zivago o della Recherche. Scrive Enrico Franceschini su Repubblica:

I lettori non hanno più tempo da dedicare a libri di 400 o 500 pagine, sottoposti come sono a troppe distrazioni dal web, fra social network, email, tablet e telefonini intelligenti.

E può non dispiacere l'età dell'oro che si annuncia per il romanzo breve, di cui bene parla Ian McEwan:

Spesso i critici reagiscono a un romanzo breve come se un autore avesse sbagliato qualcosa o non avesse osato abbastanza, ma un libro più lungo non significa necessariamente un libro migliore, anzi.

D'accordissimo, tanto più che si possono catalogare come romanzi brevi anche Morte a Venezia di Thomas Mann o The Dead di James Joyce. Però in tutto questo mi sento un po' dinosauro. Che bello, sprofondare di tanto in tanto in quegli oceani di carta e perdersi nelle trame, ripartendo ogni giorno da dove ci si era lasciati il giorno prima, magari rallentando verso la fine, perchè è un dispiacere che quella storia non prosegua, che quel personaggio ci dica addio...

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...