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martedì 6 agosto 2019

In cammino per ritrovare il pittore dell'Appennino

Ci sono sentieri che non si limitano a oltrepassare un crinale, ci sono passi che non puntano solo verso una località segnata sulle carte. Soprattutto in certi cammini si va avanti anche per misurare la profondità del tempo, a volte addirittura per inseguire quanto di una vita trascorsa ancora rimane. Quello che ci ci racconta Oreste Verrini in Madri (Fusta editore), il suo ultimo libro, è senz'altro uno di questi cammini.

E dunque, prima di tutto c'è un viaggio a piedi lungo una settimana - la più strana della mia vita preannuncia Oreste già nelle prime righe - un viaggio sull'Appenino meno conosciuto e frequentato Tra Emilia e Toscana. C'è una montagna bella e ruvida, con i suoi toponimi che messi in fila sembrano una preghiera in una lingua di misteri, una montagna che è una trapunta di storie sospese tra passato e presente. Ma soprattutto c'è un pittore che arriva da un altro secolo, da quel Quattrocento in cui l'arte italiana ha riemptto cataloghi e pinacoteche del mondo intero.

Si chiama Pietro da Talada, non è tra i grandi che hanno lasciato un segno vistoso, è già molto che il suo nome si sia sottratto all'oblio. Lavorava per chiese di paese, non per il Papa a Roma o per i signori di Firenze e Milano. Eppure anche lui possedeva il dono della bellezza e ce l'ha donata a sua volta, lasciandocene testimonianza in luoghi che non raggiungono le comitive dei turisti.


E' questa la vita che Oreste insegue con i suoi passi, quest'uomo che come oggi Oreste allora si spostava da un versante all'altro dell'Appennino, là dove poteva sfamarsi con la sua arte. Appennino Tosco-Emiliano, qualche decennio prima della scoperta dell'America: e mi sembra una storia da romanzo russo, capace di esprimere l'anima di un popolo attraverso le vicende di uno di quei monaci che affrescavano le pareti dei monasteri in tempi difficili.

Le Madonne di Pietro da Talada parlano ancora al cuore: e meritano il cammino di un uomo dei nostri giorni. Meritano un libro con cui condividere il miracolo del cammino e della bellezza.



mercoledì 23 agosto 2017

Tre libri per mettersi in cammino

Avevano altro e più lungo cammino da percorrere, ma non importa, la strada è vita....

Così diceva Jack Kerouac e così la penso anch'io, così come tutti coloro che nel cammino vedono assai di più di una meta da raggiungere o di un'esperienza atletica. Non è trekking il cammino che intendo io, piuttosto mè una declinazione della lentezza. E' strada, sì, ma non strada da misurare in chilometri, piuttosto in capacità di incontro e ascolto.

Sono convinto che ci sia una corrispondenza profonda, intima, tra i cammini e le narrazioni, tra i passi e le parole. Ogni tanto ne cerco conferma anche in libri esplicitamente dedicati al tema. Come i tre che vi suggerisco nelle righe seguenti, letture di queste settimane.

Come sopravvivere al Cammino di Santiago (Ediciclo) è un libro agile ma denso, in cui emergono tutte le qualità dell'autore, Fabrizio Ardito, che avevo già avuto modo di apprezzare per un bel libro sul Monte Athos. Il Cammino di Santiago, si sa, è notevolmente inflazionato e allo stesso modo non si contano i libri che di esso parlano. Però di questa realtà Ardito prende atto, senza nascondere niente. E per il resto ci sono il suo amore per questo grande pellegrinaggio, la sua esperienza, il suo buon senso e la sua ironia - che non guasta davvero. Splendide le playlist conclusive, con molte canzoni che condivido senza esitazione: e questo dice qualcosa sui dati anagrafici di entrambi.

La Via Francigena di Montagna (Edizioni dei Cammini) porta la firma di una persona amica, Oreste Verrini, che cammina per curiosità, per ascoltare storie e qualche volta scriverle. E' anche un uomo straordinariamente appassionato della sua terra, estremo lembo di Toscana incuneata tra Liguria ed Emilia. Con questo libro ci porta lungo una Francigena che è un'altra Francigena - e si sa che la Francigena non è mai stata un'unica via, ma piuttosto un fascio di percorsi e alternative - in un viaggio di dieci giorni tra Lunigiana e Garfagnana. Castelli, borghi, panorami mozzafiato e la voglia di tentarlo prima o poi, questo cammino, magari abbinandovi anche la sua ideale prosecuzione, la Via degli Abati.

Lo spirito dei piedi. Piccoli passi alla ricerca della verità ci porta su un'altra dimensione, nella quale i piedi diventano un modo umile e tenace di dare un senso alla nostra vita in questo mondo. Non a caso a scriverlo è Andrea Bellavite, un teologo che più volte si è messo in cammino e che ora ci dice: Ecco dunque chi è il camminatore. E' una persona che fa della propria vita - nel suo insieme ne in brevi periodi - un simbolo di ciò che è l'esistenza di tutti. Sperimenta la condizione particolare di chi lascia alle proprie spalle un rifugio per proiettarsi, in modo più o meno evidente, in un'avventura che comparta anche il rischio e comunque la necessità di adattarsi alle diverse circostanza. Inutile aggiungere che si tratta di un'altra perla di una delle più belle collane dedicate al viaggio, la
Piccola filosofia di viaggio di Ediciclo.





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