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lunedì 20 aprile 2015

Morte di un uomo felice, nella Milano di piombo

E' anche questa la parola scritta, una chiave per spalancare la porta di un tempo che non si è mai vissuto e che solo così, appunto, ci può essere restituito. Spalancarla non per restare sulla soglia, accontentandosi di un'occhiata. Ma per entrare dentro e sentirla tutto intorno.
Giorgio Fontana è nato nel 1981 ed è in quell'anno che colloca la storia che racconta in Morte di un uomo felice (Sellerio). Milano, estate che appartiene ancora ai cosiddetti anni di piombo, con la sua scia di sangue. Giorgio Fontana posa il suo sguardo attento, schivo, partecipe su un magistrato sulla linea del fronte. Giacomo Colnaghi, così si chiama, che sta indagando sull'organizzazione terroristica che ha ammazzato un noto esponente politico.

Detta così, gli ingredienti sono quelli del noir italiano, forse del romanzo di azione. E invece siamo completamente fuori dalle regole del genere. Perché è molto altro a catturare la nostra lettura. E in primo luogo proprio la figura complessa di questo magistrato, col suo senso del dovere e con le molte domande, con la sua religiosità che è dubbio, solidarietà, distanza dalle forme. Con la sua intima battaglia tra distacco e partecipazione. 

C'è tanto passato che pesa, nella sua vita, a partire dall'uccisione del padre, uomo della Resistenza le cui idee non sono mai state assimilate in famiglia e che per il figlio è un'assenza che non è mai davvero riuscito a superare. Tanto passato che si proietta nel presente per farsi responsabilità e abbandono, possibilità di condividere la sofferenza e ripiegamento.

Verso una fine che non sarò anch'io a raccontare, ma che appartiene tutta alla nostra storia. 


sabato 28 settembre 2013

Se il terrorismo ammazza il poeta della dignità

Ai viaggiatori diamo il benvenuto.
Tornatevene a casa
sul nuovo battello fatto 
col legno appena tagliato
dell'albero che rimane in piedi

Sono parole del poeta ghanese Kofi Awoonor che, ho scoperto grazie a un ricordo di Tahar Ben Jelloun su Repubblica, è tra i morti dell'attacco al centro commerciale di Nairob nei giorni scorsi. Era un militante dei diritti umani e in Africa era conosciuto come il poeta della dignità umana. Il terrorismo ha spazzato via la vita di un uomo che ha combattuto solo con le parole, per tagliare le radici dell'odio.

Scrive Tahar Ben Jelloun:

Il caso a volte è tragico. Certo, chi l'ha ucciso non lo conosceva: è morto per mano di analfabeti che non sanno neppure quello che fanno.

La sua ultima raccolta di versi uscirà postumo, il prossimo anno. Il titolo mi sembra ancora più significativo: Promessa di speranza.

sabato 26 novembre 2011

Quando quello che hai è ciò che ti manca

Sì, per prima cosa devi provarti a misurare con quel vuoto.

- Che cos'hai?
- Mancanza

E non hai parole, perché ci sono solo parole come queste (da Il Cielo sopra Berlino di Win Wenders), parole che sono una resa, un sipario calato, una lingua intraducibile.

E questo vuoto, questa mancanza, sono di una vita intera, dopo che una vita intera è stata rubata. Perchè Benedetta Tobagi si era appena affacciata alla vita quando la follia criminale dei terroristi gli portò via il padre.

Non è facile andare oltre quel vuoto, riempirlo di parole, di emozioni, di riflessioni. Non è facile nemmeno raccontare, quell'uomo che è stato sempre un'irrimediabile assenza, inchiodato a un ruolo pubblico, giornalista del Corriere, sindacalista, morto ammazzato per strada una mattina che sapeva di primavera.

martedì 20 luglio 2010

Benedetta e le parole che riempiono l'assenza

Sì, per prima cosa devi provarti a misurare con quel vuoto.

- Che cos'hai?
- Mancanza

E non hai parole, perché ci sono solo parole come queste (da Il Cielo sopra Berlino di Wim Wenders), parole che sono una resa, un sipario calato, una lingua intraducibile.

E questo vuoto, questa mancanza, sono di una vita intera, dopo che una vita intera è stata rubata. Perchè Benedetta Tobagi si era appena affacciata alla vita quando la follia criminale dei terroristi gli portò via il padre.

Non è facile andare oltre quel vuoto, riempirlo di parole, di emozioni, di riflessioni. Non è facile nemmeno raccontare, quell'uomo che è stato sempre un'irrimediabile assenza, inchiodato a un ruolo pubblico, giornalista del Corriere, sindacalista, morto ammazzato per strada una mattina che sapeva di primavera.

Raccontarlo senza farsi imprigionare dalla gabbia che attende il famigliare della vittima, una persona che vive di luce, pardon, di assenza riflessa, e pare scontato che esista solo per piangere, reclamare giustizia, onorare l'uomo strappato all'affetto, partecipare a convegni e commemorazioni. Solo che Benedetta, anche in questo libro, vuole essere Benedetta, non solo la figlia di...

Non ho ricordi di mio padre da vivo: è morto troppo presto. In compenso sono cresciuta assediata dall'immagine pubblica di Walter Tobagi

E ancora:

Il sentiero per allontanarmi dal vuoto l'ho tracciato un passo per volta costruendo la mia vita e cercando al tempo stesso un modo vitale di ricongiungermi a mio padre.

Quanta fatica che deve essere costato tutto questo. A volte anche solo per indugiare davanti allo specchio: Gli occhi sembrano così uguali, ma il suo sguardo, com'era?

E che poesia, che ogni tanto squarcia il dolore:

Nella mia fantasia, come ci arriva la luce delle stelle dopo migliaia e milioni di anni, così, forse, in direzione opposta, le onde sonore di tutte le parole pronunciate sulla Terra continuavano a vaggiare nello spazio per sempre. Vedevo i cerchi allargarsi e salire sempre più su, fino a liberarsi nello spazio infinito. Da qualche parte, molto molto lontano, pensavo, galleggiano ancora le tracce delle parole del mio papà


E quanto interrogarsi sugli "uomini vuoti" capaci di cancellare altre vite come se niente fosse.

Pensare che Benedetta riesce a ridare vita, con le sue parole:

Rimpiango tutto quello che non abbiamo potuto fare insieme. Tutta la vita che ci è stata rubata. Vorrei che tu avessi conosciuto le persone che ho amato, i miei amici. Non abbiamo mai potuto litigare e fare la pace. Ma hai seminato così tanto, che ho potuto sentire ancora la traccia calda della tua impronta nel mondo, nella luce che accende lo sguardo di chi ti ha conosciuto

Da leggere, assolutamente.

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