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lunedì 27 maggio 2013

Amsterdam raccontata come in una biografia

E' il sottotitolo a dire tutto: biografia di Amsterdam.

Mica storia di Amsterdam, come sarebbe fin troppo scontato. Ma biografia, lo stesso termine che siamo abituati a leggere o ad adoperare per un pittore o un capo di Stato.

Bello e sorprendente, Un'idea di libertà di Geert Mak (Bruno Mondadori editore). Per come è scritto e per tutto ciò che racconta di questa straordinaria città, fuori da ogni luogo comune - tulipani e droga libera, per intendersi.

Amsterdam, città letteralmente strappata alle acqua, villaggio di pescatori che nasce intorno all'anno Mille da un tratto del fiume Amstel interrato. Amsterdam che nel giro di poche generazioni impone al mondo un'incredibile egemonia, con i suoi commerci e le sue navi che solcano gli oceani. Amsterdam che non si rinchiude nelle mura e che si fa forte dei profughi che gli arrivano dal resto d'Europa, siano gli artigiani inglesi o gli ebrei sefarditi del Portogallo. Amsterdam, ancora, che sarà luogo di tolleranza e libertà, come tale ricordata da Descartes e Voltaire. E non a caso sarà proprio ad Amsterdam che John Locke scriverà la sua Lettera sulla Tolleranza.

E ancora i grandi pittori, gli esploratori, i banchieri. Fino ad alcune indimenticabili - e da me finora completamente ignorate - figure del ventesimo secolo, uomini che hanno provato a reinventare la città, inseguendo utopie sociali e ideali urbanistici.

Che bel libro. Uno di quei libri che ci si fa un torto a voler riassumere in poche righe. Perché in realtà è un mare intero di storie, in cui è semplicemente bello perdersi.

lunedì 26 dicembre 2011

Isaac Newton, il ragazzo che raccoglieva conchiglie

Mi sembra di essere stato solo un ragazzo che gioca sulla riva del mare, divertendosi a trovare ogni tanto un ciottolo più levigato o una conchiglia più bella delle altre, mentre il grande oceano della verità si stendeva tutto da scoprire davanti a me

Che bella questa citazione di Isaac Newton, che ho trovato all'inizio di La lettera di Newton di John Banville (Guanda editore).  Parole inattese dall'uomo che ha gettato le più solide fondamenta della scienza moderna, una scienza fatta di rigore, forze meccaniche, corrispondenza di cause ed effetti, numeri. Gravitazione universale, calcolo differenziale, leggi dell'ottica, tanto per dire.

Un ragazzo che gioca in riva al mare e raccoglie ciottoli o conchiglie di verità... Altro che mela che cade (ma è proprio vero?), come se l'universo intero si fosse messo d'accordo per comunicargli una delle più entusiasmanti verità.

mercoledì 11 agosto 2010

Quando anche Isaac Newton perse se stesso

Mi sembra di essere stato solo un ragazzo che gioca sulla riva del mare, divertendosi a trovare ogni tanto un ciottolo più levigato o una conchiglia più bella delle altre, mentre il grande oceano della verità si stendeva tutto da scoprire davanti a me

Che bella questa citazione di Isaac Newton, che ho trovato all'inizio di La lettera di Newton di John Banville (Guanda editore).  Parole inattese dall'uomo che ha gettato le più solide fondamenta della scienza moderna, una scienza fatta di rigore, forze meccaniche, corrispondenza di cause ed effetti, numeri. Gravitazione universale, calcolo differenziale, leggi dell'ottica, tanto per dire.

Eppure, anche, lui chi è se non un ragazzo che gioca in riva al mare e raccoglie ciottoli o conchiglie di verità? Altro che mela che cade (ma è proprio vero?) ed è come se l'universo intero si fosse messo d'accordo per comunicargli una delle più entusiasmanti verità.

 Isaac Newton, si sa, non è stato solo lo scienziato lucido, metodico, convinto dei suoi mezzi. A un certo punto arrivò anche a un esaurimento nervoso molto vicino alla follia. Ai suoi amici, in particolare a John Locke, scrisse lettere deliranti, dense di terribili accuse (si dice che a questo stato non fosse estraneo il mercurio che impiegava per i suoi esperimenti).

Ed è da qui che parte il libro di Banville. O meglio, da un gioco di corrispondenze e rimandi tra Isaac Newton, il grande scienzato che a un certo punto perse il senso del suo lavoro e delle sue scoperte, e l'io narrante che dopo sette anni di fatiche finisce in un vicolo cieco con la sua biografia sullo stesso Newton.

Poi, sinceramente, il i libro non mantiene fede a tutte le aspettative: gira un po' a vuoto, la "storia" rimane lì - non che ci debba essere per forza - insomma, non si sa bene dove voglia andare a parare.

E alla fine non so se ho trovato più piacere per una scrittura svelta ma capace di affondare nei personaggi o nelle situazioni o più irritazione per un piccolo capolavoro mancato.

Però quanto fa pensare il vicolo cieco del grande scienziato, così come la resa dello scrittore che perde il bandolo della matassa, dopo averla sbrogliata per un'infinità di tempo. Magari solo perché un giorno il cielo era più azzurro del solito.

Quasi a provare l'innocenza delle cose, appunto, la loro non complicità con i nostri affari

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