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lunedì 27 luglio 2015

Leggendo Lamaitre e l'uomo che ha perso il lavoro (di Arnaldo Melloni)

E’ la storia di Alain Delambre un uomo di cinquantasette anni, una moglie e due figlie ormai adulte. Ha sempre lavorato come responsabile delle risorse umane, ma poi arriva la crisi e con essa il licenziamento, la disoccupazione. E’ quindi una storia emblematica, drammatica come tante simili in questi tempi dove essere intorno ai cinquant’anni e perdere il lavoro significa la morte civile.

E’ quindi un libro di denuncia, molto forte ma è anche un giallo che lascia intravedere una possibilità di riscossa attraverso un percorso paradossale e surreale.

Arriva una nuova proposta di lavoro, adatto alle sue esperienze professionali e Alain ci crede, vuole crederci e si infila, sottovalutandole, in una serie di situazioni poco chiare. Il desiderio di riscatto è fortissimo e passa sopra a tutto, ai sentimenti, perfino a quello forte per la moglie.

Il  test da superare per essere assunto consiste nel partecipare ad un finto sequestro di persona, organizzato per mettere alla prova i quadri di una grande azienda.  La disperazione e la voglia di ritornare una persona socialmente accettabile lo porteranno a tentare di tutto, perfino di riprendersi il “lavoro a mano armata”.

Si legge piacevolmente essendo strutturato come un noir ma è soprattutto un atto d’accusa alla società contemporanea e ai suoi meccanismi di esclusione. 

Ispirato da un fatto di cronaca, è un pugno nello stomaco, senza giudizi morali, una rappresentazione cruda di una realtà disperante.

 Arnaldo Melloni

(Pierre Lamaitre, Lavoro a mano armata, Fazi, pag. 447, 2013)

martedì 16 settembre 2014

Il noir sul lavoro che non c'è

Alain Delambre pareva avere tutto quello che si può pretendere dalla vita: un lavoro da manager, con relativo stipendio; la confortante idea di potersi permettere tutto o quasi tutto; perfino una bella famiglia, tenuta ancora insieme da sentimenti non inariditi. Ma cosa succede se a un certo punto la tua azienda si ristruttura (ovvero taglia) e ti manda a casa?

E' quello che succede ad Alain: e a quasi 60 anni, con le porte di altre società irrimediabilmente sprangate, niente è più come prima. Dovrà contentarsi di lavoretti che nemmeno uno studente fuori sede. Dovrà rinunciare a cene e vacanze, rattoppare gli abiti, ragionare sulla vendita della casa. Parabola triste, devastante, solo che a un certo punto pare schiudersi un'altra occasione.... Potrà essere suo quel posto, però prima ci sarà un finto sequestro, al servizio di una folle selezione del personale...

Mi fermo qui, tanto sono solo all'inizio e dopo se ne vedranno delle belle. Perché Lavoro a mano armata (Fazi editore) è prima di tutto un noir, firmato da uno dei maestri del genere, Pierre Lemaitre. O forse no, è  prima di tutto un romanzo che racconta la crudeltà del lavoro (e della sua assenza) nei nostri giorni.

Eh sì, un libro che non sai se leggere tutto di un fiato, provando a reggere il ritmo incalzante dei colpi di scena. Oppure se indugiare con qualche sconsolata considerazione sulle nostre insopportabili incertezze.


domenica 3 agosto 2014

Ecco come finisce una guerra, per chi rimane

Ecco come finisce una guerra, mio povero Eugène, un immenso dormitorio di gente stremata che non si è nemmeno capaci di rispedire a casa come si deve.

Nessuno che ti dice una parola o soltanto che ti stringe la mano.

I giornali ci avevano promesso archi di trionfo, e invece stiamo ammassati in sale esposte ai quattro venti. Il "grazie affettuoso della Francia riconoscente" (l'ho letto sul "Matin", ti giuro, parola per parola) si è trasformato in beghe continue, stanno a lesinare sui 52 franchi di premio di smobilitazione, a lagnarsi per i vestiti, la zuppa, il caffé che ci danno.

Ci trattano da ladri....

(Pierre Lemaitre, Ci rivediamo lassù, Mondadori)

mercoledì 23 luglio 2014

Uno scrittore di noir per il libro che racconta i reduci

Sapeva che ci riprende da tutto, ma da quando aveva vinto la guerra, aveva l'impressione di perderla ogni giorno un po' di più.

Crepuscolare, visionario, spiazzante. Ci vogliono aggettivi in abbondanza per un libro come Ci rivediamo lassù (Mondadori) di Pierre Lemaitre, libro non sulla Grande Guerra, ma su cio che rimane, se rimane, dopo la guerra. Libro che parte dalle trincee per inoltrarsi nella terra di nessuno popolata da chi è sopravvissuto, libro che racconta le macerie della società e delle esistenze quando non ci sono più colpi da sparare, solo storie di vita a cui dare un senso.

Le illusioni dell'armistizio e l'ipocrisia di chi pensa di cavarsela innalzando qualche monumento a chi non c'è più. Lo sbandamento dei reduci e i valori della convivenza civile che non è che riprendono il loro posto appena i cannoni tacciono, fosse così facile. E molto, molto di più.

E' una lettura assai poco convenzionale, ma perfetta, in questo centenario della Grande Guerra. Fosse solo per riflettere che non c'è fine alla fine.

Però anche con un motivo in più. Perché questo non è l'opera che ti aspetteresti da Pierre Lemaitre, scrittore indubbiamente conosciuto soprattutto per i suoi noir. Eppure proprio per questo: perché malgrado i temi che affronta, malgrado le domande della storia e della morale, Ci rivediamo lassù sa essere appassionato come un grande noir.

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